Dal 10 novembre in edicola con il Foglio L'etica della redistribuzione
Il libro di Bertrand de Jouvenel è il secondo volume della collana Liberi dal Populismo
Secondo appuntamento con la collana “Liberi dal Populismo” nata contro questo tipo di atteggiamento che in Italia ha preso piede senza la benché minima opposizione culturale, anzi, venendo nobilitato facendolo passare per un grido di dolore mentre non si tratta d’altro che di un colossale rigurgito. La casa editrice Liberilibri e Il Foglio hanno scelto di portare avanti assieme questa battaglia culturale con cinque grandi testi. Un invito a pensare in maniera diversa e liberatoria rispetto all’asfittica cortina fumogena in cui è avvolto il ceto medio riflessivo del nostro Paese.
Dal 10 novembre, ogni due settimane, in edicola con Il Foglio
troverete il volume di
Bertrand de Jouvenel, L’etica della redistribuzione
(4,50 euro + il prezzo del quotidiano). Richiedetelo al vostro edicolante!
Pubblichiamo un estratto dell’introduzione, firmata da Antonio Martino, docente universitario e già ministro degli Esteri e della Difesa
Questo libro rappresenta un autentico classico del pensiero politico del nostro secolo ed è certamente encomiabile l’iniziativa dell’editore di renderlo – finalmente! – accessibile al lettore italiano. La redistribuzione, il tema trattato da de Jouvenel, continua a essere affrontato, non solo nel dibattito politico ma persino in ambienti accademici, in base ad impostazioni inaccettabili sul piano concettuale e la cui desiderabilità in concreto è stata anche clamorosamente sbugiardata dalla realtà. Le nobilissime intenzioni dei fautori delle politiche di redistribuzione, lungi dal produrre i risultati auspicati, hanno finito per dar vita ad apparati politico-burocratici costosi, inefficienti e corrotti, che hanno come unico scopo la loro sopravvivenza. La pubblicazione di un testo come questo, che consente al lettore di ripensare la coerenza logica e l’accettabilità etica delle tesi redistributive, contribuirà a far comprendere come gli avvilenti risultati ottenuti siano l’inevitabile conseguenza delle carenze concettuali dell’etica redistributiva. […]
Secondo de Jouvenel il trasferimento, affidato allo stato, di ricchezza dalle fasce più ricche della popolazione a quelle più povere è basato su due convinzioni, logicamente indipendenti ma di fatto collegate. La prima costituisce la base logica delle politiche di lotta alla povertà: che sia cioè desiderabile alleviare le condizioni di bisogno degli indigenti, trasferendo a loro favore una parte del reddito degli altri. La seconda è rappresentata dal convincimento, spesso implicito, che l’ineguaglianza di possibilità economiche fra i membri della società sia di per sé un male da combattere. Come queste due convinzioni abbiano finito per essere largamente accettate è lungi dall’essere chiaro, ma sarebbe difficile discordare dalla conclusione di de Jouvenel, secondo cui alla loro diffusione hanno contribuito i sentimenti di colpa dei privilegiati e l’invidia dei meno abbienti. Nasce così l’idea che sia opportuno assicurare da un lato un minimo, al di sotto del quale nessuno possa scendere, e dall’altro un massimo, al di sopra del quale nessuno possa elevarsi. […]
Il quesito da cui partire è: chi sono i beneficiari effettivi dei programmi dell’assistenzialismo di stato? E’ un fatto che lo stato assistenziale non avvantaggia che in misura modesta i beneficiari dichiarati (i poveri). Se scopo del welfare state fosse quello di venire effettivamente incontro alle esigenze dei meno abbienti, si tratterebbe di un pessimo affare; i poveri potrebbero molto più efficacemente essere aiutati con metodi alternativi perfino meno costosi. Tuttavia, lo scopo effettivo dell’assistenzialismo è molto diverso da quello dichiarato: il fine del welfare state non è quello di aiutare i meno abbienti, di combattere la povertà (questo è solo il pretesto), ma di fare l’interesse di quanti – politici, burocrati, sindacalisti e profittatori assortiti – vivono alle spalle dell’industria dell’assistenza.
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