Bankitalia e gli alleati di Renzi sul referendum. Manca solo il Cav.

Redazione

    Al direttore - Stefano Cingolani presenta un quadro che tocca i punti fondamentali delle “Considerazioni finali” del Ggovernatore Ignazio Visco (il Foglio del 1° giugno). Non credo, però, che Visco avrebbe fatto bene a trattare del referendum costituzionale – come alcuni opinionisti avrebbero voluto – addirittura schierando la Banca d’Italia per l’indicazione del tipo di voto (quelli che rilevano questa presunta lacuna nelle “Considerazioni” verosimilmente pensano a uno schieramento per il “Sì”).  Sarebbe stato un grave “détournement” istituzionale, la configurazione dell’Istitituo per sempre come “parte”, l’innesco di infinite polemiche; si sarebbero tagliati i ponti con una secolare tradizione di “terzietà” su temi che, pur riguardando interessi generali, risultano di alta sensibilità politico-partitica.  E’ decisamente approvabile che la relazione sia rimasta alla larga da questi rischi. Con i più cordiali saluti.
    Angelo De Mattia

     

    Bankitalia non lo ha fatto esplicitamente, è vero, ma dubitiamo fortissimamente che la Banca centrale italiana sia sfavorevole alla riforma costituzionale. Visco oggi è un alleato del renzismo di governo, così come lo è Mario Draghi, così come lo è Sergio Mattarella, così come lo è il ministro Padoan, così come lo è Angela Merkel. Tutti chiedono che si faccia più di quello che si sta facendo ma alla fine tutti convergono sul fatto che un paese non riformato dal punto di vista costituzionale è un paese che non si riformerà mai dal punto di vista delle dinamiche produttive. Come dargli torto?

     

    Al direttore -  Giovedì mattina, con Eugenia Roccella, Malan e Gasparri, Quagliariello e Formigoni,  Sacconi e Fucci, Molteni e Simonetti e altri colleghi abbiamo presentato in Cassazione il quesito referendario per abrogare la prima parte della legge sulle unioni civili. Lo avevamo detto, lo abbiamo fatto. Dopo le amministrative valuteremo quando far partire la raccolta firme. Non abbiamo seguito il suo consiglio e quello del fondatore ma confidiamo comunque nel sostegno di questo nostro giornale speciale. Perché noi foglianti non ci siamo mai fatti intimorire dalla forza degli avversari o dalle loro possibili ritorsioni né fermare dal calcolo delle possibilità di vittoria, se la causa era giusta. Cordialmente.
    Antonio Palmieri
    deputato di Forza Italia

     

    Al direttore - Il Cav. del “No”, mi domando da cittadina che lo ha votato a lungo, è sostenibile? No. A parte la fastidiosa sensazione dei giri di valzer intorno a una riforma che aveva voluto, ciò che lo mette nell’angolo è l’aver vestito i panni del catastrofico pessimista. La minaccia di un generico “regime”, non potendo più dire “comunismo”, palesa la sua debolezza politica e fa sospettare un certo disinteresse per le sorti della nazione a favore delle proprie, ancor più di quando era lui accusato di perseguire il “regime”. Perché il Cav. vinceva quando trasmetteva ottimismo, anche dall’opposizione. Ora si è fatto mettere nell’angolo come un anziano rancoroso e brontolone, da un nipote “incosciente e parolaio – dice il lettore Malossi – venditore di tappeti…”, ma che i tappeti è capace di farli volare esattamente come sapeva fare il primo Berlusconi. Inoltre, qualcuno di quei tappeti il ragazzo lo ha anche venduto benino e qualcosa  ha reso. Pretendere tutto, perfetto e subito è il modo sicuro per non ottenere mai niente.
    Paola Ceva

     

    Al direttore - Silvio Berlusconi ha attaccato la Confindustria di Vincenzo Boccia, per avere questi dichiarato il suo Sì alla riforma costituzionale. Il Cavaliere ha parlato di sudditanza degli industriali a Renzi. Mai affermazioni di Berlusconi sono state così dannose per una prospettiva di riformismo credibile dei moderati italiani. Boccia ha legato quel Sì non a ragioni ideologiche, ma all’urgenza strategica di rilanciare la produttività, da oltre vent’anni bloccata in Italia. E non solo la produttività relativa derivante dal contenimento dei costi di produzione, ma anche la produttività totale, nella quale rientrano anche l’efficienza, l’efficacia, la rapidità e lo snellimento delle istituzioni politiche dello stato periferiche e centrali. Se non ci sarà una contemporanea ripresa della produttività totale, difatti, anche quella relativa risulterà frammentata, fragile, non diffusa e non continuativa. Qui, sul terreno della produttività totale, si situa il legame oggettivo tra gli interessi delle forze produttive della nazione e la riforma costituzionale. Stupisce negativamente, dunque, che Berlusconi non entri nel merito delle linee programmatiche formulate dal neo presidente Boccia, lasciandosi andare a puro propagandismo di parte. Quanto sarebbe bene per l’Italia che il Cavaliere la smettesse di ridursi a politico dell’anti-politica grillina e riprendesse invece ad essere l’outsider dei moderati italiani.
    Alberto Bianchi