Houellebecq e la crisi del liberalismo
Lo scrittore francese e la tentazione autoritaria in occidente, scrive l'Atlantic
C’è un uomo di nome François, professore parigino” esordisce sull’Atlantic Shadi Hamid. “E’ uno studioso di Joris-Karl Huysmans, lo scrittore della seconda metà dell’Ottocento che, negli ultimi anni della sua vita, si convertì al cattolicesimo in un momento di epifania. François è l’eroe, o piuttosto l’antieroe, del romanzo ‘Sottomissione’ scritto dal francese Michel Houellebecq. François è apatico (persino nel suo approccio al sesso, che considera un’attività come un’altra, quasi come giocare a tennis la domenica, forse con ancora meno entusiasmo). Pensa che ci sia troppa libertà e troppa scelta, e spesso preferirebbe morire che vivere. Il libro è stato pubblicato il 7 gennaio 2015, il giorno dell’attentato a Charlie Hebdo, in cui due assalitori mascherati hanno ucciso a fucilate 12 giornalisti della redazione del giornale satirico francese, mentre urlavano ‘Allah è grande’. Divenne impossibile separare il romanzo dall’evento.
‘Sottomissione’ è ancora evidentemente un romanzo distopico, un genere sempre più popolare oggigiorno ma, più di tutto, una riflessione sulla più recente fase del liberalismo occidentale, in cui non c’è più granché in cui credere, e nulla per cui lottare, a parte la perpetua espansione della libertà personale. Houellebecq è parte del crescente drappello di intellettuali occidentali che stanno corteggiando l’antiliberalismo: forse il liberalismo non è l’indiscutibile bene che molti di noi sono portati a credere. In un modo piuttosto strano, però, i critici del liberalismo finiscono col dire di più sulla sua resilienza che sul suo declino. L’enfasi di Houellebecq sulla poligamia, nel suo ritratto dell’islam, è spesso gratuito. Spesso, però, sembra celare un senso di invidia per il fatto che l’islam ha ancora una vitalità, un convincimento e una sicurezza di sé che il liberalismo occidentale e il cristianesimo hanno perso da tempo. I sedicenti liberali spesso descrivono il liberalismo come un credo indifferente a come viviamo le nostre vite, così da renderlo effettivamente una specie di referenza neutrale. Questo, tuttavia, non significa neutralità ideologica, dal momento che il liberalismo stesso emerge da un assetto preciso di assunti ideologici e filosofici sulla religione, la natura umana e lo stato. Il timore e l’opposizione all’islam, considerato illiberale e retrogrado è, di per sé, uno dei principali motori dell’ascesa dell’illiberalismo occidentale e dell’etno-nazionalismo, sopratutto in Europa. Persino negli Stati Uniti, dove ci sono pochi o nessun musulmano, la legislazione anti sharia sta diventando un fenomeno pittoresco, una sorta di antidoto illiberale all’illiberalismo. Quel che i critici del liberalismo sembrano incapaci, o indisposti, a fare è chiedersi se la mancanza di valori sia peggio della mancanza di libertà. Forse il meglio che possiamo sperare, o temere, è una versione illiberale delle liberal democrazie, una loro variazione su un continuum dell’universo liberale”.
Il Foglio internazionale