L'alibi dell'Europa. Roma e il nuovo mondo visto da un taxi

Redazione

Al direttore - Usciamo dal Mediterraneo!

Giuseppe De Filippi

 


 

Al direttore - Fattore fondamentale dello sviluppo capitalistico è una cultura a esso adeguata, come ha spiegato oltre un secolo fa Max Weber ne “L’etica protestante e lo spirito del capitalismo”. Ed è in base a questo principio che Bernard Lewis e molti altri studiosi attribuiscono l’arretratezza economica del mondo islamico alla sua cultura. In Italia invece il politicamente corretto impedisce di dire che è l’inadeguatezza culturale una delle principali cause delle nostre difficoltà economiche, e in particolare dell’arretratezza del mezzogiorno. E impone di dire che tali difficoltà hanno solo cause economiche: la mancanza di capitali, la carenza di infrastrutture, la politica finanziaria restrittiva dell’Ue, l’insufficiente intervento dello stato e della Ue o quant’altro. In questo modo la responsabilità è di chi ha distribuito ingiustamente i “talenti” e non di colui che si trova in stato di arretratezza: questi è solo una vittima e lotta per una più favorevole redistribuzione della ricchezza. Ed è un razzista il presidente della Commissione europea Juncker quando dice che “gli italiani devono essere meno corrotti” e “smettere di guardare all’Ue per salvare le regioni più povere del paese”. In contrasto con il politicamente corretto io credo, ripartendo da Max Weber, che il nostro sviluppo, e in particolare quello del mezzogiorno, sia penalizzato da un’inadeguatezza culturale (qualcuno ha parlato di difetto di cristianizzazione) che tra l’altro oggi viene ampiamente sfruttata dalla politica. Si pensi alla mancanza di senso dello stato, che è sicuramente causa di tante perversioni: i nostri dipendenti pubblici, ad esempio, sono troppi, lavorano poco e male e troppo spesso sono coinvolti in fatti di corruzione, ma tutti nel sud sognano l’impiego pubblico. Si pensi alla mancanza di senso della comunità, che nel sud è stato sostituito da un senso della famiglia assorbente di ogni altro valore: il c.d. “familismo amorale” teorizzato dal sociologo Percy Allum, ma già magistralmente rappresentato da Eduardo De Filippo in “Filumena Marturano”. E nella sua forma estrema il familismo amorale porta alla famiglia mafiosa. E’ dunque a questi nostri specifici ritardi culturali che dobbiamo guardare come causa delle nostre difficoltà economiche oltre che politiche. E non alle fantomatiche colpe dell’Ue!

Edmondo Maria Capecelatro

 


 

Al direttore - E’ bastata una rapida scorsa al curriculum e qualche dichiarazione ripescata sul web (Dio perdona, la rete no) per far scattare immediata la contraerea. A prescindere, direbbe Totò. I volenterosi gender-mi del politically correct in versione gay friendly hanno puntato e colpito in men che non si dica il neo ministro della Famiglia e disabilità, il cattolico Lorenzo Fontana. Reo di aver detto in un’intervista forse troppo ingenuamente rilasciata a ridosso della nomina, che le famiglie arcobaleno “per la legge non esistono in questo momento”. Apriti cielo. Tutto quello che poteva venire giù, è venuto giù. Al punto da costringere Salvini a prendere le distanze (ma fino a un certo punto) e gettare acqua sul fuoco nell’inedita veste di pompiere. Intendiamoci, c’è poco da stupirsi. Conosciamo bene il modus operandi della sedicente parte migliore del paese, che ha già appioppato sul neonato governo tutti i marchi d’infamia possibili attingendo a piene mani all’armamentario ideologico del secolo scorso. Bene così, segno evidente che Fontana (e non solo lui) è la persona giusta al posto giusto. Tra l’altro, e con buona pace di chi s’è affrettato a stracciarsi le vesti, Fontana non ha fatto altro che dire una cosa di sesquipedale evidenza perché se è vero, come è vero, che le unioni civili non sono equiparabili per legge al matrimonio, ne consegue se la logica ha ancora un significato che non è lecito parlare di “famiglie” same-sex in assenza di un vincolo matrimoniale propriamente detto. Cosa per altro riconosciuta, ciò che rende ancor più tragicomica tutta la vicenda, dalla stessa legge che ha introdotto in Italia le unioni civili, che non a caso all’art. 1 parla di “specifiche formazioni sociali” in rapporto alle suddette unioni. Leggi bene: formazioni sociali, non famiglie. Ma tant’è. E’ l’ennesima conferma di quanto diceva Chesterton: “Spade verranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi d’estate”. Quanto poi alla richiesta prontamente avanzata al governo da non so quale sigla gay di dare la delega delle Pari opportunità a un loro rappresentante, se c’è una cosa invece che il governo dovrebbe fare, e anche in fretta, è l’immediata soppressione dell’ineffabile Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar). Il cui operato, sorvolando sulle ben note vicende di cronaca, ha dato prova in più di un’occasione – esemplare il caso dei famigerati libretti “Educare alla diversità nella scuola”, opuscoli manifestamente pro ideologia gender commissionati dall’Unar all’istituto Beck nell’ambito della “strategia nazionale anti omofobia” affidata dall’allora governo a 29 associazioni Lgbt (e già su questo ci sarebbe molto da discutere) – di essere smaccatamente di parte. Col risultato, oltremodo surreale se solo si pensi alla ragione sociale, di una discriminazione di segno contrario del tutto inaccettabile. Tanto più per un organo dello stato.

