L'Italia è davvero a rischio default?
L’ex ministro e banchiere Jim O'Neill spiega che cosa sta succedendo sul Financial News
“Ho un affetto speciale per l’Italia, perché è stata il primo paese che ho studiato quando, nel 1982, sono entrato nel mondo della finanza”, scrive Jim O’Neill, ex presidente di Goldman Sachs Asset Management ed ex ministro del Tesoro britannico, oggi presidente di Chatham House. “All’epoca lavoravo per una grande banca americana e ricordo ancora le discussioni sul rapporto debito-pil dell’Italia. La domanda nella mente di tutti era: quando il paese sarebbe stato inadempiente; ma non è mai successo. Ora che il governo italiano sembra pronto per una situazione di stallo con la Ue, non sarebbe sorprendente se riemergessero le preoccupazioni per un default.
Da lungo tempo l’Italia ha avuto una scarsa produttività per gli standard europei e ciò si è tradotto in una crescita tendenziale relativamente bassa nei decenni precedenti l’euro. Ci sono alcuni che ora rimpiangono i giorni in cui la lira poteva essere indebolita per ripristinare la crescita. Non è più un’opzione. Tuttavia, i principali partiti politici che hanno governato l’Italia fino a oggi non hanno prodotto la crescita del pil di cui il paese ha bisogno. Ciò di cui l’Italia ha bisogno è un ampio programma di riforme strutturali per migliorare la produttività. Questo è l’unico modo per ottenere un più alto tasso di crescita a lungo termine, visti i dati demografici del paese. Da parte sua, la Ue dovrebbe fare di più per aiutare l’Italia a compiere i passi difficili di cui ha bisogno.
La Commissione europea, la Banca centrale europea e il governo tedesco hanno commesso un errore insistendo sulla rigida applicazione del patto di stabilità e crescita della Ue. Sebbene alcuni paesi siano stati autorizzati a violare il deficit durante i periodi di difficoltà, l’Italia non lo ha quasi mai ottenuto a causa dei suoi alti livelli di debito. Tuttavia, come mostra l’esperienza del Belgio e del Giappone, l’alto debito pubblico può essere ridotto solo attraverso una crescita economica sostenuta. Alcune riforme volte ad aumentare la produttività a lungo termine possono effettivamente ridurre la crescita a breve termine. Un altro problema riguarda la politica monetaria. La Bce potrebbe essere più di larghe vedute su come perseguire l’obiettivo di una inflazione di poco inferiore al 2 per cento.
Questo lascia l’Italia bloccata in uno stato di bassa inflazione, anche quando potrebbe trarre beneficio da ulteriori stimoli di politica monetaria. In queste condizioni, le autorità della Ue farebbero bene a non opporsi troppo aggressivamente agli attuali piani del governo italiano. Se i liberali tradizionali sono preoccupati per le implicazioni di un governo populista eletto democraticamente, allora dovrebbero preoccuparsi ancora di più su cosa potrebbe accadere se le circostanze economiche peggiorassero. In questa fase, l’Italia ha bisogno di una crescita del pil più forte, chiara e semplice. Coloro che hanno il potere di stabilire e applicare le regole fiscali e monetarie della Ue sanno bene che la zona euro non potrebbe sopravvivere a una crisi di stampo greco in Italia”.
Il Foglio internazionale