editoriali
Contro il presidente dell'ordine dei giornalisti
La presunzione di innocenza ostacola la libertà d’espressione? Complimenti
Intervenendo all’assemblea della stampa toscana, il presidente nazionale dell’ordine dei giornalisti Carlo Bartoli, ha attaccato frontalmente il procuratore di Parma Alfonso D’Avino, che ha aperto un fascicolo per divulgazione di atti d’ufficio in relazione alla tragedia di Traversetolo, in provincia di Parma. Secondo Bartoli, “il circolo mediatico di cui questo magistrato parla è stato provocato dal silenzio”. In sostanza i magistrati inquirenti che hanno lodevolmente scelto la via della massima riservatezza in un caso straziante hanno la colpa di non aver invece costruito una sceneggiata mediatico-giudiziaria che avrebbe dato soddisfazione alla stampa, anche se si sarebbe colpita gravemente la sensibilità umana di tante persone.
Secondo lui “la legge Cartabia sulla presunzione di innocenza… è completamente sbagliata”. In sostanza è lo stesso principio costituzionale della presunzione di innocenza che va abolito perché ostacola l’informazione, che non deve avere limiti, anche se lede diritti altrui. Bartoli se la prende anche con la proposta di legge sulla diffamazione a mezzo stampa, che “darà l’ultimo colpo agli equilibri economici della gran parte, se non di tutte, le imprese editoriali”. Perché? Perché prevede sanzioni per chi diffama a mezzo stampa. Insomma i giornali vivono solo se divulgano atti d’ufficio riservati e diffamano impunemente chi gli pare.
L’idea che ha Bartoli dei giornalisti italiani è deprimente per la categoria che dovrebbe rappresentare, presentata come un’orda di divulgatori e di diffamatori che sarebbe ridotta alla fame se non esercitasse queste “nobili” arti. Dice che queste tesi bislacche non sono “soltanto” a difesa dei giornalisti, ma sostenute “per l’interesse dei cittadini a che le notizie si sappiano”. La divulgazione e la diffamazione, quindi, sarebbero notizie indispensabili al funzionamento della democrazia e all’esercizio della libertà di pensiero. Che poi siano vere, legittime e verificate è secondario, un requisito che contrasterebbe con la sua idea di libertà di espressione. Complimenti!
L'editoriale del direttore