Come saranno le guerre del futuro
Il ruolo della tecnologia, le preoccupazioni e l'insistenza degli establishment militari: l'uomo deve sempre essere "on the loop", scrive l'Economist
In passato, le previsioni sulle guerre del futuro hanno spesso posto troppa enfasi sulle nuove tecnologie e sulle dottrine” ha scritto Matthew Symmonds sull’Economist. “Nel Diciannovesimo secolo la rapida vittoria dell’esercito prussiano sulla Francia del 1870 convinse le classi dirigenti europee che la rapida mobilitazione tramite ferrovie, l’artiglieria dal grilletto veloce e un’attenzione alle offensive avrebbe reso le guerre brevi e incisive.
Quelle idee furono messe alla prova nel corso della Prima guerra mondiale: i quattro anni di combattimenti in trincea sul fronte occidentale le sfatò completamente. Negli anni Trenta del Novecento vi era la convinzione che i bombardamenti aerei delle città sarebbero stati sufficientemente devastanti da spronare la resa immediata. La profezia si avverò soltanto un decennio più tardi con l’invenzione delle armi nucleari. Quando l’America dimostrò, nel corso della Prima guerra del Golfo nel 1990-91, che cosa si potesse ottenere con una combinazione di munizioni ad alta precisione, new intelligence, metodi di sorveglianza e riconoscimento, comunicazioni aerospaziali e tecnologie nascoste, molti pensarono che in futuro l’occidente avrebbe sempre potuto contare su vittorie belliche istantanee e indolori. Dopo gli attacchi terroristici in America dell’11 settembre 2001, le guerre presero una piega differente. Il cambiamento climatico, la crescita demografica e l’estremismo settario o etnico probabilmente faranno sì che le guerre interne agli stati (che dalla seconda metà del 1900 in poi sono sempre state le più comuni, ndr) continueranno”.
La tecnologia avrà un ruolo fondamentale, seppure ancora incerto, nel definire le guerre del futuro: “Ci sono enormi punti di domanda su come i rapidi avanzamenti dell’intelligenza artificiale e del ‘deep learning’ cambieranno il modo in cui le guerre sono combattute, e forse persino il modo in cui le persone concepiscono la guerra. La grande preoccupazione è che queste tecnologie possano creare dei sistemi di attacco bellico autonomi, in grado di prendere decisioni sulle vite degli umani indipendentemente dalle persone che li hanno creati o installati. Gli establishment militari occidentali insistono che per potersi confare alle leggi del conflitto armato, un umano debba sempre essere almeno ‘on the loop’ (definizione gergale per un sistema di macchine autonome supervisionate da umani che possono intervenire in ogni momento, ndr).
Alcuni paesi però potrebbero non essere così scrupolosi, se questi sistemi completamente autonomi dovessero conferire vantaggi militari. Sarebbe ovviamente confortante pensare che il fattore umano, che ha sempre costituito una componente fondamentale nelle guerre del passato, continui in qualche a modo a contare anche nel futuro. Anche su questo, però, vi è incertezza”.
Il Foglio internazionale