La fogliata del sabato

Redazione
Titoli, copertine e suggerimenti per un weekend da passare con dieci libri in mano.

CADE LA TERRA

 

Carmen Pellegrino
Giunti, 224 pp., 14 euro

 
C’è una vena melanconica che accompagna l’opera di Carmen Pellegrino, giovane saggista – ma sarebbe più opportuno e di certo più gradito all’autrice definirla “abbandonologa” – che ha scelto di dedicare la propria esperienza letteraria a una sorta di glorificazione della morte. Ne è affascinata, lo si comprende fin dalle prime pagine di un libro che già dalla copertina pare emanare zaffate d’incenso e spingere il lettore a intonare un canto da requiem. La stessa Pellegrino, alla voce “tempo libero” del proprio curriculum vitae, non si fa troppi problemi a mettere per iscritto che le piace partecipare “a funerali di sconosciuti”. E forse l’Estella che fa da personaggio principale a “Cade la terra” (protagonista indiscussa è la casa signorile del paese piagato dalle continue frane e destinato ineluttabilmente a scomparire, affogando nel fango) è proprio lei, che da anni ormai fa da custode solitaria ai tanti luoghi morti “e rimorti” che popolano un’Italia sconosciuta ai più. Case, stazioni, teatri e luna park abbandonati che sarebbero perfetti per qualche horror contemporaneo (negli Stati Uniti ci hanno già pensato, considerata l’ambientazione del quarto ciclo di “American Horror Story” con la magistrale Jessica Lange). Stavolta tocca ad Alento, immaginario luogo dell’Italia meridionale, tra le montagne e il mare, abbandonato per metà a causa degli smottamenti. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA


 

IL RITORNO DI UN RE

 

William Dalrymple
Adelphi, 663 pp., 34 euro

 

L’idea di scrivere una storia sul primo fallimentare tentativo degli inglesi di dominare l’Afghanistan (1839-1842) è venuta alla mente di William Dalrymple nell’inverno del 2006. “La storia si stava ripetendo”, sostiene Dalrymple: dopo una facile conquista e l’insediamento di un governo fantoccio filo-occidentale, gli occupanti si trovavano ad affrontare una resistenza sempre più diffusa, tale da determinare l’avvio di un lento ritiro delle truppe internazionali, tuttora in corso. Eppure non si può dire che, a centosettant’anni di distanza dalla prima disastrosa intromissione dell’Occidente in Afghanistan, i segnali su quanto fosse difficile gestire il territorio non ci fossero. Ad accorgersene, sulla propria pelle, erano stati i britannici, che nel corso di quel “Grande gioco” militare, strategico e diplomatico che li vedeva contrapposti alla Russia per il controllo delle regioni del Medio Oriente e dell’Asia centrale, avevano tentato nella prima metà del XIX secolo di conquistare l’Afghanistan insediando un sovrano fantoccio. Meno di tre anni dopo, il jihad delle tribù afghane costrinse l’armata inglese ad una sanguinosa ed umiliante ritirata. “Abbiamo fallito per la nostra ignoranza delle istituzioni e dei costumi di questa nazione” riconobbe uno dei militari britannici inviati sul posto. Si era ignorato il fatto che il paese avesse goduto solo per brevissimi periodi di un’unità politica o amministrativa, di uno Stato degno di tale nome, e avesse invece sempre rappresentato “un caleidoscopio di principati tribali in competizione tra loro”, favorevoli ad accettare un’autorità esterna sempre e soltanto alle proprie condizioni. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA



 
QUANDO SIETE FELICI, FATECI CASO

 

Kurt Vonnegut
Minimum Fax, 110 pp., 13 euro

 


Perché Kurt Vonnegut, uno dei maggiori scrittori americani contemporanei, morto nel 2007, piaceva così tanto ai suoi lettori, soprattutto ai più giovani? Perché aveva un modo di parlare e di scrivere fatto di parole e di espressioni schiette che la gente pensava ma non diceva e perché aveva idee che esprimevano sensazioni intime che spingevano il lettore a guardare le cose da un’angolazione diversa. Non si rivolgeva mai ai suoi lettori dall’alto in basso, né cercava di sminuirli con la sua saggezza, ma era giocoso e profondo, “non gli parlava come se fossero una razza diversa e inferiore in quanto giovani, perché disdegnava le generalizzazioni generazionali”, ha spiegato nella prefazione a questo libro Dan Wakefield, giornalista e suo caro amico d’infanzia. Vonnegut tenne più di una volta un commencement speech, il discorso ufficiale ai laureandi che di solito tengono al termine dell’anno accademico personalità di spicco della cultura e della politica. Quelli di David Foster Wallace (“Questa è l’acqua”) e di George Saunders (“L’egoismo è inutile”) sono già leggenda, per non parlare poi di quello tenuto da Steve Jobs ai neolaureati di Stanford. Qui troverete ben nove discorsi, tradotti da Martina Testa, che Vonnegut ha tenuto in alcune università americane tra il 1978 e il 2004, e per lui che non era laureato deve essere stato ancora più divertente. Per non parlare, poi, del fatto che divenne uno scrittore famoso a quarantasette anni e prima di arrivare a quell’età e a quel successo aveva fatto ogni sforzo possibile per mantenere sua moglie e i suoi tre figli, oltre agli altri tre della sorella morta di cancro a quarantun anni. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA


