Perché la città della conoscenza è la nostra chance
Forum con Gianluca Vago, rettore della Statale. Tra Campus e Human Technopole
L’Università? Sia il tempo di crescita, di riflessione, di critica, di cultura. E non solo professione. Sia anche il nucleo centrale del mandato civico che la società assegna all’università. E il mandato civico di Gianluca Vago, il rettore “diversamente rettore” della Statale di Milano, è di non rimanere prigioniero della stupenda fortezza rinascimentale voluta dal duca Francesco Sforza di via Festa del Perdono o delle facoltà scientifiche di Città Studi, ma quello di “uscire”, confrontarsi con governo, Regione e Comune. Enti di ricerca internazionali, istituzioni straniere, mondi diversi da quelli universitari, tanto che all’inaugurazione dell’anno accademico, qualche giorno fa, ha invitato Ennio Morricone che ha diretto l’orchestra della Statale nel “Gabriel’s oboe” tratto dalla colonna sonora di “Mission”.
Al forum del Foglio, Vago conferma la sua vocazione a 360 gradi: assunzione di responsabilità pensando a studenti e professori della Statale, e attenzione alla crescita dell’Università fondata nel 1923. “E’ passato tanto tempo e dobbiamo aggiornarci. Le tecnologie ci impongono nuovi spazi, più moderni. Per questo abbiamo pensato al nuovo Campus delle facoltà scientifiche nell’ex area Expo. Lo stanziamento c’è già, 130 milioni, abbiamo una possibilità di mettere in campo circa il doppio”. Ma i tempi sono stretti. “Entro la fine di marzo dobbiamo consegnare il progetto. Stiamo parlando del trasloco di 18 mila studenti più duemila tra ricercatori e personale”. E le residenze (annoso problema, gli studenti fuori sede costretti al florido mercato nero)? Saranno dentro il campus o fuori? Si potrà sfruttare Cascina Merlata che è già pronta? Inoltre si utilizzeranno i padiglioni bassi dell’Expo o si costruiranno laboratori e aule in altezza con spazi adeguati? Ci sono ancora tante domande sospese, molte in comune con il progetto dello Human Technopole. “Siamo convinti che la Statale possa dare un contributo alla creazione di uno spazio condiviso dove ricerca, formazione, diffusione della cultura scientifica possano trovare le condizioni migliori per esprimersi e realizzarsi. Dove università, enti di ricerca, imprese, associazioni lavorino insieme”. Vago indica la strada della collaborazione nell’interesse del sapere anche e soprattutto con Human Technopole, il polo di ricerca privato che recepisce fondi pubblici che sorgerà sull’area Expo e che spingerà Milano in una competizione internazionale necessaria. HT sarà costituito da sette grandi centri, così come aveva progettato l’Iit di Genova che – fino alla futura nascita di una Fondazione ad hoc, prevista per il gennaio 2018 – raccorderà le società interessate al progetto: il centro di genomica oncologica, di neuro genomica dove si studieranno l’Alzheimer e Parkinson, un centro di nutrizione e alimentazione, il centro di big data, di Scienza della vita, di analisi delle decisioni (intelligenza artificiale e altro) e di nanotecnologie applicate al cibo, alla nutrizione, alla salute e alla medicina. Tanta roba. “Sì, l’idea di fondo è una grande cosa per Milano, l’Italia e per la ricerca. Ora il grande lavoro è mettere insieme, trovare i link giusti e avere una cabina di regia unica, un board che possa agire rapidamente su un’area grandissima”.
