Osservata speciale

Redazione

Le vicende che hanno portato l’Italia a entrare in guerra, nel fatale maggio del 1915 scolpito a imperitura memoria nei versi della “Canzone del Piave”, sono ormai cosa nota. Anche le trame politiche e diplomatiche, gli sgambetti tra avversari di rango governativi, i patti segreti e le conversazioni secretate hanno goduto, in quest’ultimo anno di celebrazioni per il centenario del conflitto che cambiò l’Europa e il mondo, di vasta eco. L’originalità del lavoro di Brizzi sta nell’andare a vedere come altrove, ai quattro angoli del globo, la scelta di Roma (per molti aspetti lacerante e foriera di dubbi anche per chi la adottò) sia stata osservata. Mai titolo, dunque, fu più felice. Non si tratta di una mera rassegna di giornali dell’epoca, di una sintesi pur ragionata di quel che possono offrire le migliori emeroteche del pianeta. Il lavoro è rigoroso, l’apparato bibliografico corposo rende l’opera un contributo essenziale per capire di più sulla percezione che ebbe l’opinione pubblica internazionale – che ormai andava sempre più imponendosi sulla scena globale – di quel che avvenne in Italia nei dieci mesi compresi tra lo scoppio della guerra, nell’agosto del 1914 e l’entrata di Roma al fianco dell’Intesa, disattendendo così gli obblighi derivanti dalla pluridecennale alleanza con Vienna e Berlino. Un giro di valzer, quello italiano, che comunque non colse di sorpresa i vecchi alleati, se è vero che già nel 1906 “alcune dichiarazioni di politici italiani avevano suscitato in Germania preoccupazioni rispetto all’azione degli irredentisti e degli avversari italiani della Triplice, quei ‘politicanti di farmacia’ che vedevano nell’alleanza con la Germania il pericolo di veder trascinata l’Italia in guerra”. Timori che, già quasi un decennio prima dello scoppio del conflitto, in quella che dopotutto era ancora Belle Epoque, avevano dunque portato a interrogarsi sulla affidabilità dell’alleato in caso di guerra. Prospettiva ben diversa da quella che si registrò in Francia, soprattutto all’indomani delle parole con cui il presidente del Consiglio Salandra, il 3 dicembre 1914, dichiarò alla Camera che “la neutralità, liberamente proclamata e lealmente osservata, non basta a garantirci dalle conseguenze dell’ immane sconvolgimento, che si fa più ampio ogni giorno e il cui termine non è dato ad alcuno di prevedere”. L’Humanité riportò la notizia in prima pagina, parlando di “grande seduta alla Camera italiana”. Per il Temps, quelle parole preconizzavano l’ingresso dell’Italia in guerra, “a fianco delle potenze che combattono il dominio e l’oppressione germanica”.

 

L’aspetto che caratterizza il volume, soprattutto perché fino a oggi è stato un aspetto poco indagato nel nostro paese, riguarda la considerazione che s’aveva della politica di Roma a cavallo tra il 1914 e il 1915 in paesi lontani come il Messico e l’Argentina; o come in Cina. A commentare il clima che si respirava nel grande paese asiatico è Guido Samarani, tra i massimi sinologi italiani, il quale mette subito in rilievo quanto poco interessante, agli occhi degli orientali, fosse la giravolta nostrana, anche perché a Pechino ben presto dovettero fare i conti con la minaccia nipponica. Fin da subito entusiasta fu invece la posizione della stampa britannica per la neutralità italiana, anche se successivamente qualche frizione si sarebbe palesata. Si pensi alla “dimostrazione estremamente insolita di eccezionale amicizia” organizzata da diversi parlamentari: “Si unirono alle acclamazioni altri personaggi di rilievo del mondo politico e sociale, e migliaia di passanti, la cui esultanza davanti all’ambasciata italiana fece affacciare l’ambasciatore che, commosso, confermò la notizia della neutralità”.

 

OSSERVATA SPECIALE
Riccardo Brizzi
Le Monnier, 346 pp., 24 euro

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