Lezioni di immunità da Amato e Barbera (memoria lunga)

Redazione

    Al direttore - L’Europa non combatterà più a mani nude. Direttamente coi mongherini.
    Maurizio Crippa

     

    Al direttore - Riporto testualmente dal “Manuale di diritto pubblico” di Giuliano Amato e Augusto Barbera, 1986. La norma cui si fa riferimento è l’articolo 68 della Costituzione nella formulazione originaria voluta e difesa dal giurista costituente Costantino Mortati. “E’ da avvertire che l’uso che di questa norma è stato fatto, soprattutto nelle prime legislature repubblicane, non sempre si è limitato a questa ratio di tutela, finendo spesso per costituire una condizione di particolare privilegio per parlamentari così sottratti a processi che non avevano nulla di artificioso o di persecutorio in funzione antiparlamentare. Ma la logica della disposizione costituzionale è quella indicata, tutt’altro che inattuale oggi in presenza di una elevata politicizzazione e di forme di ‘protagonismo’ della magistratura: peccano perciò di leggerezza talune proposte drasticamente abolitive, mentre quel che è necessario vincolare è il rispetto dei termini previsti dagli stessi regolamenti delle Camere e dello scopo specifico ed eccezionale dell’immunità parlamentare”. Immunizzateci tutti.
    Annalisa Chirico

     

    Al direttore - Ecco l’immunità e tutti a nascondere la mano, e non riesco a non stare con Anna Finocchiaro, relatrice del testo: in compagnia di Calderoli, condizione malaugurata e perfetta per l’accanimento rituale. Stavolta, anche Forza Italia si accoda alle torme di vocianti che protestano contro lo scandalo di una classe politica che osi tutelarsi dagli attacchi giudiziari per mezzo di uno scudo, e Renzi sembra essere disposto a qualsivoglia baratto, con invidiabile leggerezza. Roberto Speranza: “Non mi sembra comunque una questione centrale”. Boschi? Idem. Secondo altri – i costituenti, per esempio –, quella era una questione piuttosto centrale, invece. Se hanno bisogno di uno che ci metta la faccia, mi facciano uno squillo, vengo io. Certo, non sarà facile, dopo un ventennio di barbarie, di diseducazione civica e di macabre esecuzioni tribali, ma dovremo trovarlo, prima o poi, uno che sia disposto a farsi macellare pubblicamente e che trovi il coraggio di dire le cose come stanno e come dovrebbero stare.
    Paolo Bonari

     

    Al direttore - Gran dibattere, disquisizioni a non finire se ammettere o no l’istituto dell’immunità parlamentare per i senatori del senato riformato. Posso sbagliarmi, ma credo che quell’istituto, nato a garanzia dell’eletto dal popolo contro le prevaricazioni del potere, non abbia nulla a che fare con parlamentari (in questo caso, senatori) non eletti ma (nonostante quel che si dice in giro), nominati, scelti (non so neppure da chi). Cordialmente.
    Angiolo Bandinelli

     

    Al direttore - La parola che sembra ormai avere un valore taumaturgico, se non soporifero, è “flessibilità”. Non è bello gettare un po’ d’acqua fredda in una diffusa euforia perché il portavoce di Angela Merkel si è detto favorevole a un’applicazione flessibile delle regole dei Trattati Ue, ma immediatamente ha aggiunto che non vi potrà essere alcuna modifica delle norme e questo concetto lo ha ribadito, poi, puntualmente la stessa cancelliera al suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, rigorosissimo custode dell’austerity. Allora, per chi, come l’Italia, ha chiesto già di avvalersi della flessibilità con lo slittamento del pareggio di bilancio e ipotizza di ricorrere alla clausola, anche questa, di flessibilità per investimenti, impiegando la differenza tra il rapporto deficit/pil conseguito e il tetto del 3 per cento, in cosa consiste la novità? Forse negli accordi contrattuali per le riforme? Ma questa non era già da tempo un’idea della Germania, la cui discussione è stata poi rinviata a settembre? Poiché si esclude la “golden rule”, nonché la revisione anche solo di qualche aspetto maggiormente patologico del Fiscal compact, non stiamo assistendo alla santificazione della polisemia di un’espressione, buona a tutti gli usi? O a un ossimoro? Le altre misure di cui scrive Claudio Cerasa, sul Foglio del 24 corrente, in una puntuale rassegna del fattibile (project bond, bilancio Eurozona, cofinanziamenti, etc.), non rientrano sotto il titolo della flessibilità. E, allora, non si rischia un equivoco incolpevole o voluto, innanzitutto nei policy maker?
    Angelo De Mattia