 


A FERRO E FUOCO – di Manuel Chaves Nogales, La Nuova frontiera, 327 pp., 16 euro Io ero quello che i sociologi definiscono un ‘piccolo borghese liberale’, cittadino di una repubblica democratica e parlamentare”, si presenta Manuel Chaves Nogales nel Prologo. Nato a Siviglia nel 1897, giornalista, tra il 1927 e il 1937 diventa  famoso per i suoi reportage. Riesce a entrare nell’Unione sovietica di Stalin, scrive una biografia di successo su un popolare torero, intervista il ministro della Propaganda nazista Joseph Goebbels, denuncia l’esistenza dei primi lager hitleriani. Nel 1931 diventa direttore di Ahora, rivista vicina al leader repubblicano Manuel Azaña. "Lavoratore intellettuale al servizio dell’industria governata da una borghesia capitalista, erede diretta dell’aristocrazia agraria che tradizionalmente aveva monopolizzato i mezzi di produzione e scambio nel mio Paese”, era riuscito comunque a guadagnarsi “il pane e la libertà con una relativa agiatezza”.  LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA

 

FALSITA’ DELLE CONFESSIONI – di Guido Piovene, Aragno, 173 pp., 15 euro Giornalista di fama fin dai primi anni Trenta, di aristocratica famiglia veneta, Guido Piovene fu anche un romanziere di successo, arrivando nel 1971 a vincere il premio Strega. Dal dopoguerra divenne anche un celebre scrittore di viaggi, portando al successo titoli come “De America” e “Viaggio in Italia”. Asservito al fascismo per amore del quieto vivere, nella Roma occupata dai tedeschi avrebbe partecipato alla Resistenza collaborando con il gruppo trotzkisteggiante di “Bandiera Rossa”. Per questo, e anche per la sua successiva vicinanza al Pci, si sarebbe guadagnato il soprannome di “Conte Rosso”. Questa militanza avrebbe rinfocolato le polemiche quando, all’inizio degli anni Sessanta, saltarono fuori vari articoli antisemiti redatti al tempo delle leggi razziali.

 

GREEN AUTOBIOGRAPHY – di Duccio Demetrio, BookSalad, 352 pp., 15 euro Forse Duccio Demetrio, con fiuto accademico, aveva già intuito quanto si sarebbe parlato d’ambiente in quest’anno ormai avviato al suo compimento. Merito dell’enciclica papale sulla custodia del creato, senza dubbio. Sta di fatto che l’ex professore ordinario alla Bicocca – prendendosi un bel rischio nel titolare un’autobiografia in inglese, cosa che riconosce già nelle prime pagine – ha scelto di narrare più che descrivere il rapporto di noi stessi con la natura, soprattutto con quegli elementi che ci circondano e ci accompagnano nella quotidianità senza che ce ne accorgiamo. Non c’è un intento didattico nel corposo volume, privo di note a piè di pagina, benché non manchino le citazioni letterarie: dagli antichi Catullo e Ovidio ai più vicini Goethe e Yeats, fino ad arrivare a Prévert. L’autobiography di Demetro è un lungo viaggio che tutti possono intraprendere (non a caso, il libro potrebbe essere usato anche come manuale), la cui meta è sconosciuta.


 

MOLTI TITULI

 

SOCRATE, di Hannah Arendt, Raffaello Cortina Editore, 123 pp., 11 euro

 

REPARTO ASSASSINI, di Abram de Swaan, Einaudi, 306 pp., 27 euro

 

QUELLO CHE NON TI HO MAI DETTO, di Celeste Ng, Bollati Boringhieri, 271 pp., 17,50 euro

 

L’ULTIMA SETTIMANA DI SETTEMBRE, di Lorenzo Licalzi, Rizzoli, 300 pp., 18 euro

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