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Terzo no dei giudici al trasferimento di migranti in Albania: in 43 saranno rimpatriati in Italia
La Corte d’appello di Roma ha sospeso il giudizio di convalida dei trattenimenti dei 43 migranti che venerdì scorso sono stati portati nel centro di permanenza di Gjader, in Albania, rimettendo gli atti alla Corte di giustizia dell’Unione europea
La Corte d’appello di Roma ha sospeso il giudizio di convalida dei trattenimenti dei 43 migranti che venerdì scorso sono stati portati nel centro di permanenza di Gjader, in Albania, rimettendo gli atti alla Corte di giustizia dell’Unione europea. Quest’ultima si esprimerà infatti il 25 febbraio sulla compatibilità con le norme europee del decreto sui paesi sicuri, adottato dal governo Meloni lo scorso ottobre con l’obiettivo di limitare la discrezionalità dei giudici sulla definizione dei paesi sicuri. In virtù della decisione della Corte d’appello, i migranti (provenienti da Bangladesh ed Egitto) saranno riportati in Italia.
La decisione si colloca in linea con le due già adottate in precedenza dai giudici della sezione specializzata in materia di immigrazione del tribunale di Roma, che non avevano convalidato i trattenimenti per i migranti che erano stati trasferiti all'interno del centro di permanenza per il rimpatrio di Gjader, ritenendo i paesi di provenienza come “non sicuri”. Le decisioni del tribunale di Roma avevano scatenato grandi polemiche politiche e avevano indotto il governo ad adottare il decreto sui “paesi sicuri”, che, tra le altre cose, ha sottratto ai tribunali la competenza per i provvedimenti di convalida, attribuendola alle Corti d’appello.
Nella prospettiva del governo, l’attribuzione di questa materia non a un singolo giudice di tribunale, ma a un collegio di Corte d’appello avrebbe dovuto portare a sentenze più sfavorevoli nei confronti dei migranti, e dunque più in linea con gli obiettivi governativi. Lo scopo del governo è evidentemente fallito. Ora spetterà alla Corte di giustizia europea chiarire definitivamente la questione. Di certo fino a ora l’operazione albanese non si è rivelata felice.
L'editoriale del direttore