editoriali
Atto dovuto: indagare la procura di Roma
L’informativa segreta inserita del Dipartimento informazioni per la sicurezza (nonostante sia vietato dalla legge) in un fascicolo dai pm romani. Chi se ne occupa? La violazione ormai è un fatto noto quindi c'è l'obbligatorietà di un'azione penale per il tribunale di Perugia
Il sottosegretario con delega ai servizi segreti Alfredo Mantovano ha denunciato, nel corso di una riunione al Copasir due giorni fa, un atto “gravissimo” commesso dall’ufficio di cui è responsabile il procuratore di Roma Francesco Lo Voi, che ha inserito negli atti di un’inchiesta penale un’informativa segreta del Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza), nonostante ciò sia vietato dalla legge. I magistrati hanno il compito di far rispettare le leggi e di sanzionare chi contravviene a questo obbligo, sembrerebbe ovvio che anch’essi debbano, per primi, rispettare la legge. Che sostengano che, quando la devono applicare abbiano il diritto di “interpretarla” è noto anche se controverso, ma che debbano rispettarla essi stessi non è mai stato messo in dubbio. Ne dovrebbe conseguire che l’errore commesso, volontariamente o meno in questo caso importa poco, è una violazione della legge, non un’interpretazione, visto che è difficile interpretare un divieto trasformandolo nel suo contrario.
A questo punto è lecito domandarsi se ci saranno conseguenze. La violazione avvenuta è ormai un fatto noto, una “notizia di reato” come si suol dire, quindi c’è l’obbligatorietà di un’azione penale per il tribunale di Perugia, competente per esercitare la giurisdizione sulle toghe di Roma, e di un’azione disciplinare per il Csm. Si vedrà se l’argomento che “tutti sono eguali di fronte alla legge” che viene tanto spesso invocato per giustificare iniziative giudiziarie anche discutibili nei confronti delle autorità politiche o amministrative verrà rispettato quando l’illecito riguarda la magistratura o se per essa vale un principio di immunità che non è affatto previsto dall’ordinamento e dalla Costituzione. L’onorabilità e il prestigio della magistratura si difendono anche dimostrando che è in grado di esaminare con oggettività anche i fatti che la riguardano. Buttarla in politica, inscrivendo la specifica denuncia di Mantovano nella dimensione dello scontro tra politica e magistratura allo scopo di depotenziarne il valore oggettivo, è solo un modo subdolo ma assai poco convincente di tentare l’ennesimo insabbiamento.