Festival dell'Ottimismo
Nardella rilancia i Democratici: "Serve un nuovo contenitore politico"
David Allegranti intervista il sindaco di Firenze Dario Nardella. Tra i temi discussi, il ruolo dei sindaci durante l'emergenza sanitaria, il problema "scuola", l'utilizzo delle risorse provenienti dall'Ue e il futuro del Partito democratico
Pronti a decisioni difficili perché i sindaci non allontanano le responsabilità. E' quanto spiega Dario Nardella, il sindaco di Firenze, intrevenendo al Festival dell'Ottimismo del Foglio: “I sindaci non vogliono affatto scrollarsi di dosso responsabilità anche perché fa parte del nostro modo di essere e di lavorare. Possono essere molto utili e non chiedono altro se non essere coinvolti nelle decisioni e nella loro attuazione. In questo momento così drammatico si ha bisogno della massima unità possibile”.
Tra i temi più caldi c'è la scuola. Anzi. C’è un problema che si chiama “scuola”. Altri paesi che ricorrono al lockdown decidono di tenere aperte le scuole. In Italia c’è un po’ di confusione. E Per Nardella sarebbe il caso "di approfittare del vantaggio temporale che abbiamo rispetto a paesi simili a noi ma che hanno più difficoltà e che hanno dovuto prendere misure più restrittive delle nostre e prima di noi. Penso alla Francia ma anche alla Germania. Questi paesi hanno scelto la linea dura mediante forme più o meno variabili di lockdown, ma hanno deciso di non colpire la scuola. Sfruttiamo questi giorni in più per meditare bene sulle misure da prendere e per fare tutto il possibile per salvare la scuola, che già ha pagato un prezzo molto alto”.
L’impressione è che rispetto alla prima ondata, ci siano un po’ di problemi. La prima era imprevedibile, imprevista, forse nella seconda si è dormito un po’ sugli allori? Risponde il sindaco: “Un po’ tutto il paese quest’estate ha sottovalutato ciò che poteva avvenire. A me fa piangere il tentativo di scaricabarile tra istituzione e partiti su chi ha minimizzato di più la seconda ondata. Nessuno si può tirare indietro dagli errori compiuti, siamo tutti parte dello stesso paese”.
E poi c'è Firenze. Come è Firenze in questi mesi? “Soffre ma non muore. È arrabbiata ma non è rinunciataria. Sta pagando un prezzo molto alto perché è tra le città italiane non solo più turistiche ma più dinamiche. Però riesce a trovare il modo di reagire: le industrie farmaceutiche stanno dando un grande apporto alla ricerca, quelle della manifattura e della tecnologia stanno cercando di rispondere al meglio alle sfide. Non vedo una città che si lascia andare, vedo quello spirito fiorentino di cui Dante parla nella sua Commedia”.
Quali soluzioni ha trovato il comune di Firenze per fronteggiare la crisi.? “Siamo partiti con una previsione di disavanzo di quasi 180 milioni di euro, una cosa impressionante che mi portò quasi alla minaccia provocatoria di spegnere l’illuminazione pubblica della città. I decreti di agosto e di luglio sono serviti a ripianare gran parte di queste spesa, tuttavia abbiamo dovuto fare tagli molto dolorosi. Viviamo una condizione di costante preoccupazione, di allarme permanente e in questo caso il supporto del governo e del Mef è vitale. Sarà una lunga stagione di grandi sacrifici e rinunce, il Recovery fund ci fa vedere la luce in fondo al tunnel”.
A proposito del dibattito sulle risorse, si sta perdendo un po’ tempo? Secondo Nardella “sul Recovery fund stiamo seguendo la tabella di marcia, io sono in continuo contatto col ministro Amendola, con cui abbiamo anche condiviso un metodo di lavoro efficace, che ci consentirebbe di usare questi fondi per una vera e propria trasformazione del sistema-paese. Sul Mes credo che si sita perdendo tempo prezioso. Altri paesi sono stati molto più bravi di noi a usare queste risorse, l’Italia ne ha un bisogno disperato. E credo che anche altri sindaci da destra e sinistra possano condividere questa nostra richiesta perché una delle fonti principali di finanziamento del Mes può riguardare proprio l’organizzazione della sanità sul territorio”.
Da mesi c’è un dibattito sulla natura del Partito democratico, sulle alleanze. “Questo Pd è riuscito a contenere sfide e a sostenere battaglie importanti come quella delle elezioni regionali. E’ un partito che può crescere molto. Penso possa essere il nucleo di un progetto largo che punti ad allargare il campo dei democratici e dei riformisti. Deve guardare a quel 21 per cento non come un arrivo ma come un punto di partenza. Del resto, dalle elezioni regionali è emerso che il bipolarismo non è affatto morto".
Ma in questo contenitore ci devono stare anche i 5 stelle? “Se ragioniamo in termini di elettori, perché no? Molti di coloro che votano 5 stelle prima votavano Partito democratico. Perché non dovremmo dialogare con quegli elettori?
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