Il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, durante l'informativa in Senato sul caso Regeni (foto LaPresse)

Spataro sgonfia Ingroia che fa la voce grossa sul caso Regeni

Redazione

Gentiloni: l'Egitto cambi marcia sulle indagini del giovane ucciso, o ci saranno reazioni. Per Ingroia, ex pm di Palermo, l’Italia deve mettere da parte “la ragion di Stato” e alzare la voce con il Cairo. Macismo sconfessato, sul Fatto quotidiano, dal procuratore di Torino: “Più di così i nostri investigatori non possono fare”.

Il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha avvisato in via “preventiva” la delegazione degli investigatori egiziani che domani arriverà in Italia per incontrare i procuratori romani che indagano sulla morte del ricercatore italiano Giulio Regeni: se non ci sarà un “cambio di marcia” nella  collaborazione offerta dall'Egitto nelle indagini, il governo italiano – ha detto Gentiloni – “è pronto a reagire con misure immediate e proporzionali, e il parlamento ne sarà tempestivamente informato”. “La ragione di Stato in un caso come questo ci impone di difendere fino in fondo e di fronte a chiunque  la memoria di Giulio Regeni, sul cui volto la madre ha detto di aver visto tutto il male del mondo”, ha aggiunto il ministro degli Esteri. “E’ per la ragione di Stato che non ci rassegneremo all’oblio di questa vicenda e non permetteremo che sia calpestata la dignità del nostro paese”.

 

Ai più attenti osservatori non sarà sfuggito il riferimento (probabilmente non voluto) di Gentiloni alle parole usate alcuni giorni fa dall’ex procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, sulle pagine del Fatto Quotidiano, proprio sul caso Regeni, e che oggi hanno prodotto la netta replica da parte del procuratore capo di Torino, Armando Spataro. Nel suo intervento di domenica scorsa, dall’enfatico titolo “Basta con le mani legate dalla ragion di Stato”, Ingroia accusava la procura di Roma e il governo di procedere troppo timidamente nella risoluzione del caso Regeni per ragioni di equilibrio politico internazionale. L’ex pm di Palermo, oggi amministratore di una partecipata regionale siciliana, ha affermato in maniera spavalda che gli investigatori romani dovrebbero “esigere di svolgere direttamente le indagini in Egitto”, perché “così fanno i paesi forti come gli Stati Uniti”: quando propri cittadini sono coinvolti in gravi vicende giudiziarie, “non si accontentano della collaborazione delle autorità locali, ma rivendicano il diritto a svolgere indagini in proprio anche in territorio estero”.

 

Ingroia ha prefigurato, insomma, una sorta di “invasione” italiana in Egitto attraverso le toghe. La filippica sull’onore italiano da difendere non è stata condivisa dal procuratore di Torino, Armando Spataro, che in una replica pubblicata oggi, sempre sul Fatto Quotidiano, ha criticato punto per punto, sul piano giuridico, le affermazioni di Ingroia. Primo: “Non esiste alcun trattato di cooperazione giudiziaria con l’Egitto, sicché tutto si fonda sulla disponibilità volontaria e reciproca degli Stati interessati”, ha scritto Spataro, specificando che è su questa base i magistrati italiani hanno potuto recarsi in Egitto.

 

Secondo: “Anche in presenza di una formale convenzione bilaterale, sarebbe semplicemente impensabile che la procura di Roma potesse chiedere di condurre direttamente le indagini in Egitto. Non lo prevede alcuna convenzione internazionale in quanto si può solo chiedere di assistere ad atti d’inchiesta condotti dalle autorità locali, non di condurli direttamente”. Per sottolineare l’impraticabilità della proposta di Ingroia, il pm torinese avanza anche un esempio: “Si provi a immaginare che la procura di Parigi o di Bruxelles ci chiedessero di svolgere direttamente atti di questo tipo in Italia per scarsa fiducia nell’operato dei magistrati italiani: quale sarebbe la nostra reazione?”.

 

Infine, nota Spataro, non risulta che “gli Stati Uniti, salvo che – forse – in paesi ‘sottomessi’, abbiano mai ottenuto di compiere direttamente indagini sostituendosi alle autorità locali”. Invocare reazioni drastiche ma impraticabili è, dunque, secondo Spataro assolutamente fuori luogo, dato che in realtà la procura di Roma “sta provando con ogni energia e capacità possibili” di arrivare alla verità sui responsabili dell’omicidio di Regeni. Anzi, ribadisce a Ingroia il procuratore di Torino, “informazioni sbagliate rischiano di determinare sfiducia e rassegnazione nei cittadini. E non ce lo possiamo permettere, specie in questi tempi difficili”.