Cosa ci ricordano le rovine della chiesa di San Benedetto da Norcia
Al direttore - Elio Culot non la conta tutta sul fruttivendolo, la massaia e le mele. Se compera il cesto di mele – aggiunge il negoziante – quelle più “marce e schifose” potrà trovare il modo di scartarle. Se non lo compera, dovrà per forza mangiare quest’altro cesto. Le mele “marce e schifose” sono tante, e quelle che ancora non lo sono, lo diventeranno: perché durerà almeno vent’anni.
Franco Debenedetti
Al direttore - Leggo di Tomaso Montanari e della sua interpretazione di un quadro di Caravaggio per votare no al referendum: direi che questo signore potrebbe andare a cena con la Raggi, magari Travaglio, di sicuro Ingroia e per completare con un filo di intelligenza anche con il senatore a vita Monti. In fondo mi diverto.
Alberto Savoini
Al direttore - Forse non sarà stata una punizione divina, come improvvidamente dichiarato a caldo dal viceministro israeliano per la Cooperazione regionale, Ayoob Kara, per l’astensione dell’Italia sulla risoluzione Unesco che ha negato il legame tra Israele e il Muro del Pianto (risoluzione comunque vergognosa); e di sicuro andrebbero rispedite al mittente le più stravaganti ipotesi complottiste o cospirazioniste a vario titolo – queste sì un flagello di Dio – che pure ci è toccato di leggere a ridosso dei terremoti che hanno colpito l’Italia centrale. Ma anche il malcelato fastidio, il sopracciglio inarcato a mo’ di inaudita sorpresa, lo scherno in alcuni casi sguaiato di chi non ammette, nello spazio pubblico, null’altro se non il discorso positivo (in senso filosofico) respingendo il sacro negli angusti anfratti della coscienza, anche tutto questo andrebbe preso con le molle. Da sempre gli uomini hanno visto negli eventi naturali, soprattutto quelli più tragici, un segno, un qualcosa che andava al di là del fatto fisico e che chiamava in causa il rapporto dell’uomo con il sacro. Ora, dopo due secoli di illuminismo, secondo il mainstream dominante dovremmo essere tutti adulti e vaccinati; ma resta il fatto che le immagini della basilica di Norcia distrutta dicono molto di più delle conseguenze di un fenomeno naturale. Viene da pensare a quelle parole di Gesù: “Quando vedete una nuvola salire a ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?”. Il punto è proprio questo, saper discernere e guardare la realtà oltre le apparenze, saper interpretare i “segni dei tempi”. E allora come non vedere nel crollo della basilica di Norcia una triste profezia sull’Europa, che i monaci di san Benedetto l’hanno letteralmente inventata – traendo interi popoli dal buio del paganesimo alla luce della civiltà cristiana, grazie alla quale esistono le università, gli ospedali, innumerevoli opere d’arte, cattedrali e città, l’economia di mercato, la conservazione della cultura classica e concetti quali, uno su tutti, la dignità della persona umana – e che la ragione dei moderni ha distrutto in nome di una superbia luciferina che ha progressivamente espunto Dio dalla faccia della terra? E come non vedere nelle stesse immagini anche una triste profezia sulla chiesa, oggi come ieri (e per certi aspetti oggi più di ieri, con buona pace di certo storytelling intra ed extra ecclesiale), scossa da un’evidente crisi dottrinale e da tensioni che al di là delle apparenze ci sono e rischiano di lacerarla in profondità con conseguenze imprevedibili? Francesco d’Assisi, che a differenza di Lutero la chiesa la riformò senza spaccarla e anzi restandole sempre obbediente, intese alla lettera la voce nella chiesetta di San Damiano che gli diceva di riparare la chiesa che andava in rovina, non sapendo in quel momento che quella frase si riferiva ad altro. Oggi che, di nuovo, sta crollando tutto, se saremo in grado di guardare oltre sapremo anche qual è il vero problema. Mi chiedo solo se ci sarà ancora tempo perché Dio mandi un altro san Benedetto. O se invece siamo prossimi al capolinea della storia.
