L'anima del Führer
Marsilio, 215 pp., 16,50 euro
Alois Hudal, vescovo austriaco, è passato alla storia per essere stato l’organizzatore della “Ratline”, come la ribattezzarono gli alleati: “La via dei ratti”, la rotta attraverso la quale una gran quantità di tedeschi fedeli al Führer, ricercati come criminali di guerra, riuscì a riparare in America del sud dopo la Seconda guerra mondiale. I fuggiaschi ottenevano alloggio nei conventi, dove ricevevano anche i passaporti per partire. Uno scandalo, quello narrato dall’autore, che avrebbe visto la luce solamente nel 1947, a conflitto terminato e ricostruzione avviata. Eppure, per altri cinque anni, Hudal sarebbe rimasto nella cappellania del Collegio Germanicum di Santa Maria dell’Anima. Solo nel 1952 avrebbe dato le dimissioni, abbandonando per sempre quella che era una scuola di formazione del clero di lingua tedesca, ritirandosi a Grottaferrata. Nel 1937, a guerra ancora lontana, aveva mandato in stampa “I fondamenti del nazionalsocialismo”, una sorta di saggio in cui sosteneva la necessità d’una convergenza tra il cattolicesimo e la dottrina fondata da Hitler per combattere il comunismo da una parte e il liberalismo dall’altra, storici nemici del fanatismo della croce uncinata. Un tentativo di ingraziarsi le alte sfere naziste con risultati, però, scarsi. Quel libercolo, infatti, i sodali del Führer l’avevano messo al bando.
Ma come in ogni thriller che si rispetti, ecco saltare fuori nuovi documenti che dimostrano come fosse stato proprio Hudal, nell’ottobre 1943, a intervenire presso le autorità militari tedesche di occupazione per bloccare la persecuzione degli ebrei nella Città eterna. Fertilio realizza che solo la libertà di immaginazione consentita al romanziere può cogliere quel che davvero passò nella mente del vescovo, uomo dalla personalità complessa e sfuggente, testardamente convinto non solo di cristianizzare il nazionalsocialismo, ma anche di salvare l’anima del Führer. Ed è in questa dimensione che la vicenda di Hudal si incrocia con quella di Pëtr Shlychkov, un soldato sovietico nelle cui vene scorre anche sangue tedesco, e che nella città prussiana di Königsberg appena conquistata dall’Armata rossa viene incaricato di infiltrarsi a Roma per smascherare la via dei ratti. La patria di Kant, ormai in procinto di diventare Kaliningrad, fa anche da sfondo alle terribili storie di Maritza e di sua figlia Sonia. E’ l’incontro con Pëtr a insinuare nel vescovo Hudal il dubbio che la pietas cristiana, alla fine, non possa ignorare le ragioni della giustizia, ed è l’incontro col vescovo Hudal a far capire a Pëtr che – forse – torti e ragioni di vincitori e vinti non siano poi così nettamente delimitabili.
L'ANIMA DEL FÜHRER
Dario Fertilio
Marsilio, 215 pp., 16,50 euro