La protesta
Il ddl sicurezza è "populista e illiberale": i penalisti in stato di agitazione
Secondo l'Ucpi il provvedimento risponde alla "logica del populismo giustizialista e del diritto penale simbolico, che mirano esclusivamente a lucrare consenso". I rilievi contro i nuovi reati e i possibili scioperi
Il “pacchetto sicurezza” approvato il 18 settembre alla Camera dei deputati “rivela nel suo complesso e nelle singole norme una matrice securitaria sostanzialmente populista, profondamente illiberale e autoritaria, caratterizzata da uno sproporzionato e ingiustificato rigore punitivo nei confronti dei fenomeni devianti meno gravi ed ai danni dei soggetti più deboli”. Lo afferma la giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane in un comunicato del 30 settembre in cui proclama ufficialmente lo stato di agitazione, già in passato deliberato nel novembre 2023 e nel gennaio 2024 durante la gestazione dei vari provvedimenti del ddl. Secondo la nota, il provvedimento si caratterizza per “l'introduzione di una iniqua scala valoriale, in relazione alla quale taluni beni risultano meritevoli di maggior tutela rispetto ad altri di eguale natura, in violazione del principio di ragionevolezza, di eguaglianza e di proporzionalità”.
Nel documento, a firma del presidente e del segretario Ucpi – gli avvocati Francesco Petrelli e Rinaldo Romanelli – l’Unione fa sapere che si riserva di assumere “ogni possibile iniziativa che coinvolga l’Avvocatura, l’Accademia e l’intera società civile nell’ambito di un confronto sui temi imposti dall’iniziativa normativa, al fine di sollecitare il Parlamento ad adottare tutte le opportune modifiche alle norme del pacchetto sicurezza in senso conforme alla Costituzione ed ai principi del diritto penale liberale”, attraverso l’organizzazione di eventi nazionali, ma anche “la proclamazione di giornate di astensione dalle udienze e da ogni attività giudiziaria”.
Contrariamente a un programma di riforma in senso liberale, secondo Petrelli e Romanelli si assiste “a una irragionevole moltiplicazione delle fattispecie di reato, in spregio al principio di offensività e ad un costante aggravamento delle pene”, ma in ossequio a una “logica del populismo giustizialista e del diritto penale simbolico, che mirano esclusivamente a lucrare consenso, facendo leva su di un sentimento di insicurezza a sua volta strumentalmente diffuso nella collettività”. Tutto ciò, prosegue la delibera, “a fronte di una ormai costante e significativa diminuzione dei reati che dura ininterrottamente da circa trent’anni e che ci colloca tra i paesi più sicuri d’Europa”.
Per l’Unione, le misure del ddl sono “del tutto prive di giustificazione, non solo perché non rispondono ad alcuna effettiva messa in pericolo della sicurezza dei cittadini, ma anche in quanto l’aumento delle fattispecie di reato e della misura delle pene, per diffusa e condivisa esperienza, non assicura alcun effetto deterrente”. Dando maggiore linfa a un “sistema carcerocentrico” capace di produrre solo ulteriore sovraffollamento negli istituti.
In particolare, la critica delle camere penali si riferisce alla nuova fattispecie di reato di “rivolta in istituto penitenziario”, capace di imporsi sulla fedina penale di un detenuto anche in caso di condotte non violente di semplice disobbedienza, che rischia di esporsi “a una applicazione arbitraria” a causa della sua complessiva indeterminatezza. Forte disapprovazione anche per gli inasprimenti sanzionatori riguardo i reati di occupazione degli immobili, “trattandosi di contesti che necessitano di diversi, più vasti e complessi interventi di riorganizzazione delle risorse dei territori e di prevenzione dell’illegalità”. Una norma che rischia di sovraccaricare e confondere ancora di più il regime sanzionatorio per questi casi, in quanto “andrebbe a sovrapporsi a quelle precedentemente entrate in vigore, che già puniscono la condotta di occupazione abusiva di un immobile”.
Altrettante critiche sono rivolte alla cancellazione del differimento obbligatorio della pena per le donne incinte o madri di bambini piccoli, insieme alla previsione della loro detenzione negli istituti a custodia attenuata. Col rischio, prosegue la nota, “di confinare dietro le sbarre ordinarie dei penitenziari femminili le madri e i loro neonati, detenuti senza colpa”.