La strage dei cristiani
Laterza, 228 pp., 18 euro
La grande differenza tra Mardin e tante altre città turche è che, nella città sulla collina, i cristiani esistono ancora”. Eppure, a Mardin, estremo lembo orientale dell’Anatolia, “bella città che domina la pianura che si estende fino alla Siria, dall’alto di una collina, con le tipiche case a terrazza, i minareti e i campanili”, cent’anni fa si è registrato uno dei più grandi e dimenticati massacri che la storia del primo Novecento ricordi. “Il Regno del terrore”, viene definito nelle pagine di questo volume che ha il merito di riportare alla luce una vicenda sepolta nella memoria degli eredi dei cristiani sterminati ed esiliati, ma anche in quella dei turchi discendenti dei cristiani convertiti e assimilati. Nella “pulizia” attuata dai maggiorenti ottomani in questa città, nota Riccardi nella premessa al volume, c’è una particolarità: “Qui non vivevano armeni gregoriani o ortodossi, ma cristiani di altre confessioni; i quali pure sono stati massacrati”. Eliminati “perché non musulmani e quindi considerati non assimilabili”, anche se – almeno in principio – il massacro non fu giustificato dall’appartenenza religiosa, bensì dall’accusa di tradimento verso lo stato. Il primo segnale fu l’arresto di dodici giovani siro-cattolici, che secondo le autorità si sarebbero macchiati del reato di diserzione. Due di essi furono fucilati davanti a un migliaio di cittadini. Un segnale, un memento rivolto a tutti. E’ una vicenda che pare cronaca; basta spostarsi di qualche centinaio di chilometri più a est e le deportazioni e gli sgozzamenti rappresentano quasi la routine, da quando l’orda fondamentalista ha preso piede nel caos siriano e iracheno. Per comprendere appieno la portata dell’eccidio minuziosamente narrato nel libro, è bene leggere con attenzione le pagine relative a quel che accadde alla fine dell’ottobre del 1915, quando lo sterminio degli armeni di Mardin sembrava concluso. Sembrava, appunto. Perché “il comitato dei massacri, scrutando attraverso le distruzioni operate, si accorse che un centinaio di persone viveva ancora: erano vecchi, donne anziane, infermi, gente che vedeva prossima la morte a causa della miseria”. E l’ordine tanto categorico quanto semplice: “Spazzate via questo resto, e che non ne rimanga nemmeno uno”. Ecco allora partire i convogli, con la promessa che tutto si sarebbe risolto per il meglio e che ad Aleppo avrebbero potuto rifarsi una vita. I cristiani erano pronti a tutto, nella disperazione: pagavano sperando di essere risparmiati, e a farlo erano soprattutto le donne, perché gli uomini erano già spariti. L’estorsione fu praticata in larga scala, la somma fu versata ma l’indomani le case furono ugualmente circondate.
Ai cristiani, che a quel punto si erano resi conto dell’imbroglio, non rimaneva altro che chiedere i sacramenti. Poche, di queste donne, si salvarono dal massacro. “I superstiti – annota Riccardi – raccontarono pure che una donna chiese di diventare musulmana, ma fu uccisa ugualmente”. Le descrizioni sono cruente: “Fu orribile vedere i soldati gettarsi come demoni su persone innocenti, le colpivano con i pugnali sventrandole e sgozzandole, mentre rompevano la testa e il petto con enormi pietre e il sangue colava”. Anche per questo quel che si deve fare è illuminare la realtà e indagare i motivi di quelle stragi: “Bisogna forzare il blocco, bisogna uscire da una cultura e un dibattito prigionieri del passato: i turchi di oggi non sono più quelli dei primi decenni della Repubblica di Atatürk. Né lo sono gli armeni e gli altri cristiani”, scrive l’autore. “Si deve scrivere la storia della fine drammatica dei cristiani d’oriente a partire da quei giorni terribili. Insomma, bisogna ripartire dalla storia”. E raccontare quel che accadde a Mardin tutto significa meno che ridurre la storia a statistica e, soprattutto “non accettare la dimensione polemica della storia”.
LA STRAGE DEI CRISTIANI
Andrea Riccardi
Laterza, 228 pp., 18 euro