Il quartier generale della European Medicines Agency (EMA) a Londra (foto via Facebook)

Come funziona il "casting per la nuova sede dell'Ema

Redazione

La rassegna della stampa internazionale sui principali fatti che riguardano da vicino il nostro paese. Oggi articoli di Financial Times, Sueddeutsche Zeitung, Faz, Figaro

Il “casting" per la nuova sede dell'Agenzia del farmaco

Berlino, 20 nov 08:35 - (Agenzia Nova) - Verrà decisa oggi a Bruxelles dove collocare le sedi dell’Autorità bancaria europea (Eba) e dell’Agenzia europea del farmaco (Ema), che dovranno essere trasferite da Londra dopo la Brexit. La Germania ha candidato Francoforte per l’Eba e Bonn per l’Ema, ma solo Francoforte ha serie opportunità. Le due autorità impiegano un totale di quasi 1.100 dipendenti, e le candidature sono ben 27. Per l’Ema è data favorita Bratislava, ma la maggior parte dei dipendenti dell'agenzia non apprezza tale opzione. Fra le caratteristiche richieste c’è l’accessibilità, la presenza di scuole internazionali per i figli dei dipendenti, l’accesso al mercato del lavoro e all’assistenza sanitaria per i parenti. Da considerare c’è anche la “distribuzione geografica”. Chi non ha mai ospitato un’Istituzione europea dovrebbe avere maggiori possibilità. Vienna, Dublino e Parigi sono i maggiori concorrenti di Francoforte, mentre per l’Ema ci sono Milano e Amsterdam, ma la Slovacchia non ha mai ospitato istituzioni. Secondo un sondaggio effettuato fra 900 dipendenti dell’Ema, oltre il 70 per cento ha detto che si cercherebbe un nuovo lavoro in caso di vittoria di Bratislava.

Leggi l’articolo del Sueddeutsche Zeitung

L'Italia prepara una web-tax per colpire i giganti Usa di internet

Londra, 20 nov 08:35 - (Agenzia Nova) - L'Italia sta per approvare una tassazione sulle transazioni digitali, ponendosi alla testa di una tendenza che in Europa chiede di rendere conto ai giganti Usa del web su come e dove versano le imposte sui loro profitti: lo riferisce il quotidiano britannico "The Financial Times" commentando un emendamento alla Legge di stabilità che il Senato italiano discuterà questa settimana. Presentato dal Partito democratico (Pd) di centrosinistra, l'emendamento in questione introduce una cosiddetta "tassa di perequazione" del 6 per cento che gli acquirenti di "prodotti digitali immateriali", cioè servizi come ad esempio gli spazi pubblicitari, venduti nella Penisola da Google o Facebook, dovranno versare direttamente al Tesoro italiano: "Un attacco diretto alla elusione fiscale" ammette al "Financial Times" il senatore Pd Massimo Mucchetti, presidente della commissione Industria; se sarà votato dal Senato, l'emendamento dovrà poi essere approvato dalla Camera dei Deputati che prevedibilmente varerà l'intera Legge di stabilità alla fine del prossimo mese dicembre. Germania, Francia, Italia e Spagna, i quattro più grandi paesi Ue, hanno minacciato di procedere da soli se l'Ue non adotterà al più presto una legislazione comune sulla questione: la "tassa di perequazione" italiana potrebbe essere dunque la prima imposta sulle transazioni digitali applicata nell'Unione Europea. "La web tax è inevitabile e politicamente molto attraente" dice al quotidiano britannico il professor di Economia digitale Paolo Cellini dell'Università Luiss di Roma; le grandi compagnie tecnologiche statunitensi, spiega, sono un "obbiettivo perfetto" e sono "pressoché indifendibili": "Infatti non pagano tasse, non creano posti di lavoro e sono stranieri che portano all'estero il denaro guadagnato" nei paesi europei. Naturale quindi che in Italia la "tassa di perequazione" stia incontrando scarsa opposizione; inoltre permette al Pd di Matteo Renzi, che se n'è fatto promotore, di gettare un ponte verso l'estrema sinistra in vista delle elezioni politiche della prossima primavera. Per il momento i giganti tecnologici Usa, contattati dal "Financial Times", non hanno ancora reagito alla web tax italiana: finora comunque società come Amazon, Google ed Apple hanno sempre difeso lo status quo fiscale, avvertendo che l'introduzione di una tassazione sulle vendite online potrebbe danneggiare gli investimenti ed in ultima analisi i consumatori.

Leggi l’articolo del Financial Times

Banca Carige raggiunge un accordo sull’aumento di capitale

Berlino, 20 nov 08:35 - (Agenzia Nova) - La banca italiana in crisi Carige ha accettato di concordare con i principali azionisti un aumento di capitale da 500 milioni di euro, oltre a altri 60 milioni dagli obbligazionisti. Le nuove azioni saranno offerte da mercoledì prossimo fino al 6 dicembre. Un consorzio bancario internazionale, tra cui Credit Suisse, Deutsche Bank e Barclays Bank, si è impegnato ad acquistare le nuove azioni invendute. Le azioni della banca sono state ritirate dal trading sulla Borsa di Milano venerdì. Erano ancora quotate a 15 centesimi, mentre all’inizio del 2013 erano a 11 euro per azione. Banca Carige ha sede a Genova. Come molte altre istituzioni finanziarie italiane, soffre di un’alta percentuale di crediti inesigibili nei suoi libri contabili. Inoltre, a febbraio, un top manager è stato condannato per frode e riciclaggio di denaro. Le difficoltà di Carige hanno nuovamente alimentato i dubbi sul settore bancario italiano. Il governo italiano ha messo in atto in estate un controverso piano di salvataggio, che ha aiutato a risollevarsi la banca in crisi Monte dei Paschi di Siena.

Leggi l’articolo del Frankfurter Allgemeine Zeitung

La morte di Riina potrebbe scatenare una nuova guerra di mafia

Parigi, 20 nov 08:35 - (Agenzia Nova) - Secondo “Le Figaro” la morte del boss Totò Riina potrebbe causare una nuova guerra di mafia. Tra i possibili pretendenti al posto di nuovo capo della “Piovra” c’è Salvo, figlio 40enne di Totò, e il latitante Matteo Messina Denaro. Quest’anno sono stati liberati 333 mafiosi dopo aver scontato le loro pene. “Una potenziale riserva criminale” indica il quotidiano, anche se per il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, il tempo dei grandi capi “è passato”, mentre il procuratore di Palermo, Franco Lo Voi, stima che “è troppo presto per fare dei nomi”.

Leggi l’articolo del Figaro

 


PANORAMA INTERNAZIONALE


 

Difesa europea: asse Francia-Italia per l'industria navale, marginalizzati i cantieri tedeschi

Berlino, 20 nov 08:35 - (Agenzia Nova) - L'integrazione europea della Difesa sta accelerando sul fronte politico e industriale. Il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron hanno deciso la scorsa estate di avviare lo sviluppo congiunto di un nuovo aereo da caccia, e l'Ue ha avviato il progetto di un drone europeo. L'industria tedesca, però, è debole sul fronte dei cantieri navali: francesi e italiani hanno deciso di fondere il gruppo Naval e Fincantieri, ma senza i tedeschi. Gli italiani costruiscono sia navi militari che navi da crociera. Al contrario, il gruppo francese costruisce principalmente corvette, fregate, navi molto grandi e sottomarini a propulsione nucleare. In un’intervista con il quotidiano “Handelsblatt” Hervé Guillou, ad del gruppo Naval, non esclude un'ulteriore ampliamento dell'alleanza alla Germania: “La porta per i tedeschi non è chiusa”, ha dichiarato. Dieci anni fa era fallita una fusione con ThyssenKrupp Marine Systems (Tkms), ma oggi è più complicato rischiare un nuovo inizio, in parte perché Tkms ora è molto più piccola e più specializzata. “Questo rende più difficile trovare un equilibrio”, ha sottolineato il manager francese. Inoltre, i due gruppi sono acerrimi rivali da un decennio, come nel caso del contratto da un miliardo di dollari per i sottomarini australiani vinto dai francesi. Guillou ritiene “più urgente che mai che l’Europa diventi più sovrana nella sua Difesa”. L’Europa si trova di fronte a nuove minacce e incertezze, alle politiche di potenza di Russia e Cina e al possibile allontanamento di Stati Uniti e Regno Unito. Il mercato mondiale delle navi da guerra è completamente cambiato, e la posizione dominante degli europei è svanita. “Gli europei sono ancora più frammentati rispetto a prima, e ci sono molti concorrenti dall’Asia o dalla Turchia”, sottolinea Guillou. La Francia reagisce facendo uno sforzo congiunto con l’Italia. Una completa fusione dei due costruttori navali non è attualmente in oggetto, quanto piuttosto “lavoriamo ad un’alleanza sul modello Renault - Nissan, o sul modello Airbus”, precisa Guillou. Ogni paese ha interessi strategici vitali nelle proprie società, “nel nostro caso è la componente nucleare”, quindi la piena fusione non è attualmente parte del mandato. I partner puntano a una quota incrociata del dieci percento ciascuno. Progetti comuni e sinergie dovrebbero suggellare la volontà di cooperare. Il tutto potrebbe arrivare a compimento entro giugno 2018. “Con Fincantieri, partner storico del gruppo Naval, vediamo un futuro comune e di sinergie. Non costruiremo le stesse navi, ma useremo tutti i componenti comuni e specializzati”. Gli italiani sono all'avanguardia nei sistemi di stabilizzazione del moto ondoso, mentre il gruppo navale nell’armamento e nei sistemi di comando. Ciascuno investirà circa 100 milioni di euro per la ricerca e lo sviluppo. “L’industria tedesca non può finanziare un prodotto in maniera del tutto autonoma”, ritiene Guillou. “Si potrebbero immaginare simili alleanze e la costruzione di navi, o di droni, come l’inizio di una forza d’intervento europea”.

Leggi l’articolo del Handelsblatt

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