Mariastella Gelmini (foto LaPresse)

Le “dimenticanze” sociali, la sicurezza e il futuro della destra. Parla Mariastella Gelmini

Redazione

“Minniti sta facendo quello che noi abbiamo sempre proposto: negoziato coi paesi di origine, i Cie per controllare da vicino i soggetti che non hanno diritto di asilo in attesa di restituirli ai paesi di provenienza"

Il 2017 sarà sarà un turbolento anno di campagna elettorale. Il contributo che Milano può offrire è il suo pragmatismo, la sua non rissosità elettoralistica pur nella differenza di ruoli tra chi governa e chi sta all’opposizione. Con una particolarità: i ruoli si invertono, tra regione e comune. E per il centrodestra il 2017 di Milano è anche cruciale per ripartire, ritrovare un’identità nazionale. Anche perché Milano è la sua culla storica. E qui, comunque sia, c’è al momento la massima concentrazione di (potenziali) leader nazionali, molto diversi tra loro: Salvini, Parisi, Romani. E Mariastella Gelmini, appunto. Coordinatore lombardo di Forza Italia, consigliere a Milano, tra le figure di spicco di quello che fu (è, o sarà) il gruppo dirigente del Cavaliere.

Al Foglio, Gelmini spiega il centrodestra a trazione lombarda, partendo dall’ultima iniziativa, voluta proprio da lei, due giorni fa, dedicato al lavoro e ai ceti intermedi, lo zoccolo duro e un po’ sofferente della città: “Abbiamo sentito il bisogno di riprendere un percorso a Milano interrotto da troppo tempo. Già l’amministrazione Pisapia aveva gestito in modo rituale, spesso opaco, il rapporto coi corpi intermedi, relegandoli a pure comparse. Salvo coinvolgerli quando dal governo di Roma arrivava la mannaia dei tagli agli enti locali. La nostra iniziativa non è occasionale, abbiamo voluto costruire le basi per un dialogo che durerà nel tempo e avrà due campi d’azione: quello legislativo, per portare tutte le modifiche necessarie al Jobs Act e restituire più slancio a una riforma che si è dimostrata inadeguata ad affrontare la crisi; e quello tipicamente milanese; perché noi vogliamo indicare la strada al sindaco Sala, apparso disattento in questi primi mesi di amministrazione, mentre l’interlocuzione con imprese e sindacati è fondamentale per far crescere i progetti della grande Milano, a partire dall’utilizzo delle aree ferroviarie e del post Expo. Mi lasci dire poi che una certa lettura del governo delle complessità, a prescindere dai corpi intermedi, mi pare finita. E in questo Renzi ha sbagliato, è necessario sottolinearlo”.

Forza Italia insiste nel dire che c’è troppo distacco tra la gente chiede e la politica. Il tema delle “periferie” sarebbe usato in modo un po’ declamatorio. “C’è molto da fare in città. Non va dimenticato che la città metropolitana ha allargato i propri confini e dunque non si può progettare il futuro senza tenere conto di quei 134 comuni che costituiscono la grande Milano. Dunque va rivista l’intera area metropolitana pensando a funzioni e spazi. Dunque periferie ma soprattutto lavoro, prendendo a prestito i risultati di regione Lombardia, ad esempio, che proprio su formazione e lavoro ha costruito una solida proposta utilizzata anche da molte altre realtà locali. Il lavoro di Valentina Aprea è diventato un esperimento pilota in grado di accompagnare nell’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro i nostri giovani. Ma non ci sono solo i giovani in sofferenza. Gli under 35 cercano un futuro solido e gli under 50 tentano spesso di rientrare nel mercato del lavoro. E Milano ha le potenzialità necessarie per rispondere a molte di queste esigenze”.

Poi ci sono sicurezza e immigrazione. Con Milano rischia di essere “la bomba o orologeria” dell’Italia. Siete molto critici sulla gestione milanese di questi temi, ma sia lei che Roberto Maroni avete apprezzato le prime proposte del ministro Minniti, e la scelta di aprire i Cie. “Minniti sta facendo quello che noi abbiamo sempre proposto: negoziato coi paesi di origine, i Cie per controllare da vicino i soggetti che non hanno diritto di asilo in attesa di restituirli ai paesi di provenienza. Ora occorre rendere i percorsi di valutazione dell’asilo più rapidi. Sono in molti a chiedersi come mai il governo non ci abbia pensato prima. A Milano, Sala prende tempo per indorare la pillola alla sinistra. Ma così si rischia l’immobilismo proprio quando i rischi sono diventati palpabili”. E infine c’è la politica-politica: si voterà in regione nel 2018, qualcuno pensa prima, e le danze nel centrodestra sono già aperte: da lì verrà il primo segnale per capire se un centrodestra unito e vincente esiste ancora. Idee? “Abbiamo la fortuna di partire da un’esperienza solida: quella della giunta Maroni, che sta lavorando bene e trova un ampio consenso tra le categorie sociali. Una regione di eccellenza in molti campi a partire dalla formazione e dalle politiche per i giovani fino ad arrivare alla Sanità, senza dimenticare l’importante mole di infrastrutture realizzate e in programma. Sono certa che il prossimo giro ci premierà. Altre valutazioni sono premature”.

C’è il centrodestra Salvini-Toti, c’è Stefano Parisi che la pensa diversamente, c’è Forza Italia che sta un po’ nel guado. All’orizzonte ci sono le primarie, forse… “Abbiamo la fortuna di contare su un leader indiscusso, che si chiama Silvio Berlusconi. I nostri valori sono immutati e grazie a questo siamo in grado di dialogare e di continuare ad essere un punto di riferimento per l’intera società italiana. Personalmente non credo che il centrodestra italiano avrà un approdo populista e guardando bene alla storia della Lega comprendiamo che esprime, soprattutto nei territori, i sentimenti di un’Italia che vuole lavorare, essere protagonista. Le parole forti si usano, ma partiti e movimenti vanno misurati per ciò che fanno. E l’esperienza lombarda parla chiaro: efficienza, disponibilità al dialogo, attenzione a chi soffre, visione nel futuro”. (mc)

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