Roma tra acqua pubblica e capriole grilline sulle Olimpiadi

Redazione

    Al direttore - A Roma un successo, proprio tanta acqua pubblica.
    Giuseppe De Filippi

     

     

    Al direttore - Caro Cerasa, ma lei ha capito se alla fine Virginia Raggi dirà di sì alle Olimpiadi a Roma?
    Luca Maffei

     

    Proveranno a trovare un modo per dire di sì. Poi proveranno a spiegare che il no preventivo è stato un modo per ottenere qualcosa per la città. Non so se succederà davvero ma sarebbe uno spasso vedere i grillini difendere le Olimpiadi dopo averli visti già elogiare le lobby, le riunioni della Trilateral, i termovalorizzatori e dopo averli visti fermamente manifestare contro il giustizialismo, contro la macchina del fango, contro le inchieste a orologeria. Popcorn.

     

     

    Al direttore - A Renato Brunetta mi legano 30 anni di amicizia e di stretta collaborazione in tante iniziative che la sua fervida mente ha partorito nel frattempo. Almeno fino a quando le nostre strade non si sono divise sul piano politico, quando io – deputato del Pdl nella trascorsa legislatura – continuai a votare la fiducia al governo Monti (che ritenevo meritevole verso il paese) e accettai di seguire il professore nell’avventura di Scelta civica. Oggi dissento da Brunetta sul giudizio che dà di Stefano Parisi e della prospettiva politica che “l’incaricato’’ tenta di portare avanti. Soprattutto non credo che Renato possa resuscitare  lo “spirito del ’94’’ – per come si è sviluppato nel ventennio a egemonia berlusconiana – da un’alleanza con la Lega e Fratelli d’Italia (trascurando le frattaglie che parteciperanno ai suoi “stati generali’’). Quelle formazioni politiche non hanno più nulla da spartire con la Lega di Umberto Bossi  e con An di Gianfranco Fini. Il primo di questi partiti – tra il folclorismo della secessione poi  ridimensionato nel mito salvifico del federalismo – era una forza minoritaria. Dal canto suo, Alleanza nazionale aveva il problema di accreditarsi e di lasciarsi alle spalle un passato di isolamento. E Silvio Berlusconi aveva l’autorità e la forza per “sdoganare’’ entrambi i suoi alleati. Oggi le cose non stanno più in questo modo: la Lega di Salvini  è un movimento lepenista, antieuropeo, antieuro, violento a parole contro un fenomeno di natura strutturale come quello delle migrazioni. Fratelli d’Italia gli regge la coda. Non credo che i c.d. moderati – per quanto mi riguarda non lo farei mai – possano ritrovarsi in uno schieramento a trazione salviniana (Brunetta sa di correre ancora questo rischio?). Ecco perché il progetto di Parisi è convincente: è l’unico coerente e possibile. Certo, perché quella prospettiva si realizzi  occorrono dei profondi cambiamenti del quadro politico. Innanzi tutto che il sistema si liberi dell’ossessione di una legge elettorale maggioritaria che – come l’Italicum – rischia di consegnare il potere al M5s. Se ciò si determinerà, se la legge elettorale (grazie allo zampino della Consulta) favorirà l’incontro tra forze responsabili piuttosto che lo scontro tra coalizioni impresentabili, prenderanno consistenza e spessore, a referendum (comunque) concluso,  i tentativi di innovazione politica in atto nei due principali schieramenti: l’iniziativa di Stefano Parisi nel centrodestra con una netta presa di distanza da tutto quel che di peggio “passa il convento’’. Nel Pd, invece, si andrà risolutamente verso una scissione sulla sinistra. Il che significa che, quando si tornerà  a votare con una nuova legge (nel 2018?), si produrranno le condizioni per quella reale svolta che può dare stabilità al paese: un accordo tra la nuova Forza Italia e il Pd, affrancato dalla “ditta’’.
    Giuliano Cazzola

     

     

    Al direttore - Mi trovo a Londra in questi giorni terremotati. La distanza non attenua il dolore per la morte improvvisa e ingiusta. “Imponderable”, è stato il commento di un amico inglese. Amatrice e Accumoli sono nomi che rimbalzano nelle cronache locali, tre cittadini britannici hanno perso la vita sotto le macerie. La regina Elisabetta ha annunciato una donazione alla Croce Rossa. Con il movimento Fino a prova contraria siamo impegnati ad affermare la necessità di un sistema giudiziario efficiente e giusto. Passati i giorni delle lacrime e dello sgomento, desideriamo esprimere il nostro orgoglio nazionale per la straordinaria prova che i corpi dello stato, dalla Protezione civile ai vigili del fuoco, hanno offerto in operazioni di soccorso tempestive e difficili. Siamo stati bravi. L’Italia sa essere un grande paese. C’è poi un’altra riflessione che ci sembra utile. La scuola “antisismica” crolla, gli edifici pubblici si sbriciolano su se stessi, le abitazioni private si disintegrano nel giro di pochi secondi. Che la parola prevenzione non abbia mai fatto breccia nella pianificazione italica, è cosa arcinota. S’indagano eventuali falle e responsabilità, com’è giusto che sia perché, se è vero che a uccidere è il terremoto, è altrettanto vero che l’uomo può e deve difendersi per limitare gli effetti della calamità sismica. Non dobbiamo scordarci però che l’inchiesta non è un rito mediatico collettivo, sebbene la tentazione di renderlo tale sia sempre in agguato. Sfogliando i quotidiani si scoprono le piste d'indagine degli inquirenti, il certificato mancante, il geometra e vicesindaco, le percentuali di sabbia e cemento, l’immancabile spettro corruttivo, i rilievi della Guardia di Finanza… s’intervista persino il sindaco per chiedergli se sappia già di essere iscritto nel registro degli indagati. Prendiamoci una pausa dal processo mediatico, e lasciamo lavorare gli inquirenti tutelando il riserbo e la discrezione che, prima ancora di un dovere, sono una condizione indispensabile per l’efficacia delle indagini. Suggestionare l’opinione pubblica in un verso o in un altro non aiuta. L’amplificazione mediatica di ipotesi e teoremi, sulla base di indizi parziali e scollegati, porta con sé l’effetto, più o meno voluto, di soffiare sulla (comprensibile) disperazione delle persone che in una notte maledetta hanno perso pezzi della propria vita. E’ il rispetto che dobbiamo a loro, ai sopravvissuti e alla memoria di chi non c’è più, che impone il dovere della discrezione. Self-restraint, please. Rispettiamo il lavoro degli inquirenti senza alimentare la caccia alle streghe che, com’è noto nel paese che ha processato gli scienziati incapaci di prevedere la scossa fatale, non aiuta a individuare il colpevole. Ma, al massimo, il capro espiatorio.
    Annalisa Chirico, Presidente di Fino a prova contraria