Le lettere cattive

Redazione
Cristiano Governa
Edizioni Pendragon, 109 pp., 12,50 euro

Caro amico ti scrivo” è la colonna sonora di questo volume, seconda prova narrativa di Cristiano Governa, bolognese e convinto assertore che l’arte sia un fatto di amicizia e anche di speranza, visto che in esergo al libro è citato un verso proprio dalla più famosa canzone di Dalla, che si canta “per poter riderci sopra, per continuare a sperare”. Ma prima del mondo interiore, meglio fermarsi un attimo sul dato esteriore di questo strano libro, composto da dodici lettere più una finale, l’unica rivolta al lettore direttamente dall’autore in cui si chiede di prender nota di una playlist per il funerale (e di farlo velocemente) perché la selezione potrebbe cambiare da un momento all’altro. Il genere epistolare va scomparendo perché al posto delle lettere sono arrivati i messaggi e le visualizzazioni, ed è proprio una strenua voglia di salvataggio che muove l’autore: la lettera, per lui, incarna l’idea stessa di letteratura. Ogni libro è una lettera, un tentativo di mettersi in comunicazione, di aprire il proprio mondo e, nel dialogo con il lettore, renderlo possibilmente più ampio, ospitale, umano. La preoccupazione di Governa, fine esperto di cinema – Lynch, citato anche nel sottotitolo e Fellini abbondano tra le righe – è che a forza di visualizzazioni si stia perdendo qualcosa in termini di “visione”. E’ la stessa ansia di Flannery O’Connor, che negli anni 60 metteva in guardia da questo “aumento di sensibilità” (una malintesa “tenerezza”, oggi diremmo “buonismo”) che portava a una diminuzione della capacità di visione, qualità insita in ogni essere che voglia dirsi umano, specie se scrittore.

 

Questo della visione e dello sguardo è uno degli assi portanti di tutte o quasi le dodici lettere cattive (meglio dire scabrose, urticanti, spiazzanti o sorprendenti), come ad esempio in “Strani accordi” dove la protagonista è la donna delle pulizie di una bella casa di Milano, che può contemplare l’abitazione in cui lavora meglio dei legittimi proprietari, distratti dalla familiarità: “Io resto sola dove gli altri vivono. Con le loro cose […]. Il momento più bello è quando arrivi per la prima volta in una casa”. In un racconto di poche pagine come questo (tutti i brani sono di 6-7 pagine), c’è tanta letteratura. A partire da Chesterton, che considerava il ladro il migliore “osservatore”, capace di gustare la bellezza di una casa più dei suoi stessi inquilini. E c’è anche Borges, che ricorda come il senso della poesia sia “sentire le cose come strane”. Ecco cos’è questo volume: un libro pieno di poesia, cioè pieno di vita.

 

LE LETTERE CATTIVE
Cristiano Governa
Edizioni Pendragon, 109 pp., 12,50 euro

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