Renzi e il Pd che supporta ma non sopporta. Pianosa, insistiamo
Al direttore - Lei ha ragione, olio di gomiti e tanto scarpinare. Ma non è sufficiente il consenso popolare. Le vicende di Berlusconi lo dimostrano e quelle del Renzi attuale, anche se connotate diversamente, lo ribadiscono. Partito ricompattato, elezioni, bene, sai meglio di me che qualsiasi possa essere il risultato, lo stesso sarebbe avvinghiato dai tentacoli del sistema. Matteo Renzi o chi per lui si troverebbe contro l’elemento di fondo, la convinzione assurda, irrealizzabile, impossibile: quella di una schiera di alcolizzati che pensano, credono, perché glielo hanno fatto credere tutti gli interessati vignaioli, di poter staccarsi dal vizio senza staccarsi dalla bottiglia. Le piace la metafora?
Moreno Lupi
Se proprio dobbiamo parlare di Pd, l’unica cosa da dire qui è una: Renzi ha il problema non banale che il suo partito lo supporta ma non lo sopporta. Fino a che non riuscirà a cambiare questo Renzi non riuscirà a cambiare non solo il suo partito ma anche l’Italia.
Al direttore- L’idea di un “Corpo volontario di sicurezza e fraternità”, lanciata su queste colonne da Giuliano Ferrara, mi è piaciuta molto. Se sull’immigrazione l’Europa non c’è (e temo che non ci sarà per lungo tempo), e siamo costretti ad affrontare l’emergenza da soli, allora il governo metta in campo un grande progetto che “segni in modo positivo l’esistenza di uno stato d’eccezione”. Ben detto. Ferrara ha richiamato l’esperienza americana denominata Peace Corps, una forma di impegno civile nata con Kennedy nel 1961. La storia del servizio civile negli Usa parte infatti da lontano, e si basa sull’incrocio tra impegno comunitario e incentivo pubblico. Si lavora per un gruppo o per una chiesa e ci si occupa di ambiente, povertà, alfabetizzazione, immigrati e di tutte le altre attività classiche che sono un pilastro della coesione sociale. In Italia, di una sorta di “volontariato obbligatorio” (felice ossimoro) ne aveva parlato Ernesto Rossi già nell’immediato Dopoguerra. Paolo Sylos Labini all’inizio degli anni Ottanta avanzò la proposta di un “esercito del lavoro” (sostitutivo della leva militare), coerente con la prospettiva di una società di cittadini attivi. Altro che reddito di cittadinanza! Un anno fa il nostro premier ha annunciato, accanto alla riforma del Terzo settore, la creazione di un “Servizio civile nazionale universale “aperto ai giovani (anche stranieri), e finalizzato alla “formazione di una coscienza pubblica”. Non se ne è saputo più nulla. Il presidente del Consiglio ha promesso che, da ora in avanti, si tornerà al Renzi 1. Bene, allora sulla questione dei migranti non può più navigare a vista. Bisogna cambiare rotta, e quella suggerita da Ferrara mi pare – politicamente e culturalmente – più promettente del “chiacchierificio” inconcludente della sinistra buonista, una vera manna per Salvini.
Michele Magno
Sì, può funzionare: noi mettiamo a disposizione dei migranti la nostra capacità di accoglienza, le nostre forze militari, i nostri Peace Corps, i nostri spazi (cominciamo da Pianosa), ci impegniamo a raccogliere e accogliere il flusso migratorio in arrivo sulle nostre coste, ci impegniamo a redistribuirlo noi, in giro per l’Europa, e l’Europa, in cambio, oltre che accettare la redistribuzione ci paga letteralmente un servizio che solo noi possiamo fare attraverso uno sconto sul deficit e attraverso la possibilità di poter rivedere i nostri criteri di bilancio. Non esiste un esercito europeo, e questo lo sappiamo, ma può esistere un esercito a servizio dell’Europa che può togliere molte castagne sul fuoco e che alla fine ci potrebbe persino convenire. Pensarci. Può funzionare
Al direttore - “Non tradire nessuno per comprare il proprio futuro. Questo, miei cari, si chiama integrità. Questo è chiamato coraggio. Ed è questa la stoffa di cui un leader dovrebbe essere fatto”. E’ una citazione celebre da un famoso monologo di Al Pacino, tratto dal finale di “Shent of a Woman”. Parole condivisibili al cento per cento, perché un leader, un uomo vero secondo la divisione in categorie che Sciascia mette in bocca a Don Mariano, quando si trova di fronte alle difficoltà più dure, fa quadrato attorno ai suoi, compatta e guarda avanti. Un vero leader non getta la croce addosso ai più deboli, ai bersagli facili della sua fazione e tantomeno li usa come arma di ricatto. Felice il paese che non ha bisogno di eroi, ma sventurato quello che non riesce ad allevare dei leader nel proprio seno.
Marco Lombardi
Al direttore - Dopo lo scoop sui temi dell’enciclica verde di Francesco, la Santa Sede ha revocato l’accredito in Sala Stampa al vaticanista dell’Espresso. La chiesa, come tutti sanno, è mater et magistra. Mica Magister.
Gino Roca
Al direttore - Socialismi: Gabriel, segretario Spd: “Non devono essere i tedeschi a pagare per gli errori del governo comunista greco”.
Guido Alberto Piccinini
Al direttore - Ancora la balla dell’uniti si vince. Uniti per fare cosa? E avete idea di quanti sarebbero da “unire”? Tanto per abbozzare un elenco non esaustivo: Forza Italia, Lega nord e Autonomie, Lega dei popoli, Noi con Salvini, Unione di centro, Nuovo centrodestra, Fratelli d’Italia, Nuovo Psi, Riformisti italiani, Partito Liberale Italiano, Popolari per l’Italia, Popolari per il Sud, Noi sud e una pletora di liste locali. Poi: “Non votate i partitini”, “Non ho potuto realizzare il mio progetto politico per colpa degli alleati”.
Roberto Cattani
Sono contro le ammucchiate, ma se il sistema elettorale è concepito per poter fare le ammucchiate bisogna tenerne conto. E con le ammucchiate il centrodestra è ancora competitivo.
Il Foglio sportivo - in corpore sano