Nelle vene dell'America
Adelphi, 307 pp., 12 euro
Nato a Rutherford, New Jersey, nel 1883, e lì morto nel 1963, William Carlos Williams era uno strano figlio di portoricani dal cognome anglofono, giunti negli Stati Uniti prima che Porto Rico fosse conquistata nella Guerra ispano-americana. Di origini inglesi e spagnole il padre, basche ed ebraico-olandesi la madre. Vero figlio del melting pot americano, Williams era eclettico anche nelle professioni esercitate: medico con specializzazione in Pediatria di giorno, poeta e scrittore di notte. In realtà, era solito dire che le sue due attività erano complementari, e che molti soggetti delle sue storie gli erano stati ispirati proprio dai pazienti da lui curati. E forse il libro che lo rappresenta di più nel suo caratteristico eclettismo è proprio questo, risalente al 1925. E’ narrativa ispirata alla storia: un rimescolamento di documenti, brani di diario e frammenti di testimonianze fusi in uno studio, come lui stesso spiegò, “in cui avrei tentato di scoprire per me stesso che cosa potesse significare la terra dove, più o meno accidentalmente, ero nato”. E’ prosa, ma poetica. Parla del nord America wasp, ma collegato nelle sue radici a un’America latina ispanofona che lo presuppone. E’, infine, un mito delle origini, uno dei tanti che nel sud del continente sarebbero poi divenuti best-seller nella seconda metà del Ventesimo secolo. Si pensi solo a “Cent’anni di solitudine” di Gabriel García Márquez e “Memoria del fuoco” di Eduardo Galeano. Il tentativo “di dare un nuovo nome alle cose viste, ora perdute in un caos di titoli d’accatto, spesso fuori luogo, sotto i quali si cela il carattere autentico”. “Alla fine di questa interrogazione, i volti diversi si cancellano, i fatti storici si amalgamano, tutte le voci diventano le sfumature di una voce sola”, spiegò Pietro Citati in un saggio menzionato nella quarta di copertina.
“L’America di William Carlos Williams è un unico, immenso corpo femminile, disteso tra due oceani, che possiede la drammatica inesauribilità delle figure mitiche”. Si inizia infatti con Erik il Rosso, lo scopritore vichingo del nuovo mondo. E si approda ad Abramo Lincoln, che col ferro e col fuoco cercò di forgiare i vari ingredienti etnici e culturali d’America in una nuova, superiore sintesi. In mezzo, sfilano eroi famosi che sono rievocati con tono lirico pur nel momento in cui vengono fatti scendere dal piedistallo. E forse l’icona massima è rappresentata da Edgar Allan Poe, colui che fondò l’identità letteraria americana proprio perché sembrava il meno americano degli scrittori.
NELLE VENE DELL’AMERICA
William Carlos Williams
Adelphi, 307 pp., 12 euro