La rassegna della stampa internazionale sui principali fatti che riguardano da vicino il nostro paese. Oggi articoli di Sueddeutsche Zeitung, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Figaro, Times
Monte dei Paschi, brutta sorpresa
Berlino, 28 dic 08:45 - (Agenzia Nova) - Il salvataggio della terza più grande banca italiana, il Monte dei Paschi di Siena, sarà più costoso del previsto. La Banca centrale europea (Bce) stima che il fabbisogno di capitali sia pari a 8,8 miliardi di euro. Giovedì scorso era fallito il tentativo di ricapitalizzazione per un totale di 5 miliardi messo in atto dalla Banca. Il fabbisogno finanziario calcolato dalla Bce è salito in un mese del 76 per cento. A novembre il piano di salvataggio prevedeva la svendita di 27,7 miliardi di euro di crediti inesigibili, attraverso la cartolarizzazione dei crediti. Ora la Bce ha calcolato in 8,8 miliardi gli euro necessari alla ricapitalizzazione della Banca. L’ad di Mps,, Marco Morelli, ha detto in un’intervista: “Credo fermamente in un nuovo inizio della banca”; il quotidiano finanziario “IlSole24Ore” sottolinea: “La banca è profondamente radicata nel mercato e ha saputo, nonostante le difficoltà, mantenere uno stretto rapporto di fiducia con i propri clienti”. Dei 4,2 miliardi di titoli subordinati, 2,2 sono nelle mani di investitori istituzionali. Ora le obbligazioni saranno forzatamente convertite in capitale azionario. Il ministro delle Finanze Pier Carlo Padoan, prima di Natale, ha detto che i 40 mila investitori privati saranno tutelati. Si prevede che il salvataggio costerà ai contribuenti 6,5 miliardi di euro. I negoziati fra Roma e Bruxelles in merito alle modalità di intervento dello Stato dovrebbero iniziare a metà gennaio.
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Mps, il rischio è cedere alla convenienza politica
Berlino, 28 dic 08:45 - (Agenzia Nova) -
Il salvataggio di Monte dei Paschi di Siena, terza banca italiana, da parte dello Stato, evidenzia la necessità di un cambio di metodo, scrive la “Frankfurter Allgemeine Zeitung”. Mps ha 28 miliardi di crediti inesigibili. Per sfuggire all’ira dei risparmiatori italiani è sempre più facile cercare soluzioni di comodo. La stima dei costi per lo Stato italiano per il salvataggio è di oltre 6 miliardi di euro. Le altre banche in crisi vorranno seguire quest’esempio. L’Italia per tale scopo ha previsto un ulteriore sforamento del debito pubblico per circa 20 miliardi di euro, supportata dal fondo del Mes e dai programmi di acquisto del debito da parte della Bce. Troppe tentazioni, però, alla fine si possono pagare care.
Il killer di Berlino "si stava dirigendo vero la Sicilia"
Londra, 28 dic 08:45 - (Agenzia Nova) - Secondo gli inquirenti italiani, Anis Amri, il tunisino alla guida del tir della strage di Berlino, ucciso in una sparatoria con la polizia vicino Milano, era diretto in Sicilia, dove ha scontato una condanna in carcere tra il 2011 e il 2015. I filmati delle televisioni a circuito chiuso di diverse stazioni, riferisce il quotidiano britannico "The Times", hanno mostrato i suoi spostamenti dalla Germania alla Francia all'Italia.
Roma tenta di ricostruire l'itinerario di Anis Amri
Parigi, 28 dic 08:45 - (Agenzia Nova) - I servizi anti-terrorismo italiani stanno lavorando alacremente per ricostruire l'itinerario ed i contatti di Anis Amri, l'autore della strage del 19 dicembre scorso in un mercatino natalizio a Berlino nelle quale 12 persone sono state uccise ed altre 45 ferite. Gli investigatori italiani ieri martedì 27 dicembre hanno diffuso una sequenza video ripresa dalle telecamere di sorveglianza della Stazione centrale di Milano nella notte del 23 dicembre, in cui appunto si vede il terrorista poche ore prima che fosse fermato da una pattuglia della polizia e fosse abbattuto nel corso del successivo scontro a fuoco. A preoccupare i servizi anti-terrorismo sono soprattutto i contatti che hanno aiutato Amri a muoversi così liberamente attraverso tre Stati europei.
