Un Foglio internazionale
Putin vuole l'Ucraina
Niall Ferguson spiega che il presidente russo non vuole ricreare l’Urss, come si sente spesso dire, ma il paese che fu di Pietro il Grande
La guerra sta arrivando – e sarà una non-così-grande guerra del nord. Non siate distratti dall’ultima conversazione tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo americano Joe Biden, e dalla promessa di proseguire i negoziati a gennaio. Quando un partito vuole la guerra, questo genere di attività diplomatica spesso continua fino a poche ore prima dell’inizio dello scontro. Non dobbiamo farci illusioni: Putin è intenzionato a entrare in guerra con l’Ucraina”. Così inizia l’articolo su Bloomberg di Niall Ferguson sulle ambizioni del presidente russo. Lo storico si sofferma su un lungo saggio scritto da Putin lo scorso luglio, in cui sosteneva che l’indipendenza ucraina fosse un’anomalia storica. Secondo Ferguson, l’ambizione di Putin è assorbire l’Ucraina seguendo l’esempio dell’Anschluss dell’Austria a opera della Germania nazista.
Nell’ultimo anno, il presidente russo ha delineato più di una volta le “linee rosse” della sicurezza russa. Il 17 dicembre Putin ha dato un ultimatum di fatto alla Nato, ponendo alcune condizioni: l’Alleanza non deve fare entrare nuovi membri, inclusa l’Ucraina; gli Stati Uniti e la Nato non devono collocare missili a corto o medio raggio in prossimità del territorio russo; gli Stati Uniti non devono posizionare armi nucleari al di fuori dei propri confini; l’Alleanza non deve dispiegare armi o truppe nei paesi membri che si sono uniti dopo il Founding Act tra Nato e Russia del maggio 1997. Questo include tutti i paesi un tempo appartenenti al Patto di Varsavia, come la Polonia e le ex repubbliche sovietiche dei paesi baltici.
Bisogna ammettere che alcune delle richieste russe sono in linea con gli accordi firmati tempo fa con la Nato, mentre altre sono improponibili. Ad esempio, è improbabile che la Nato rinunci alla promessa di fare entrare l’Ucraina e la Georgia nell’Alleanza. Nel loro insieme, le linee rosse di Mosca equivalgono a una “nuova Yalta” che darebbe alla Russia una sfera di influenza che si estende fino alle ex repubbliche sovietiche dell’est Europa. Vale la pena discutere queste richieste solo se la Russia offre in cambio qualcosa di importante – ad esempio, il ritiro delle sue truppe dal territorio ucraino. Ma Putin non ha alcuna intenzione di fare concessioni. Sta preparando il casus belli.
Secondo Ferguson, molti commentatori occidentali credono erroneamente che l’obiettivo di Putin sia quello di ricreare l’Unione sovietica, citando il suo famoso commento del 2005: “Il crollo dell’impero sovietico è stata la più grande catastrofe geopolitica del secolo”. A giudicare dalla ferocia con cui il regime ha messo al bando l’organizzazione Memorial, che si occupa di preservare la memoria storica dei crimini commessi dal sistema sovietico, è chiaro che Putin sente ancora un certo attaccamento a quel passato. Tuttavia, il presidente russo non sogna di fare tornare il suo paese ai tempi all’Unione sovietica di Stalin, ma a quelli dell’impero russo di Pietro il Grande. Il presidente ha espresso questa convinzione in un’affascinante intervista nel 2019 con Lionel Barber, l’allora direttore del Financial Times. “Una torreggiante statua di bronzo svetta sulla scrivania del suo ufficio”, ha scritto Barber. Lo Zar Pietro I è il “leader preferito” di Putin. “Lui vivrà – ha detto il presidente – finché la sua causa sarà viva”.
“Per capire cosa volesse dire Putin bisogna tornare indietro di tre secoli, ai tempi della Grande guerra del nord (1700–1721). All’epoca la potenza militare dominante nell’Europa del nord non era la Russia ma la Svezia, sotto la guida del più straordinario leader vichingo, Carlo XII”, scrive Ferguson, che si sofferma sulla battaglia di Poltava del 1709, in cui Pietro il Grande sconfisse la Svezia e conseguì la sua vittoria militare più importante. La città di Poltava si trova a duecento miglia a sud di Kiev, nei territori contesi vicino Luhansk e Donetsk che sono oggi occupati dai separatisti filo-russi. Il mito della battaglia di Poltava, in cui lo zar riuscì a sopravvivere miracolosamente, è tutt’ora vivo. Basta pensare che i soldati russi ancora riascoltano il discorso di motivazione dello zar al suo esercito prima di andare in battaglia.
