L'estate dell'amicizia
Neri Pozza, 158 pp., 15 euro
Una spiaggia in Belgio, case bianche, sole, un ampio viale, piccoli bistrot con vista mare”. Stefan Zweig s’era recato a Ostenda la prima volta nell’estate del 1914, quando “era iniziata la catastrofe”. “Potete impiccarmi a un lampione se i tedeschi occuperanno il paese”, diceva davanti agli amici. Invece la Germania violò la neutralità belga, e l’impensabile divenne realtà. Ventidue anni dopo, nell’estate del 1936, Zweig si trova di nuovo a Ostenda. Con lui ci sono Hermann Kesten, Egon Erwin Kisch, Willi Münzenberg, Irmgard Keun, Ernst Toller, Arthur Koestler, Joseph Roth. Tutti ebrei, tranne Münzenberg e la Keun, che si lega sentimentalmente a Roth. Tutti di lingua tedesca, con l’eccezione di Koestler: madrelingua ungherese, passerà all’ebraico e approderà all’inglese. Tutti orfani della Repubblica di Weimar e dell’Austria-Ungheria asburgica. Münzenberg, Koestler, Kisch e Toller sono comunisti, almeno all’inizio. I primi due si trasformeranno, col tempo, in anticomunisti militanti. Toller, invece, morirà suicida in un lager. Roth è monarchico, un romantico nostalgico dei tempi dell’Impero asburgico, mentre Zweig cercherà di dimenticare la terribile politica del presente tuffandosi nella ricostruzione del passato. Ciascuno di essi è in fuga dalla Germania nazista e dall’Austria fascistizzata su cui Hitler sta per mettere le mani. Zweig, in particolare, “guarda il mare attraverso le grandi finestre e, con un misto di commozione, timore e gioia, pensa a questa comunità in fuga alla quale si ricongiungerà a breve”. Fino a pochi anni prima, la sua vita era stata in ascesa. Adesso ha paura, ma l’aria di vacanza, l’allegria, i gelati, gli ombrelloni, l’ozio, il vento, le baracche di legno colorate lo fanno illudere che tutto possa ancora cambiare. Il viennese Zweig, proprietario di un castello, uomo di mondo, autore di best seller. Roth, lo scrittore coi baffi biondi sfilacciati, la cenere sulla giacca e la tristezza negli occhi, autore di romanzi di minor successo, alcolista, socievole, generoso e, nello stesso tempo, uomo infelice e incattivito, proveniente da una città all’estremo confine orientale dell’Impero asburgico, oggi in Ucraina. Zweig, i cui libri vengono banditi dai nazisti soltanto nel maggio del 1936 e Roth, che già nel 1932 avrebbe visto i suoi libri messi all’indice, proprio quando con “Giobbe” e “La Marcia di Radetzky” avrebbe potuto avere ricchezza e fama. Per un momento, mentre l’Europa si consegna all’Apocalisse, una piccola comunità di artisti e grandi scrittori ha potuto illudersi di essersi lasciata alle spalle l’inferno e di avere davanti il mondo intero.
L'ESTATE DELL'AMICIZIA
Volker Weidermann
Neri Pozza, 158 pp., 15 euro