Attentato di Berlino: una telecamera ha ripreso Anis Amri a Milano
Berlino, 28 dic 08:45 - (Agenzia Nova) -
Una telecamera di sorveglianza della stazione ferroviaria di Milano ha confermato che il sospetto attentatore di Berlino, il 24enne tunisino Anis Amri, era a Milano alle 00:58 la sera di venerdì, prima di essere ucciso in un conflitto a fuoco con la Polizia che lo aveva fermato per verificarne le generalità. Secondo gli inquirenti italiani, Amri era diretto in Sicilia.
PANORAMA INTERNAZIONALE
Germania: dibattito sulla sicurezza dopo l'attacco di Berlino
Berlino, 28 dic 09:38 - (Agenzia Nova) -
I cristiano-democratici tedeschi (Csu) chiedono una massiccia espansione della normativa sulla sicurezza in Germania. Dopo l’attentato di Berlino, diversi politici dell’Spd si sono detti disponibili ad estendere la videosorveglianza e a concedere gli arresti preventivi per gli individui considerati “pericolosi”. Il Senato “verde-rosso-rosso” della città di Berlino, però, ha bollato come “assurde” le nuove misure di sicurezza. La Csu ha dichiarato in un documento conclusivo della riunione tenuta presso il monastero di Seeon dal 4 al 6 gennaio che “garantire la sicurezza e la libertà è il presupposto fondamentale per il funzionamento della legge”. Il documento approvato dal partito richiede inoltre la condivisione dei dati e la loro conservazione fino a 14 anni, oltre che il monitoraggio di Internet, e l’edificazione di centri di transito per i migranti che giungono in Germania, ai confini del paese e non solo. La Ue dovrebbe inoltre migliorare lo scambio dei dati. La Grande coalizione discute dell’eventuale espansione della videosorveglianza, e il portavoce per la politica interna dell’Spd presso il Bundestag, Burkhard Lischka, ha esortato il Governo di Berlino in tal senso. “Questo aiuterà nelle indagini sulla criminalità”, ha dichiarato alla “Rheinische post”. Il vicepresidente dell’Spd, Ralf Stegner, ha dato disponibilità alla detenzione preventiva per gli individui pericolosi. Critiche sono invece giunte dal vice capogruppo dei Verdi in Parlamento, Konstantin von Notz, riferite alla “Berliner Zeitung”, mentre quello della Linke, Jan Korte, ha accusato la Csu di volersi sbarazzare della società aperta in Germania e di “voler proseguire nella direzione di uno Stato di sicurezza preventiva”.
Il Papa vuole metter fine alle divisioni, ma i cattolici cinesi temono di essere "assorbiti" da Pechino
Parigi, 28 dic 09:38 - (Agenzia Nova) -
Papa Francesco sembra determinato a porre fine alla separazione tra i circa 12 milioni di cattolici cinesi, divisi pressoché a metà tra quelli "ufficiali" autorizzati dal governo di Pechino e quelli "clandestini" che fanno riferimento al Vaticano e sono a malapena tollerati dal regime comunista. Dopo aver ripreso i contatti nel 2014, la Santa Sede ha accelerato i negoziati con il governo cinese, con l'obbiettivo di ripristinare le relazioni diplomatiche interrotte nel lontano 1951. Contatti e negoziati sono stati intensificati in occasione della Assemblea cattolica patriottica, che si tiene a Pechino oggi mercoledì 28 dicembre e domani giovedì 29 sotto l'egida e lo stretto controllo del Partito comunista cinese. Tutto ciò suscita speranze ma anche timori tra i cattolici cinesi, come riferisce il corrispondente da Pechino Cyrille Pluyette in una serie di articoli e reportage pubblicati tra ieri ed oggi dal quotidiano francese "Le Figaro".
