Internet minaccia la democrazia
Niall Ferguson sul sogno infranto della società aperta. Le interferenze russe, il ruolo di Facebook, ormai – scrive il Boston Globe – "siamo tutti tossicodipendenti"
L’attuale tecnologia della rete… favorisce davvero i cittadini”, hanno scritto Jared Cohen e Eric Schmidt di Google nel loro libro del 2013 “The New Digital Age". Ancora più euforico è stato Mark Zuckerberg, il co-fondatore e amministratore delegato di Facebook. Nel 2015, ha definito Internet “una forza per la pace nel mondo”. “Purtroppo, negli ultimi due anni, è diventato gradualmente evidente che Internet potrebbe rappresentare una minaccia più grande per le democrazie che non per i dittatori”, scrive Niall Ferguson. “Siamo quasi tutti tossicodipendenti. Il sito web eMarketer stima che nel 2017 gli utenti adulti di Facebook negli Stati Uniti abbiano trascorso circa 41 minuti al giorno sulla piattaforma. E questa è solo la nostra app preferita. L’utente medio dello smartphone fa clic, tocca e scorre quel piccolo dispositivo insidioso l’incredibile numero di 2.617 volte al giorno. Due terzi degli adulti statunitensi sono su Facebook. Quasi la metà – 45 per cento – riceve notizie dalla piattaforma del signor Zuckerberg. Più di un americano su 10 riceve notizie da YouTube”.
Ma non è solo una storia americana. “In una misura che non è abbastanza presa in esame, è una crisi globale della democrazia. Oggi, forse, tutta la politica sta diventando social, in quanto i social media sono emersi come il campo di battaglia cruciale delle elezioni moderne. Solo pochi anni fa sarebbe sembrata una buona idea. Cosa potrebbe essere più democratico, dopo tutto, che consentire ai politici di comunicare i loro messaggi direttamente ai singoli elettori e di ricevere loro notizie in tempo reale? La triste realtà è che il tentativo più eccitante di unire il nostro mondo ci sta mettendo a rischio di non poterci fidare di quello che vediamo o sentiamo. Questa è la vera – e ineluttabile – minaccia che affligge ogni democrazia oggi”.
Secondo lo storico di Stanford, il caso dell’interferenza russa nelle elezioni americane è una distrazione dal problema più profondo. “Quello che è successo nel 2016 è stato molto più di una semplice ‘operazione nera’ del Cremlino che ha superato le aspettative. E’ stato il risultato diretto del profondo cambiamento nella sfera pubblica determinata dall’avvento e dalla crescita spettacolare delle piattaforme di rete online. In molti modi, l’attenzione ossessiva della classe politica americana sulla trama russa è una distrazione dalla realtà allarmante secondo cui – come ha affermato il commissario europeo alla Concorrenza Margrethe Vestager all’inizio di questo mese – le grandi società tecnologiche e il modo in cui i loro servizi sono usati dalla gente comune, rappresenta una minaccia molto più grande per la democrazia. E’ la minaccia dall’interno quella di cui abbiamo veramente bisogno di preoccuparci, non quella di Putin”.
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