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I segreti di Stresa, la bella del lago

Fabiana Giacomotti

La "sponda bella del lago Maggiore" è un microcosmo di cattiva amministrazione, a partire dalla tragedia della funivia di cui ancora non si conosce il proprietario

Martedì sera, uno degli indagati per la tragedia della funivia del Mottarone, che sarebbero stati arrestati poco dopo insieme con il gestore Luigi Nerini, si è presentato al comando dei carabinieri di Stresa accompagnato dal suo avvocato, Canio Di Milia, due volte sindaco di Stresa, nonché firmatario della concessione che nel 2014 aveva assegnato allo stesso Nerini il nuovo permesso di gestione, dopo una gara andata deserta, comprensiva di un bonus di 120 mila euro all’anno, che Nerini continuava a intascare nonostante i bilanci in utile. Di Milia è rimasto accanto al suo assistito fino a quando qualcuno, non sappiamo chi, gli ha fatto notare che la sua presenza configurava un conflitto di interessi, essendo lui consigliere del Comune che si era appena dichiarato parte lesa. Al che, l’indagato è passato sotto la tutela di Annamaria Possetti, ma qualcosa ci dice che Di Milia non sarà mai troppo lontano.

 

Fu la sua amministrazione ad approvare a tempo di record una variante del piano regolatore per far sì che i terreni abbandonati dove un tempo “nonno Nerini” alloggiava i trenini elettrici godessero di permessi di costruzione (dapprima un parcheggio, poi un supermercato). E furono le stesse amministrazioni a tollerare che crollassero le pensiline della vecchia stazione della cremagliera, poste accanto a quella attuale delle Ferrovie e pessimo biglietto da visita per la cittadina, senza che nessuno, nel piccolo e altisonante “Palazzo di Città” alzasse un sopracciglio, ma anzi continuasse a pagare.

 

“Il Gigi Nerini” proprio di recente era tornato a batter cassa, intenzionato ad espandersi ancora sul Mottarone, e aveva ricevuto finalmente un primo diniego dalla nuova amministrazione di Marcella Severino. Basterebbe questo per spiegarvi come mai sulla “sponda bella del lago Maggiore”, citiamo il collega garbato che molto ha scritto su questo giornale di Piero Chiara e non sa che Villa Castelli, dove venne girato il film “La stanza del vescovo”, giganteggia abbandonata e ricoperta di rovi sul lungolago a dispetto delle norme sulla tutela paesaggistica, succedano cose che siamo abituati a leggere in relazione ad altre regioni italiane, e che forse vi succeda qualcosina in più.

Per esempio, come sia possibile che, nonostante i bonifici del Comune a Nerini, non sia ben chiaro chi sia l’effettivo proprietario delle Funivie del Mottarone perché, in poco meno di venticinque anni e diversi passaggi istituzionali, l’immarcescibile ufficio tecnico di Stresa non ha trovato il tempo di “inviare alla Regione i documenti richiesti nonostante i solleciti dal 1997”, come osservava sconsolato poche ore fa a Torino l’assessore al Patrimonio, Andrea Tronzano. Il comune di Stresa, una sorta di enclave dove dovunque andiate troverete sempre gli stessi cognomi (Diverio, Severino, Bolongaro, Falciola) e le parentele si estendono fino a toccare quasi tutti i seimila abitanti, negli ultimi decenni è stato commissariato più volte, l’ultima alla metà del decennio scorso, e attualmente ha quasi trenta cause in corso, uno sproposito date le dimensioni.

 

Nell’elenco dei “to do” al momento della sua elezione, la sindaca Severino, una brava signora che in apparenza si fida molto dei suoi tecnici, ha trovato qualche grosso guaio, a partire dai fanghi dragati dal porto (inutilizzabile per via di un errore di progettazione) e sversati negli anni scorsi lungo ottomila metri quadrati nel bosco al fine di costruire un campetto di calcio fitzcarraldesco quanto spettrale e non si sa quanto a conoscenza del ministero dell’Ambiente.

Appena insediata, lo scorso autunno, la sindaca ha identificato anche una serie di concessioni a cittadini dell’est europeo senza storia ma molto denaro contante, che negli ultimi anni hanno usato per comprare ville e terreni, promettendo rilanci e interventi. Su alcuni di questi, fra cui una elisuperficie concessa a una bielorussa con passaporto maltese in una zona densamente abitata della collina e sottoposta a vincolo ambientale e idrogeologico, disboscata per oltre seimila metri quadrati, pende una sentenza del Consiglio di stato non sanata, una presa di posizione della Protezione civile, una petizione di tutti i Bolongaro e Severino cugini, a cui è stato opposto un silenzio ostile. Un kazako ha ottenuto in concessione il recupero della celebre Villa Ostini, sul lungolago, che va velocemente trasformandosi in un grande albergo, incastonando fra un centinaio di stanze tutte ancora da vedere quella che un tempo fu l’elegante facciata.

 

Marzio Ostini, come qualcuno ricorderà, fu il triste protagonista di uno dei più efferati rapimenti dell’Anonima sequestri anni Settanta: la famiglia, in memoria, donò a Stresa l’asilo infantile, in una bella villa sotto il Rosmini. Forse si aspettava una cittadinanza onoraria, che non venne mai offerta; così come, forse, si sarebbe aspettato qualcosa di più dagli stresiani innamorati del denaro sonante Italo Trentinaglia de Diverio, il coltissimo mecenate veneziano che si rovinò per fondare le Settimane musicali, portando sul lago i più grandi musicisti del Novecento. Le grandi famiglie che trascorrono i weekend e qualche settimana all’anno sul lago, quelle su cui ancora si basa la leggenda della sua eleganza, in giro si fanno vedere pochissimo; vivono anche loro in un enclave, fra giardini e cene, scendendo in paese il minimo indispensabile. La vista sul lago resta pur sempre magnifica.

 

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