“Questa storia ispira lo zar Vladimir molto di più del regno del terrore di Stalin – sostiene Ferguson – che verrà sempre associato nella testa degli ucraini all’Holodomor, una carestia indotta dal collettivismo sovietico (...). Putin è solamente un sognatore quando si vede come l’erede di Pietro il Grande? Non necessariamente”. La Russia ha dei grandi punti di forza: la sua popolazione è aumentata ogni anno dal 2009 al 2020. Vero, il suo prodotto interno lordo è un quinto di quello americano ma la storia dimostra che non bisogna essere Golia per iniziare una guerra.
Inoltre, per quanto gli ucraini siano disposti a combattere per il proprio paese, non hanno grandi possibilità di resistere senza l’aiuto esterno. Ma purtroppo, sostiene Ferguson, nessuno sembra volere aiutare. Per anni i governi ucraini hanno provato a entrare nella Nato e nell’Unione europea, senza alcun successo. Il motivo ufficiale per cui l’Ucraina non può entrare nell’Ue è che ancora non rispetta i criteri di accesso. Il timore reale dei governi comunitari è quello di fare entrare nel club un’altra autocrazia semi illiberale che può fare sponda con Polonia e Ungheria, e ostruire il processo di integrazione.
La tesi di fondo di Ferguson è che, se Putin dovesse invadere, l’Ucraina non riceverà alcun aiuto militare rilevante dall’occidente. Infatti l’8 dicembre il presidente americano Biden ha escluso l’invio di truppe americane, e la Casa Bianca ha posticipato la consegna di equipaggiamenti militari a Kiev nel timore di provocare Putin. Quindi cosa intende Biden quando sostiene, come ha detto a Putin alcune settimane fa, che gli Stati Uniti “risponderanno in modo deciso se la Russia invaderà ulteriormente l’Ucraina”?. Il 7 dicembre la sottosegretaria di stato agli affari politici, Victoria Nuland, ha detto al Congresso che gli Stati Uniti e l’Ue stanno preparando delle “misure per il giorno uno, misure per il giorno cinque e misure per il giorno dieci”. Non è entrata nei dettagli delle sanzioni, ma ha detto che finiranno per “isolare la Russia completamente dal sistema finanziario globale”. Questo probabilmente significherebbe, tra le altre cose, cancellare Nord Stream 2, sanzionare il debito sovrano russo sul mercato secondario, punire le banche di stato e limitare le conversioni tra rublo e dollaro.
“Queste sanzioni sarebbero molto più dure di ciò che è stato imposto nel 2014 (dopo l’annessione della Crimea, ndt). Tuttavia, le misure impatterebbero seriamente sulla Russia ma avrebbero delle conseguenze molto gravi anche per l’occidente. Questo la Russia lo sa bene, specialmente dopo che le sanzioni del 2018 sulla compagnia di alluminio United Co. Rusal International PJSC hanno sconvolto il mercato globale dell’alluminio, e costretto gli Stati Uniti a fare marcia indietro. Il tallone d’Achille della strategia occidentale è, ovviamente, la dipendenza dell’Unione europea dal gas naturale russo, che rappresenta il 43 per cento delle importazioni totali di gas nell’Ue nel 2020. Il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno incontrato di recente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e ribadito le solite promesse sulle “enormi conseguenze” e sui “costi severi” di un’eventuale azione militare russa ai danni dell’Ucraina. Ma questa retorica dura è stata indebolita dall’ambizione di Scholz – espressa nel suo primo discorso da cancelliere – di dare vita a una nuova Ostpolitik, un’allusione alla strategia del cancelliere della Germania dell’ovest Willy Brandt di normalizzare i rapporti tra la Repubblica federale e il blocco sovietico.
La non-cosí-grande Guerra del nord che sembra stia per scoppiare sarà asimmetrica per molti versi. Le forze russe probabilmente sconfiggeranno le difese ucraine. L’occidente reagirà all’azione sul campo con delle sanzioni finanziarie. Ma il costo di queste sanzioni sarà superiore per gli europei che per gli americani, e non sarà abbastanza alto per la Russia da contenere Putin. Per farla breve, è difficile vedere delle circostanze più propizie per quella che sarebbe finora la mossa più audace di Vladimir. Qualche altra settimana di chiacchiericcio diplomatico non cambierà nulla.
“Temo che la guerra sia alle porte – conclude Ferguson –. E non sarebbe la prima volta per l’Ucraina e i suoi vicini, una parte del mondo che lo storico di Yale Timothy Snyder ha giustamente chiamato le ‘Terre Insanguinate’ (Bloodlands) per via degli orrori a cui a cui sono state sottoposte negli anni Trenta e Quaranta del secolo scorso. Tuttavia, non è questa l’epoca storica a cui pensa per primo Vladimir Putin. Non vi stupite se i festeggiamenti per la vittoria avessero luogo a Poltava”.
(Traduzione di Gregorio Sorgi)
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