Luca Del Pozzo

La Lega avrà facilità a essere di lotta e di governo e potrà permettersi di farsi sentire anche a prescindere da quello che è scritto nel programma di governo. Per il Movimento 5 stelle sarà più difficile vestire entrambi i ruoli anche perché se la parte di lotta dovesse dire cosa pensa di quella di governo sarebbe costretta a passeggiare in Siberia con il compagno Di Battista. In ogni grande coalizione, da sempre, c’è un partito che usa l’alleanza di governo per uccidere il suo avversario. Di solito è il partito grande che vince a discapito del partito piccolo. In Italia ci sono le premesse affinché avvenga il contrario. Chissà.

 


 

Al direttore - Sabato 2 giugno, festa della Repubblica. Sei del pomeriggio, in via del Circo massimo ho un cono gelato in mano da cinquemila lire. Da un pullman fermo al bordo del marciapiede iniziano a scendere facce del sud, con il tricolore in una mano e la bandiera del movimento nell’altra. Mi ritrovo in mezzo a loro, passeggiando nel placido fluire della vittoria verso la piazza della bocca di chissà quale verità. Mi affianco a uno di loro, abbronzato solo come chi vive in faccia al mare sa essere. Il mio cono di crema e cannella volge al termine mentre i suoi ricci corvini si alzano spinti dal vento del prossimo tramonto. Gli chiedo da dove viene, dell’aria che tira lì al sud. Mi risponde che il vento è cambiato, che le stelle da cinque diventeranno milioni. Lo incalzo con altre domande per cogliere le contraddizioni che invece diventano coerenze a ogni passo che facciamo verso la meta. Intanto i tricolori mi avvolgono e la patria è in carne ossa che cammina affianco a me. Mi dice del familismo amorale che domina lì da loro è agli sgoccioli, che la nuova era dell’essere insieme sta prevalendo. Poi una foto di gruppo mi immortala insieme a loro e sorrido dentro di me, pensando che stasera mi ritroverò in uno smartphone durante il viaggio di ritorno tra gente che non conosco. Lo saluto stringendogli la mano e la sua energia di partecipante ad un sogno a occhi aperti mi prende. Mi sento anch’io parte, pur con diffidenza verso me stesso, e gli dico auguri, in bocca al lupo. Salgo verso il giardino delle rose dell’Aventino dove anni fa si ritirarono gli snob che non volevano né vedere né sentire. Mi siedo per una pausa sigaretta ad ascoltare un cantante che sta recitando versi di Dalla, dove in “Disperato erotico stomp” narra di incontri e masturbazioni quando si incontravano puttane ottimiste e di sinistra. Quelle puttane che non esistono più, di una sinistra che non esiste più, di un ottimismo che non esiste più. E forse la risposta è tutta qui, in ciò che abbiamo perso inseguendo risposte che non avevano domande.Buona giornata.

Andrea Panzironi, tassista

 


 

Al direttore - Da tempi lontani siamo abituati a ricevere dai mass media e dalla stampa tristi notizie sulla mala sanità che, purtroppo, affligge molte strutture pubbliche e private operanti nel settore. Da qui inevitabili lamentele sulla arretratezza del nostro paese, sul malgoverno che, negli ultimi anni, si è accompagnato a una grave situazione di instabilità, con ovvi effetti negativi sul decadimento di un welfare, di cui espressione primaria è la tutela della salute dei cittadini. Sarebbe, tuttavia, grave errore fare di “tutta un’erba un fascio”! Esistono ancora ambiti ospedalieri che – nel segnare livelli di eccellenza nella salvaguardia del diritto degli individui a valide cure rispettose della dignità della persona – dimostrano come la nostra collettività può avvalersi tuttora di strutture e professionalità in grado di soddisfare uno dei primari interessi della Repubblica. E allora onore al merito, che indubbiamente va riconosciuto all’équipe della Uosd Stroke Unit Dea dell’azienda ospedaliera S. Camillo, diretta dal dott. Claudio Pozzessere; équipe la cui alta capacità professionale ho potuto riscontrare di persona, allorché presso tale unità è stata ricoverata d’urgenza mia moglie. In un contesto – che di certo non brillava per larghezza di mezzi – nel quale venivano, di continuo, accolti malati in codice rosso senza distinzione di condizioni individuali o sociali, ho constatato con vivo piacere che la grande reputazione di cui gode l’ospedale S. Camillo trova piena giustificazione sul piano della concretezza. Ma v’è di più. Il personale medico e infermieristico dimostra una disponibilità, caratterizzata da senso di profonda vicinanza per chi soffre, la quale – nel dare speranza ai ricoverati – esalta l’intrinseca validità delle cure prestate. Tale atteggiamento comportamentale, che rimane immutato anche nei giorni successivi al ricovero, denota un grado di responsabilità che va ben oltre l’impegno di un ordinario senso del dovere.

La presente segnalazione risponde non solo al sentimento di gratitudine per quanto è stato praticato nei confronti di mia moglie, ma anche all’esigenza di diffondere un messaggio di rinnovata fiducia per l’operato di coloro che intervengono con peculiare competenza nell’esercizio di funzioni di primario rilievo per il paese. E’ evidente come nell’attuale clima di rifondazione nazionale – nel quale sembrano superate talune significative incertezze della politica – appare non più procrastinabile la realizzazione di un intervento pubblico volto a potenziare le strutture ospedaliere di eccellenza, come lo Stroke Unit Dea di S. Camillo.

Francesco Capriglione

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