Il piano anti spread, la manovra e l'economia italiana visti da Tria
Chiacchierata a tutto campo con il ministro dell’Economia alla Festa del Foglio 2018
“È chiaro che un tasso di differenziale così alto non possiamo sopportarlo molto a lungo”. Lo ha ribadito anche Mario Draghi. “Che non è stato inopportuno, nel dirlo. Ha ribadito un dato di realtà, come un banchiere centrale deve fare”. Quanto alla soluzione più opportuna per far sì che lo spread scenda davvero, Tria predica prudenza, soprattutto. “Non è il 2,4 ciò di cui gli investitori che incontro mi parlano. Non è quella la paura. D’altronde quello deciso dal governo è un tasso di deficit moderato. Lo stesso Carlo Cottarelli, stupendomi un po’, nei giorni precedenti alla redazione della manovra aveva auspicato un deficit al 2,2. Carlo Messina, ad di Intesa, aveva detto che il deficit era addirittura una questione secondaria. Lo spread, allora, deriva dall’incertezza politica, che non si riesce a fugare. I fondamentali economici non giustificano questo differenziale coi bund tedeschi, né lo giustificano le misure previste in manovra. Per il reddito di cittadinanza, d’altronde, vengono stanziati 9 miliardi: uno in meno che per gli 80 euro di Matteo Renzi. La paura è semmai legata al fatto che i governo possa rompere con l’Europa. Allora non serve dire che abbassiamo il deficit, e basta. Semmai, ridurre quel 2,4 di un paio di decimali può avere un valore simbolico: potrebbe apparire come un segnale di distensione in riferimento al rapporto che vogliamo avere con l’Europa”.
Leggi qui l'intervista integrale a Giovanni Tria
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