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(Ansa)
Il chiarimento
“Obiettivo Pnrr raggiunto”. Botta e risposta col ministero della Giustizia
Via Arenula contesta l’articolo sui target del Pnrr, ma i dati citati dal Foglio sono tratti da una tabella presente nella relazione ministeriale che si riferisce all'intero anno 2024 e non a ottobre 2024 e che appare come un ulteriore elemento di preoccupazione in vista del raggiungimento dei futuri obiettivi dal Pnrr sulla giustizia civile
Al direttore - In merito all’articolo “Obiettivo Pnrr fallito” a firma Ermes Antonucci, pubblicato sull’edizione del 19 febbraio 2025 si precisa. Sin dall’avvio del Pnrr il ministero della Giustizia ha visto impegnate tutte le sue articolazioni nel garantire il pieno raggiungimento delle milestone e dei target assegnati, che a oggi risultano pienamente realizzati. Sorprende, quindi, che senza neanche aver attivato un preventivo contraddittorio con il ministero al fine di meglio comprendere anche i dati narrati, il suo solerte giornalista affermi che “l’Italia manca il target Pnrr sulla Giustizia” poiché “rispetto al 2019 le pendenze sono calate del 91,7 per cento contro l’obiettivo del 95 per cento”. Occorreva precisare che tale dato si riferiva a ottobre 2024 e la valutazione espressa non teneva conto del margine di tolleranza del 5 per cento che l’Europa riconosce in sede di valutazione. Curiosamente, invece, il giornalista non cita i dati delle Corti di appello che a ottobre 2024 avevano registrato una riduzione dell’arretrato 2019 pari al 99,1 per cento. L’obiettivo connesso alla settima rata è, dunque, a oggi pienamente raggiunto. Il suo collaboratore scrive, ancora, che “dalla relazione del ministero della Giustizia la durata media dei procedimenti civili (il cosiddetto Disposition Time) nei tribunali è di 343 giorni contro i 325 del 2023…”. Il dato fattuale, pur vero, è parziale e induce il lettore in evidente errore. Se l’intento del giornalista è dare contezza dei target di raggiungimento degli obiettivi Pnrr in scadenza al giugno 2026, il dato del Disposition Time deve essere necessariamente valutato prendendo in considerazione i tre gradi di giudizio e non solo con riguardo al tribunale. Inoltre, la formula del Disposition Time usata per il target Pnrr differisce da quella citata dal giornalista: segnatamente ai fini del target Pnrr sono ricomprese solo alcune materie e valgono tutti i procedimenti iscritti nei tre gradi a eccezione di quelli iscritti presso gli Uffici del Giudice di Pace. Con riferimento, poi, all’investimento in capitale umano, nell’articolo si afferma che “… il decreto n. 80 del 2021 ha previsto l’assunzione di 16.500 addetti all’ufficio per il processo…”.
Ma, al riguardo, il giornalista dovrebbe sapere che il ministero già nel 2023 ha rinegoziato positivamente con la Commissione europea l’impegno di assumere e mantenere in servizio 10.000 unità complessive di personale. L’originale previsione di due contingenti consecutivi di 8.250 addetti all’Ufficio per il processo e 5.410 unità di personale tecnico amministrativo è stata, infatti, revisionata al fine di valorizzare le risorse umane già assunte e prorogarne i contratti. L’impegno del ministero, che la Commissione ha positivamente valutato a giugno 2024 con riferimento al target M1C1-39, è ancora attuale tanto che al 31 dicembre erano in servizio 11.445 unità di personale, di cui 8.421 addetti all’Ufficio per il processo e 3.024 unità di personale tecnico-amministrativo. Altrettanto faziosa è poi l’affermazione del giornalista secondo la quale “per l’edilizia giudiziaria risulta essere stato speso addirittura soltanto il 19,73 per cento del finanziamento Pnrr complessivo, pari a 411 milioni di euro”, Il dato parziale, ancora una volta, è narrato per indurre in errore il lettore. Per l’investimento in edilizia giudiziaria il ministero ha già interamente impegnato tutte le risorse Pnrr e ha provveduto a pagare il 28 per cento delle stesse, aggiungendo un ulteriore proprio finanziamento di 140 milioni di euro. La spesa andrà incontro a una rapida accelerazione nel corso del 2025, dal momento che in tale anno si attuerà la parte più consistente di esecuzione dei lavori. Da ultimo, con l’intento manifesto di screditare l’operato del ministero, il giornalista conclude che “APP ha mandato in tilt decine di Tribunali e Corti di Appello”. Ora, a tacere del fatto che l’immane impegno alla completa digitalizzazione del processo penale è stato assunto dal governo Draghi, l’attuale governo ha profuso ogni energia per bilanciare il rispetto dell’impegno assunto e vincolato dagli obiettivi Pnrr e le esigenze pratiche manifestate dagli Uffici giudiziari. Doveroso sarebbe stato che il solerte giornalista avesse ricordato che per la realizzazione della digitalizzazione del processo civile ci son voluti oltre quindici anni. Lo sviluppo e la messa in produzione dell’Applicativo processo penale (APP) già a partire dal 2023, ha visto il ministero impegnato nel monitoraggio del suo corretto funzionamento, nella risoluzione delle criticità emerse, nello sviluppo di rilasci progressivi e incrementali di nuove funzionalità agli utenti. Gli sforzi già profusi sono stati riconosciuti dalla Commissione europea nell’ambito della positiva valutazione della milestone M1C1-38 a dicembre 2023 e continueranno, al fine di garantire entro dicembre 2025 la completa digitalizzazione del processo penale di primo grado.
