Galíndez
Sellerio, 589 pp., 16 euro
Nato nella cittadina basca di Amurrio il 21 ottobre 1915, Jesús Galíndez fu visto per l’ultima volta alle 10 del 12 marzo del 1956 a Manhattan, mentre entrava nella metropolitana della Quinta strada. Poi scomparve. Si sa che venne sequestrato, torturato e ucciso dagli agenti di Rafael Trujillo, dittatore della Repubblica dominicana fino al 1961, ma la data e le circostanze esatte della sua morte non si conoscono, così come non si sa che fine abbia fatto il suo cadavere. Probabilmente, conoscendo i metodi in vigore sotto il regime di Trujillo, fu dato in pasto agli squali. Benché all’epoca della sua scomparsa fosse solo quarantunenne, Galíndez era già notissimo, per aver pubblicato il suo primo libro a diciotto anni e per essere un affermato dirigente del Partito nazionalista basco, nei cui quadri era entrato solo diciassettenne. Docente di Diritto a poco più di vent’anni, a ventiquattro era scappato a causa della vittoria dei franchisti nella Guerra civile spagnola. Rinchiuso in un campo profughi in Francia, si era poi trasferito in Repubblica Dominicana, dove era stato rappresentante del governo basco in esilio, aveva pubblicato libri e aveva avuto una cattedra alla scuola diplomatica. Ma dopo sette anni, nel 1946 si era trasferito negli Stati Uniti: sembra che fosse stato il brutale assassinio di un leader sindacale – con il quale stava tentando una mediazione – a convincerlo a cambiare aria il più presto possibile. Nel paese nordamericano manterrà la carica di rappresentante del partito basco e avrà una cattedra alla Columbia University. Come attivista della Lega dei diritti umani e membro di diverse associazioni di scrittori aveva denunciato appunto il regime di Trujillo, scrivendo un duro pamphlet. Nel contempo, collaborava come informatore di Fbi e Cia, fornendo sia notizie relative agli infiltrati filo nazisti, sia riguardo i presunti comunisti.
Non era a conoscenza, probabilmente, dei legami ambigui che intercorrevano tra Washington e Trujillo; una sottovalutazione che lo portò a non considerare l’eventualità che gli sgherri dominicani potessero contare su preziose entrature in territorio statunitense per condurre l’operazione che avrebbe causato la sua scomparsa. Come avrebbe raccontato nel 2000 Mario Vargas Llosa nel suo best seller “La festa del caprone”, proprio il caso Galíndez creò lo scandalo che indusse il governo di Washington ad appoggiare la congiura in cui nel 1961 Trujillo sarebbe stato ucciso, mentre nottetempo rientrava a Santo Domingo a bordo della sua auto: una cospirazione in cui avrebbe avuto un ruolo importante il fratello di un pilota a sua volta assassinato in quell’incredibile serie di delitti succedutisi per cancellare le tracce della misteriosa sparizione di Galíndez. Dieci anni prima della “Festa del caprone”, del caso dell’intellettuale basco sparito nel metro newyorchese si era occupato anche Manuel Vázquez Montalbán, lo scrittore spagnolo scomparso nel 2003, cui si sarebbe ispirato Andrea Camilleri per il suo Commissario Montalbano. In questo libro, Premio Nacional de Literatura del 1991, la vicenda storica è calata in una trama da giallo, attraverso la narrazione del dramma reale di Galíndez e il dramma immaginario di Muriel Colbert, una ricercatrice statunitense che a fine anni Ottanta sta scrivendo una tesi sulla misteriosa scomparsa del leader basco tale da disturbare alcuni ambienti potenti e influenti, fino al punto che la sua sorte si confonde con quella di Galíndez, in un inquietante gioco di specchi. Anche nella parte di vicenda inventata, peraltro, Vázquez Montalbán inserì personaggi, circostanze e strane atmosfere in cui si era imbattuto nel fare le ricerche per questo volume.
GALÍNDEZ
Manuel Vázquez Montalbán
Sellerio, 589 pp., 16 euro
Perché Leonardo passa a Brera