L'uomo che fece il giro del mondo a piedi
Edizione dei cammini, 286 pp., 17,50 euro
Dave Kunst ha appena compiuto trent’anni ma è ormai stufo di ripetere ogni giorno lo stesso tragitto per tornare a casa. Di fronte a lui i suoi amici stringono boccali di birra seduti al bar del paese da quando lui ha memoria e sono contenti così. Lui no, una moglie e due figli possono non bastare. “Mai nessuno ha fatto il giro del mondo a piedi” gli dice un giorno un suo amico scherzando. Dave lo prende sul serio; sogna un posto nel Guinness dei primati e soprattutto vuole andarsene da quel posto. Ci mette poco a preparare le valigie, non si porta dietro quasi niente. Comincia così la sua nuova vita, raccontata per la prima volta in questo diario di viaggio autobiografico pubblicato quest’anno. E’ il 30 giugno del 1970 quando Dave al fianco di suo fratello John e di Willie, una mula da soma portoghese, parte da Waseca per cominciare il suo cammino per il mondo. Mille miglia fino a New York, da lì un aereo fino al Portogallo e poi tutta l’Europa, la Turchia e chissà. Sognano di arrivare fino in Cina. In quegli anni si respira aria di Guerra fredda ovunque, e poi c’è il Vietnam con tutti i morti che si porta dietro: le stelle e le strisce piacciono poco. Dave e John però non hanno paura di niente, l’America veglierà su di loro. Fino a quando a Kabul, durante un agguato notturno, Dave viene ferito gravemente da guerriglieri afghani e John muore. “Se muoio girando a piedi per il mondo, puoi raccontare a mamma e a papà che sono morto felice”, aveva detto John appena arrivati in Afghanistan. Non ha senso piangere per i morti, Dave lo sa: decide di riprendere il suo cammino. “Due fratelli Kunst hanno cominciato questo viaggio, due fratelli Kunst lo porteranno a termine”, aveva dichiarato alla stampa americana. Sarà Pete, un altro suo fratello, a camminare al suo fianco. E così ricomincia tutto da Kabul. Portano con loro una lettera di raccomandazione del senatore Humphrey, la stampa ha cominciato a parlare di loro: “Senza questi ragazzi il mondo perderebbe di fantasia”. Questa volta gli afghani promettono clemenza. Loro percorrono miglia su miglia sotto un caldo da cui non c’è riparo. E’ sempre più difficile. E quando dal Pakistan riescono finalmente a raggiungere l’India, le cose non migliorano per niente. Per chi nella sua vita ha guardato sempre e solo l’America questo paese è un’esperienza raccapricciante: “Sovrappopolazione, fetore di urina e di sterco animale con un’occasionale zaffata di gelsomino o di pane cotto al forno”. Dave cammina veloce perché vuole lasciare il paese il più in fretta possibile, ma l’India sembra non finire mai. La loro mula Willie è sempre più stanca e non si sa se ce la farà. Piove sempre, e poi le immense masse umane che gli vanno incontro lo deprimono, a volte però la sera la luna piena è “così grande che sembra coprire la metà del cielo”. Non sente mai la nostalgia di casa. Continuano a camminare fino a quando non si lasciano alle spalle l’India e la sua triste confusione. Davanti ai loro occhi si trova l’Australia con i suoi infiniti chilometri di strada in mezzo al nulla: poco asfalto e molta polvere: non è semplice nemmeno qui. “Le nostre labbra sono spaccate e secche come carta vetrata”. I due fratelli Kunst hanno percorso tanta di quella strada che non se la ricordano neanche. Sono stanchi e assetati. Pete decide di tornare a casa, Dave si ritrova solo come non è mai stato. Viaggia con un dizionario tascabile, uno spazzolino e una borraccia vuota. Non si può tenere tutto il mondo sulle proprie spalle, bisogna rinunciare a qualcosa. A volte avrebbe voglia di sorridere, ma non c’è nessuno con cui farlo. Il 5 ottobre del 1974 Dave Kunst, dopo aver viaggiato attraverso tutti i continenti, torna a casa. Ha camminato per quindicimila miglia, venti milioni di passi, e l’unica cosa che sa è che continuerà a camminare finché le sue gambe lo sosterranno.
L'UOMO CHE FECE IL GIRO DEL MONDO A PIEDI
Dave Kunst
Edizione dei cammini, 286 pp., 17,50 euro