ministero della Giustizia
Risponde Ermes Antonucci. La lettera non smentisce il dato riportato nell’articolo, secondo cui lo scorso anno “rispetto al 2019 le pendenze civili sono calate del 91,7 per cento, contro l’obiettivo richiesto dal Pnrr del 95 per cento entro il 31 dicembre 2024”, ma specifica soltanto che l’obiettivo è da ritenersi raggiunto grazie al “margine di tolleranza del 5 per cento che l’Europa riconosce in sede di valutazione”. Se ne deduce che senza questo margine di tolleranza, di cui veniamo ora a conoscenza, l’obiettivo sarebbe quindi stato fallito. I dati riportati nell’articolo (“nel 2024 le pendenze civili presso i tribunali sono aumentate a sorpresa del 3,5 per cento, raggiungendo quota 2.817.759, circa centomila in più del 2023”) sono infatti tratti da una tabella presente nella relazione predisposta dallo stesso ministero della Giustizia (a pagina 568) che si riferisce all’intero anno 2024, e non a ottobre 2024. La precisazione del ministero ci appare come un ulteriore elemento di preoccupazione in vista del raggiungimento dei futuri obiettivi previsti dal Pnrr sulla giustizia civile. D’altronde, in maniera ancora più allarmante, il solerte ufficio di gabinetto del ministero non smentisce l’affermazione più importante presente nell’articolo: “Sulla base di una proiezione dei numeri che arrivano dai diversi uffici giudiziari sarà pressoché impossibile centrare l’obiettivo più importante previsto dal Pnrr per la giustizia civile, cioè la riduzione del 40 per cento della durata media dei procedimenti civili entro giugno 2026”. La mancata smentita di questa informazione non fa ben sperare per il paese.
Quanto alla contestazione di aver riportato in maniera parziale i dati sul Disposition Time, si fa presente al solerte ufficio di gabinetto che intenzione dell’autore era, come specificato nell’articolo, di attirare l’attenzione su “alcuni segnali negativi” che emergono dalla relazione del ministero (o si pretende che un quotidiano pubblichi tutte le 783 pagine della relazione?).
Per quanto riguarda l’investimento in capitale umano, la lettera non smentisce (come potrebbe?) che “il decreto n. 80 del 2021 ha previsto l’assunzione di 16.500 addetti all’ufficio per il processo”, ma che oggi ne risultano in servizio 8.250, informazioni anch’esse tratte dalla relazione.
Sorprende ancora di più, poi, che l’ufficio di gabinetto si spinga a definire come “faziosa” l’affermazione secondo la quale “per l’edilizia giudiziaria risulta essere stato speso addirittura soltanto il 19,73 per cento del finanziamento Pnrr complessivo, pari a 411 milioni di euro”. Anche in questo caso si tratta di un dato (per quanto imbarazzante) tratto dalla relazione ministeriale (pagina 171). Le informazioni riportate nella lettera per “smentire” questo dato non sono presenti nella relazione. Se ne deduce che è la relazione predisposta dagli uffici ministeriali a essere “faziosa”.
Per quanto riguarda l’esordio fallimentare dell’applicativo APP per il processo penale telematico, viene contestato di non aver ricordato il percorso lungo oltre quindici anni che ha portato alla realizzazione della digitalizzazione del processo civile (cioè di un altro settore della giustizia) né gli sforzi profusi dal ministero. Al solerte ufficio di gabinetto evidentemente non è ben chiaro il concetto di libertà di stampa. Prendiamo atto, infine, che l’ufficio di gabinetto non abbia smentito una virgola delle notizie da noi riportate sulla confusione interna al ministero della Giustizia nell’attuazione dei progetti legati al Pnrr, dovuta in particolare alla centralizzazione dei poteri operata dal capo di gabinetto, Giusi Bartolozzi.