Conflitto d'interessi Associati
Il M5s contro il partito-azienda del Cav., ma non guarda l’azienda-partito di Casaleggio
Fino a pochi giorni fa il conflitto d’interessi era la bandiera da sventolare davanti ai militanti inferociti. Era il potere politico-mediatico di Berlusconi che minacciava Salvini e impediva la nascita del “governo del cambiamento”. E così Luigi Di Maio e il Movimento 5 stelle volevano immediatamente fare una legge per le televisioni al Cav. o per togliere il Cav. dalla politica. Ma è bastato il passo di lato di Berlusconi con la sua “astensione benevola” a far passare il M5s dall’esproprio a “Mediaset è una risorsa per il paese”. Resta il fatto che, opportunismo politico a parte, sul conflitto d’interessi il M5s non può permettersi di avere una posizione coerente a causa del ruolo di Davide Casaleggio, un imprenditore che senza alcun ruolo formale controlla il primo partito italiano attraverso un’altra entità. Negli anni scorsi i politologi hanno parlato e studiato approfonditamente il “partito-azienda”, ma poco dell’azienda-partito che può creare non pochi problemi alla democrazia. Il M5s è l’unico partito al mondo strutturato in questo modo. C’è un imprenditore, Davide Casaleggio, che attraverso un’associazione privata di cui è il capo assoluto e perpetuo, Rousseau, controlla per statuto un intero partito: gestisce la democrazia interna, la selezione dei candidati, possiede i dati degli iscritti, riceve soldi dai militanti e una tassa obbligatoria dagli eletti (per un giro d’affari superiore alla sua società, la Casaleggio Associati). Il partito è una scatola vuota e Rousseau una cassaforte (con le chiavi in tasca a una sola persona): Casaleggio controlla il M5s e nessuno del M5s può controllare Casaleggio. Ecco, oltre al conflitto d’interessi sarebbe il caso di pensare a una legge sui partiti, prevista dall’art. 49 della Costituzione ma mai approvata.
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