Luca Del Pozzo
Dal punto di vista simbolico la caduta della chiesa di Norcia intitolata a san Benedetto è un’immagine incredibile ed è certamente un segno dei tempi non perché il crollo è lì a dimostrare che c’è una chiesa che se lo merita ma perché il crollo della chiesa di San Benedetto da Norcia ha una potenza evocativa importante, se si pensa a che cosa rappresenta san Benedetto da Norcia per la chiesa cattolica. Nel discorso del 2005 che abbiamo pubblicato ieri di Joseph Ratzinger, che da Papa scelse il nome “Benedetto” proprio in onore di san Benedetto da Norcia, c’è un passaggio di impressionante attualità. Questo: “Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore, in modo che il loro intelletto possa parlare all’intelletto degli altri e il loro cuore possa aprire il cuore degli altri. Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini. Abbiamo bisogno di uomini come Benedetto da Norcia il quale, in un tempo di dissipazione e di decadenza, si sprofondò nella solitudine più estrema, riuscendo, dopo tutte le purificazioni che dovette subire, a risalire alla luce, a ritornare e a fondare a Montecassino, la città sul monte che, con tante rovine, mise insieme le forze dalle quali si formò un mondo nuovo. Così Benedetto, come Abramo, diventò padre di molti popoli”. Dalle rovine può rinascere la chiesa. Tre anni dopo, nel 2008, divenuto Papa Benedetto XVI usò altre parole importanti che rilette oggi non possono che fare un certo effetto. “San Benedetto da Norcia con la sua vita e la sua opera ha esercitato un influsso fondamentale sullo sviluppo della civiltà e della cultura europea… Oggi l’Europa – uscita appena da un secolo profondamente ferito da due guerre mondiali e dopo il crollo delle grandi ideologie rivelatesi come tragiche utopie – è alla ricerca della propria identità. Per creare un’unità nuova e duratura, sono certo importanti gli strumenti politici, economici e giuridici, ma occorre anche suscitare un rinnovamento etico e spirituale che attinga alle radici cristiane del Continente, altrimenti non si può ricostruire l’Europa. Senza questa linfa vitale, l’uomo resta esposto al pericolo di soccombere all’antica tentazione di volersi redimere da sé – utopia che, in modi diversi, nell’Europa del Novecento ha causato, come ha rilevato Papa Giovanni Paolo II, “un regresso senza precedenti nella tormentata storia dell’umanità” (Insegnamenti, XIII/1, 1990, p. 58). “Cercando il vero progresso, ascoltiamo anche oggi la Regola di san Benedetto come una luce per il nostro cammino. Il grande monaco rimane un vero maestro alla cui scuola possiamo imparare l’arte di vivere l’umanesimo vero”. L’Europa oggi è ancora alla ricerca di una sua identità. Il crollo della chiesa di Norcia non c’entra nulla con l’identità europea ma ci permette di ricordare che quella chiesa distrutta dal sisma dedicata a san Benedetto aveva un significato importante e quel significato oggi, in mezzo alle rovine dell’Europa, è più attuale che mai.
Al direttore - Gentile Cerasa, sul Foglio del 1° novembre, Maurizio Crippa sostiene – falsamente – che io avrei accusato “come causa diretta e colpevole del sisma il Papa perché va dai luterani”. In realtà io non ho mai scritto una tale stupidaggine. Mai ho accusato il Papa di essere colpevole del sisma, né come causa diretta, né come causa indiretta. Invece ho chiesto, come fedele cattolico, a lui e ai vescovi italiani, di fare una grande e solenne preghiera di intercessione per le popolazioni italiane colpite e continuamente minacciate dal terremoto. Ho anche aggiunto che mi piacerebbe più vedere questo rito di affidamento, che sempre la chiesa ha fatto in passato, nelle circostanze dolorose, piuttosto che il suo (del Papa) omaggio a Lutero in Svezia. Mi pare evidente dunque che Crippa ha totalmente falsato il mio pensiero. Siccome non è la prima volta che mi attacca così, immagino che abbia dei suoi problemi col sottoscritto (come pure col monoteismo, se ho ben capito). Affar suo. Ma io mi sono stancato. Chiedo un minimo di professionalità e di rispetto della verità. Ho scritto personalmente un sms a Crippa il quale mi ha risposto: “Scusami. Ho ecceduto”. In realtà non ha ecceduto: ha mentito. E, immaginando che lui non lo farà, vorrei farlo sapere io anche ai suoi lettori.
Antonio Socci
Risponde Maurizio Crippa: Gesummio, come la fai lunga. La differenza tra un corsivo e un trattato teologico dovrebbe essere professionalmente nota anche a Socci, che evidentemente non ha problemi col monoteismo, ma col suo Ego sì. Ho risposto privatamente a un suo sms privato, di solito rimangono tali, professionalmente parlando, ma la verità si grida sui tetti, o almeno così insegnano i pm delle procure. Comunque, credo che il senso del mio corsivo – che eccedeva, non falsificava – sia comprensibile anche a uno che, come Socci, sostiene che l’elezione del Papa regnante non sia valida (eccede? falsifica? chissenefrega). Ma, dovendo spiegare: il senso era che le sue critiche ai vescovi e al Papa perché non organizzano atti di consacrazione sismici, è fuori luogo e oltre misura. Un terremoto è un terremoto è un terremoto. Punto. Chiamate la Protezione civile. E anche la retorica – che non è solo di Socci, in questo lo prendevo a esempio dal mazzo – sulla “Italia mistica” colpita al cuore e le cristiane radici del popolo ferite, mi pare una ideologizzazione stucchevole fuori luogo. Ah, nell’sms avevo scritto anche: “Ciao”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano