“La chiesa torni a essere strana”. Douthat e Papa Francesco: “Non rincorra la modernità”
L’unico approccio possibile per salvarsi dalla secolarizzazione è che il cattolicesimo si offra come alternativa alla cultura dominante, scrive il New York Times
"Una fede viva trattata come un pezzo da museo”. Così Ross Douthat definisce il Met Gala, gli oscar newyorchesi, che quest’anno aveva come tema gli “heavenly bodies”, i corpi celestiali e che nel sottotitolo parlava della “moda e dell’immaginario cattolico”. L’edizione è stata dominata da Rihanna, vestita da Papa. Tra gli oggetti messi a disposizione dal Vaticano per l’evento alcune reliquie di Giovani Paolo II e di Papa Pio IX. La mostra correlata al Gala in questione è stata presentata dal cardinale Gianfranco Ravasi, alla fine del febbraio scorso, a Palazzo Colonna. “Fu la leadership della chiesa a decidere, negli anni che seguirono il Concilio Vaticano II, che l’attaccamento alla chiesa come cultura era diventato un impedimento alla missione di predicare il Vangelo nel mondo moderno” scrive Douthat, che ha appena scritto un libro, “To change the church”, dedicato al pontificato di Francesco e alla grande evoluzione della chiesa cattolica. “E’ stata la sua leadership ad abbracciare un approccio diverso, in cui il cristianesimo cattolico avrebbe cercato di entrare più pienamente nella cultura moderna, adottando i suoi stili e le sue abitudini: l’architettura ecclesiastica modernista, l’abbigliamento casual, la musica da chitarra, l’influenza suburbana e protestante. Fu la sua dirigenza a decidere che gran parte di ciò che Marcel Proust dipingeva come gloria culturale del Cattolicesimo – soprattutto la vecchia messa, ma anche una moltitudine di costumi e rituali – doveva essere archiviato per raggiungere le persone in un’età più disincantata.
Questa idea non era affatto assurda in teoria; dai tempi dell’Impero Romano attraverso gli sforzi missionari, il Cristianesimo aveva spesso avanzato l’inculturazione, importando un messaggio religioso coerente in varie forme culturali. Ma il tentativo del cattolicesimo di fare lo stesso con la cultura moderna dagli anni Sessanta sembra aver fallito. La cultura laica accolse la protestantizzazione e la demistificazione della chiesa e persino la secolarizzazione, elogiò i vescovi e i teologi che la inseguirono, e quindi semplicemente intascò le concessioni e ignorò le idee religiose che tali concessioni avrebbero dovuto far avanzare.
Questo fallimento, e il modo in cui i cattolici dovrebbero interpretarlo, contribuisce a inquadrare i dibattiti sulla chiesa nell’età di Papa Francesco. Una teoria è che la realtà degli ultimi cinquant’anni suggerisce che la cultura moderna è intrinsecamente antireligiosa o anticattolica in un modo duraturo, il che significa che il tentativo di adottare le sue forme culturali e ‘accompagnare’ i suoi abitanti finirà inevitabilmente con la dissoluzione della chiesa stessa.
Quindi l’unico approccio plausibile per il cattolicesimo è quello di offrire se stesso come una piena cultura alternativa a sé stante. L’altro punto di vista è che in realtà l’inculturazione non sia andata abbastanza lontano, che la chiesa potrebbe aver cambiato la sua liturgia e i suoi costumi, ma che sia ancora frenata dai suoi dogmi astratti e dai suoi aridi legalismi, e che un ultimo balzo nella modernità, un rinnovato impegno per l’accompagnamento, la comprensione e l’adattamento, sia necessario perché la chiesa ottenga ciò che cercava quando ha iniziato il suo grande progetto di demistificazione cinquant’anni fa.
Come pontefice, Francesco è stato su entrambi i lati di questi dibattiti. Il radicalismo della sua visione economica ed ecologica, spesso ritratta come semplicemente liberal, in realtà rappresenta una sorta di pessimismo di sinistra che indubbiamente rimanda alle faticose critiche della modernità lanciate dai papi del XIX secolo. E a volte questo radicalismo è stato eguagliato dalla sua volontà di unirsi ai membri conservatori del suo gregge nella guerra culturale, come recentemente nel caso di Alfie Evans in Inghilterra, dove il Papa è finito in un conflitto pubblico con il genere più culturalmente accomodante di cattolici sul privare un bambino di ossigeno cerebrale perché la sua vita è stata giudicata non più degna di essere vissuta. Ma solo a volte; su molti altri fronti, l’era di Francesco è stata una primavera per l’ospitalità e l’inculturazione, e specialmente per il cattolicesimo tedesco secolarizzante e protestante che ha contribuito a forgiare la rivoluzione originale degli anni Sessanta, e i cui leader credono che solo la modernizzazione potrà riempire le loro chiese vuote. Francesco e altri aspiranti modernizzatori hanno ragione che il cristianesimo cattolico non dovrebbe commerciare sulla paura. La via da seguire per la chiesa cattolica nel mondo moderno è straordinariamente incerta. Ma non c’è un percorso plausibile che non coinvolga più di ciò che è stato mostrato a New York lunedì sera, più di ciò che un tempo rendeva il cattolicesimo sia grande che strano”.
Il Foglio internazionale