Francia, nel 2016 forte calo degli atti anti-ebraici ed anti-musulmani
Parigi, 28 dic 09:38 - (Agenzia Nova) -
Dopo un 2015 caratterizzato in Francia da un marcato aumento degli atti anti-ebraici ed anti-musulmani, il 2016 ne ha invece registrato una forte diminuzione: lo scrive il quotidiano "Le Figaro" citando i dati raccolti dal governo. Nel 2015 erano stati denunciati 808 episodi contro gli ebrei e le istituzioni ebraiche, mentre tra gennaio e novembre 2016 ne sono stati recensiti 294, con una riduzione del 65 per cento; simile il calo dei gesti islamofobi registrati nel 2016: 173 casi, con un calo del 60 per cento rispetto ai 429 denunciati nel 2015. Si tratta tuttavia, avverte il "Figaro", di dati provvisori. E comunque i rappresentanti dei due culti invitano a prenderli con le molle: il presidente del Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (Crif), Francis Kalifat, sostiene infatti che dopo gli attentati e le stragi ci sia una sorta di "assuefazione agli insulti ed alle minacce anti-ebraiche", che perciò non vengono più denunciati. Da parte sua il segretario generale del Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm), Abdullah Zekri, ricorda che nel 2014, gli atti anti-musulmani erano stati 133 e che quindi il dato del 2016 testimonia comunque "un reale problema di stigmatizzazione" dell'Islam in generale. Entrambi i rappresentanti delle due religioni sentiti dal "Figaro", in compenso, riconoscono l'efficacia delle forze dell'ordine nella protezione dei luoghi di culto: la presenza di poliziotti e soldati dell'esercito sono a loro parere uno strumento essenziale per dissuadere terroristi e criminali come per rassicurare i fedeli.
Medio Oriente, il segretario di Stato Usa Kerry avanzerà una proposta di pace
New York, 28 dic 09:38 - (Agenzia Nova) -
Il segretario di Stato Usa, John Kerry, terrà un discorso oggi per illustrare un’ultima volta la visione dell’amministrazione presidenziale Obama per un accordo di pace tra israeliani e palestinesi dopo il fallimento dell’iniziativa del 2014. Kerry, il cui mandato scadrà tra tre settimane, intende fare chiarezza in merito a “alcune delle critiche fuorvianti” mosse alla presidenza in carica, specie dopo la decisione della Casa Bianca di avvallare con l’astensione la risoluzione n.2334 del Consiglio di sicurezza Onu che condanna gli insediamenti ebraici nei territori occupati della Cisgiordania e a Gerusalemme Est. L’annuncio di Kerry pare chiamare direttamente in causa il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha accusato gli Usa di aver “orchestrato” la risoluzione della scorsa settimana, cui Washington non ha opposto il veto. Stando a fonti del dipartimento di Stato Usa citate dal “New York Times”, Kerry citerà altre occasioni in cui gli Usa concessero la votazione di risoluzioni simili da parte del Consiglio di sicurezza, ma di fatto sferrerà un secondo attacco a Tel Aviv, dichiarando che con la sola eccezione di Israele “esiste un consenso internazionale totale” contro la costruzione di nuovi insediamenti nei territori arabo-palestinesi. Kerry, spiegano le fonti , voleva tenere da tempo un discorso di natura programmatica sulla questione israelo-palestinese, ma era stato frenato dalla Casa Bianca, che riteneva l’idea un elemento di pressione eccessivo su Tel Aviv. Il segretario di Stato aveva inizialmente deciso di tenere il discorso la scorsa settimana, prima del voto del Consiglio di sicurezza, ma aveva rimandato dopo l’iniziale titubanza dell’Egitto, primo firmatario della bozza di risoluzione sugli insediamenti. Altri quattro paesi hanno poi deciso di farsi carico della bozza di risoluzione, presentandola al Consiglio di sicurezza che l’ha approvata. Washington nega che i quattro paesi abbiano agito su pressione degli Stati Uniti, come invece sostiene Netanyahu. La decisione del presidente Usa Barack Obama di avvallare la risoluzione contro Israele è oggetto di pesanti critiche da parte del quotidiano “Wall Street Journal”, che vi dedica diversi editoriali parlando di un “tradimento” e di “una pugnalata al petto” a Israele. Secondo John Bolton, dell’American Enterprise Institute, la risoluzione non risponde affatto alla politica bipartisan degli Stati Uniti in merito alla questione mediorientale, come affermato da Obama. Il documento respinge invece a suo dire la precedente risoluzione 242, che riconosceva a tutti i paesi, Israele incluso, di “vivere in pace entro confini riconosciuti e sicuri, liberi da minacce o da atti di forza”. Secondo Bolton la risoluzione n.2334, non ammettendo alcuna modifica ai confini precedenti al Guerra dei sei giorni (1967), priva Israele dello strumento di mediazione noto come “territorio in cambio di pace”, e consente ai paesi europei di imporre autonomamente sanzioni a carico di Israele; ciò costituisce, secondo l’autore dell’editoriale, “una licenza a ostracizzare Israele dal sistema economico internazionale”.
