Il ddl Cirinnà no, no e no. Noi vogliamo il referendum
Al direttore - La Banca centrale del Giappone ha deciso di abbassare i tassi ufficiali sotto lo zero, per rilanciare l’economia e fare risalire l’inflazione: un tentativo che sta durando da molto tempo e che appare abbastanza vittima della “trappola della liquidità”. Vedremo se e come il Giappone se la caverà. Intanto questa annosa vicenda parla anche all’Europa e all’Eurozona, pur essendovi quivi condizioni abbastanza diverse dal Giappone. Ma segnala, se ve ne fosse bisogno, che la manovra monetaria più che doverosa della Bce, da rafforzare ancora, richiede tuttavia, per non correre il rischio che a poco a poco si profili una sindrome giapponese, che si compiano quelle scelte forti in campo economico e sociale di cui ha scritto Giuliano Ferrara nel Foglio del 29 gennaio, insieme con l’esigenza di rivedere i Trattati e di immaginare nuove soluzioni istituzionali. Ferrara lo ha scritto come rimedio alla mancanza di una visione di lungo respiro che palesano le élites europee. Ma vale anche per l’immediato. La migliore pratica che gli sherpa possono istruire per le riunioni nelle sedi comunitarie, di cui Giuliano scrive, è proprio quella dell’urgenza di una svolta economica, non di rabberciature flessibili e temporanee.
Angelo De Mattia
Al direttore - La famiglia resta, a oggi, l’asse portante dell’organizzazione sociale per quasi tutte le popolazioni del mondo. Questo accade nonostante la graduale maturazione delle nostre comunità locali verso l’assetto delle grandi società cosmopolite, meno interessate a ribadire l’importanza della famiglia nello sviluppo di una società efficiente. La famiglia riveste grande importanza anche da un punto di vista economico: oltre che grande ammortizzatore sociale nei momenti di crisi, è anche un motore in grado di rivitalizzare i consumi e far ripartire l’economia. Possiamo dire che fare famiglia e avere figli non è solo un passo che contribuisce al nostro futuro, ma è anche uno strumento che contribuisce allo sviluppo collettivo. Sono tanti i politici che abbiamo visto sfilare durante le varie edizioni del Family Day, ma quali azioni concrete vengono attuate una volta che l’evento giunge a conclusione? Se è vero che da un lato i trasferimenti statali diminuiscono costantemente, dall’altro la politica è chiamata a sostenere le famiglie con un sistema di welfare che protegga le mamme e i papà. Bisogna costruire politiche per la famiglia, intesa come nucleo originario e come sede naturale della procreazione, e non solo per i singoli individui. E’ necessario intervenire per sostenere le situazioni più difficoltose, quali i nuclei mono-genitoriali e soprattutto chi sceglie di avere tanti bambini, attraverso l’introduzione del quoziente familiare nella tassazione locale e nazionale. Promuovere la famiglia naturale e sostenerla come nucleo significa avere l’ardire di sostenere un valore: quello dell’unione di due persone, che nonostante le difficoltà portano avanti un progetto e si battono per costruire il futuro collettivo. Il relativismo che domina il nostro paese è anche frutto della mancanza di consapevolezza che da soli non si va da nessuna parte, mentre con una famiglia e dei valori alle spalle si possono superare tutti gli ostacoli.
Nicolò Mardegan
Il principio è che lo stato deve tutelare la famiglia, non deve tutelare l’amore, ma affermato questo principio tocca ancora augurarsi che il ddl Cirinnà faccia una brutta fine per una ragione su tutte: il matrimonio tra persone dello stesso sesso non lo introduci a colpi di cavilli ma lo introduci con una battaglia limpida, a viso aperto. Vogliamo il referendum.
Al direttore - Dopo la decisione del Consiglio affari generali del 20 luglio 2015, con la quale si sono poste le basi per l’adozione di una misura commerciale autonoma consistente in un contingente tariffario senza dazio, temporale e unilaterale di 35.000 tonnellate all’anno per le esportazioni tunisine di olio di oliva nell’Unione europea (che si sommano alle attuali 56.700 tonnellate), abbiamo presentato una risoluzione in commissione Agricoltura alla Camera per impegnare il ministro Martina a intervenire con urgenza per ritardare la proposta. Siamo ben coscienti che la Repubblica tunisina sia uno dei paesi con il maggior numero di giovani che sposano la causa jihadista, specie dopo il rapido tradimento delle speranze coltivate a seguito della Primavera araba e della conseguente gravissima crisi occupazionale, sono caduti in un’interpretazione dell’islam troppo radicale da poter essere sconfitta con la sola forza delle braccia. Proprio per questo è indispensabile che l’Unione europea intervenga a sostegno della creazione di posti di lavoro: tuttavia tale obiettivo può essere conseguito attraverso la predisposizione di particolari programmi di aiuto da iscriversi nell’ambito dell’accordo euro-mediterraneo di associazione e a cui destinare anche le risorse derivanti dal mantenimento dei dazi, posto che, comunque, la loro mancata riscossione avrebbe una incidenza negativa sul bilancio comunitario. L’utilizzo da parte dell’Ue di strumenti di politica commerciale a sostegno della stabilità dei paesi beneficiari, oltre a danneggiare spesso le produzioni degli stati membri come nel caso delle sanzioni imposte alla Russia a seguito della crisi con l’Ucraina, non consente la rimozione delle cause strutturali della disoccupazione, non favorisce programmi di sviluppo endogeno in grado di eliminare le dinamiche di esclusione. Anzi, rischia di favorire fenomeni speculativi poiché, come noto, a beneficiare principalmente delle misure in questione saranno i grandi gruppi industriali a cui fa capo la produzione tunisina di olio di oliva e nessuna certezza può aversi, a oggi, circa le eventuali ricadute positive sui tassi di occupazione giovanile nazionale.
Filippo Gallinella, Giuseppe L’Abbate, Deputati M5S Commissione Agricoltura
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