La società Arexpo è proprietaria dei terreni e deciderà (per concorso, entro l’estate) il masterplan dell’intera area. “Ma che cosa fare compete a più soggetti. E i privati? Ci sono privati che vogliono investire lì? Sì, e per loro è fondamentale avere conferma dei progetti fino ad oggi presentati, cioè HT e Campus Statale; come sta accadendo. Noi presenteremo a breve la nostra idea progettuale, provando a proporre anche altri possibili sviluppi legati alle nostre attività, che pensiamo siano utili allo sviluppo dell'area. Per fare un solo esempio, pensiamo possa essere realistico immaginare li' un grande Orto botanico, che manca a Milano, e che riprenda uno dei temi centrali di Expo”. Non c’è solo Rho-Pero. Anche a Sesto San Giovanni, sull’area ex Falck, si apre un altro fronte della ricerca medica. Con l’arrivo di Istituto dei Tumori e Besta, i proprietari di Milanosesto puntano a un centro di ricerca clinica, oncologia e cardiologia, e a una scuola di medicina specialista che unisca gli interessi di Statale e di Bicocca. “Certo, un centro di formazione avanzata, specialistica sarebbe utile. Occorre solo stare attenti a non duplicare le stesse funzioni, differenziandole dalla vocazione cui è indirizzata l'area Expo. Per Sesto, un'idea potrebbe essere quella di utilizzare il bellissimo ex laminatoio per una Scuola di oncologia e neurologia. Vedremo. Ora dobbiamo tutti fare presto. Ma senza una intelligente e competente regia per la ricerca, Milano rischia di perdere terreno. La concorrenza straniera è fortissima. Basta guardare la mole di investimenti che i paesi asiatici, stanno facendo in questi settori. Se non si fa sistema, siamo fuori dai giochi. Per quello che posso percepire dal mio punto di osservazione, anche da questo punto di vista questo è un momento unico, mi pare ci sia piena collaborazione tra le istituzioni di governo centrale e locale, le istituzioni di ricerca e di cura, il mondo delle imprese”. Milano, l’area Expo Rho-Pero, Sesto San Giovanni. Siamo dentro la Città metropolitana. Per ora più una istituzione formale che un organo decisionale. Questo potrebbe rallentare lo sviluppo delle aree in questione. Per questo Vago nel corso del forum ha insistito sulla necessità di una regia che trovi un assetto istituzionale; come se mancasse un “ultimo miglio” istituzionale. E la classe dirigente? “E’ il momento della responsabilità e della competenza. La formazione della classe dirigente è un compito che rimanda a una funzione essenziale del sistema scolastico e universitario. Ma, e penso soprattutto ad alcuni aspetti del funzionamento della Pubblica amministrazione, alcuni vincoli, anche rispetto al riconoscimento economico del valore delle competenze scientifiche e gestionali, stanno rapidamente portandoci fuori competizione, e allontanano i più capaci dai ruoli di governo pubblici. In questo momento, la mia capacità negoziale per attrarre i migliori ricercatori, è quasi ridicola, se penso alle condizioni che offrono i sistemi di molti paesi in Europa e nel mondo. A me non pare scandaloso pagare una persona, se vale e garantisce qualità. Certo, una maggiore autonomia pone il tema forte della qualità dei controlli; ma è uno strumento essenziale per politiche competitive. Appunto, il contrario di quello che sono ora le Città metropolitane”. Come rettore “diversamente rettore”, formare i i giovani è una sua priorità. “Oggi mi pare manchi, per questi ragazzi, un nucleo identitario forte, profondo; individuale e collettivo. Da cui generare un sistema di riferimento valoriale. Per questo l’università oltre a trasmettere sapere, forti nozioni – insomma bisogna studiare – deve anche provare a insistere nel fornire occasioni perché questo possa accadere. Non scorciatoie, la sufficienza facile, i ‘crediti’ inutili. Ultima domanda: servono ancora le università in un’epoca come questa, di sapere, o presunto sapere, diffuso, di dominio tecnocratico? “Forse dobbiamo raccontare chi siamo, prima ancora che quello che sappiamo. Lo dobbiamo ai nostri studenti, lo devono i veri maestri ai propri allievi. Non c’è nulla che rubi il futuro come il cinismo che si traveste di realismo”.