Usa-Giappone, storica visita del premier giapponese Abe a Pearl Harbour
Tokyo, 28 dic 09:38 - (Agenzia Nova) - Il primo ministro giapponese, Abe Shinzo, e il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, hanno compiuto ieri uno storico pellegrinaggio all’USS Arizona Memorial di Pearl Harbor, il monumento che commemora le vittime dell’attacco a sorpresa con cui 75 anni fa il Giappone aprì le ostilità contro gli Usa, catapultandoli nella Seconda guerra mondiale. All’evento dedicano ampio spazio la stampa giapponese e statunitense. La visita di Abe, la prima di un premier giapponese a Pearl Harbour, richiama quella effettuata lo scorso maggio da Obama a Hiroshima, una delle città giapponesi colpite dalle bombe atomiche statunitensi. “Come primo ministro del Giappone, offro le mie più sincere e durature condoglianze alle anime di chi ha perso la vita qui, e agli spiriti di tutti gli uomini e le donne coraggiosi vittime della guerra iniziata in questo luogo”, ha detto Abe. Il primo ministro non si è scusato direttamente per l’attacco – così come Obama non si era scusato per l’impiego delle armi atomiche da parte del suo paese – ma ha lanciato un appello a “non ripetere mai più gli orrori della guerra”. Altri capi di governo giapponesi hanno visitato Pearl Harbor in passato, ma Abe è stato il primo a visitare il memoriale costruito sulle acque dove affondò la nave da guerra Uss Arizona, bombardata dagli aerei della Marina imperiale giapponese. Abe e Obama hanno deposto due corone di gigli ai piedi del monumento; più tardi, Obama lo ha definito un luogo sacro, ed ha dichiarato che “anche le più profonde ferite di guerra possono far spazio all’amicizia e alla pace duratura”. Il presidente Usa e il premier giapponese hanno conversato con alcuni degli anziani reduci sopravvissuti all’attacco giapponese del 7 dicembre 1941. !Questa visita, così come la visita del presidente a Hiroshima, sei mesi fa, non sarebbe stata possibile otto anni fa. Il fatto che siamo qui oggi è il risultato di anni di sforzi a tutti i livelli da parte dei nostri governi e delle nostre società, che ci hanno consentito di affrontare direttamente e reciprocamente gli aspetti più sensibili e dolorosi della nostra storia comune”, ha dichiarato Daniel Kritenbrink, consigliere di Obama per l’Asia Orientale. Il quotidiano “Asahi” cita Tamaki Tsukada, funzionario dell’ambasciata giapponese a Washington: “C’è una sorta di senso di colpevolezza, tra i giapponesi, una ‘sindrome di Pearl Harbor’ che ci porta a pensare di aver fatto qualcosa di profondamente sbagliato. Credo che la visita del primo ministro (…) possa portare in un certo senso a un’assoluzione”.