La fogliata del sabato
ANNA
Niccolò Ammaniti
Einaudi, 274 pp., 19 euro
"Cose da fare quando la mamma muore". Le istruzioni stanno nell’ultima pagina di un quaderno scritto a mano. Dalla mamma, appunto. Sapeva di essere condannata, come tutti gli adulti: prima le macchie scarlatte, poi la tosse, poi le croste, poi la fine (come una Morte Rossa che dal racconto di Edgar Allan Poe arriva dritta a noi). La ragazzina Anna legge e fa quel che deve, tranne che per un dettaglio. Aspetta cento giorni, porta il cadavere nel bosco. Invece di seppellirlo sotto le pietre lo lascia alle formiche, avendo cura di spennellarlo con la marmellata. Ricompone le ossa “usando le figure dell’enciclopedia”, dopo averle decorate con righe e cerchi e disegnini a pennarello. Questo chiediamo a uno scrittore. Immagini che rimangono nella testa, anche quando il romanzo lo abbiamo finito di leggere. Andando magari troppo veloci, come capita con “Anna”, l’ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti (Einaudi Stile Libero). Tanta è la voglia di sapere che ne sarà della coraggiosa fanciulla e del fratellino Astor, che all’inizio sembrano soli in una Sicilia di rovine (e potrebbe essere accaduto lo stesso in tutto il mondo: adulti spariti, bambini allo sbando). Il cibo scarseggia, le medicine bisogna procurarsele, i pericoli sono tanti. Non è detto che altre presenze bambine rassicurino, né che migliorino la situazione. Dopo aver letto “Il signore delle mosche” di William Golding, sappiamo di non poter far conto sull’innocenza originaria cara a Jean-Jacques Rousseau. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA
I VOSTRI PADRI, DOVE SONO? E I PROFETI, VIVONO FORSE PER SEMPRE?
Dave Eggers
Mondadori, 185 pp., 19 euro
Ci sono alcuni equivoci di fondo, nell’appassionante dibattito sul nostro rapporto con la tecnologia che a ondate finisce su giornali, siti, tweet e nelle conversazioni a cena o alle macchinette del caffè, complici ricerche scientifiche, saggi o romanzi come quello un po’ nichilista di Michele Serra, in cui un protagonista trentaseienne si muove in un presente senza futuro accerchiato da gente che passa il proprio inutile tempo sugli egòfoni senza riuscire a combinare qualcosa nella vita. Ieri sul Giornale Vittorio Feltri elogiava il libro di Serra per la capacità di raccontare “il disagio di fronte alla modernità”, spiegando che le sue riflessioni “valgono sempre e per tutte le generazioni”. Ma qui sta il primo equivoco della faccenda: siamo davvero sicuri che i trenta-quarantenni di oggi si sentano a “disagio di fronte alla modernità” che smartphone e web hanno portato? Davvero un ventenne pensa ci sia una differenza tra “vita reale” e “vita virtuale”, o dovremmo deciderci a fondere queste due definizioni una volta per tutte?
Quello che nell’esperienza comune sono in molti a osservare è il succo della giusta riflessione di Feltri: la vita è vuota, tanto che basta un telefonino per riempirla. Il rischio però è che lo smartphone in sé sia visto come il colpevole finale della nostra alienazione e della difficoltà a vivere il presente, ma anche lo strumento con cui riempiamo il vuoto di cui è fatto lo stesso presente. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA
GLI ADDETTI MILITARI ALLA VIGILIA DELLA GRANDE GUERRA
a cura di Francesco Anghelone e Andrea Ungari
Rodorigo Editore, 261 pp., 25 euro
Inviare ufficiali militari presso i quartieri generali degli eserciti alleati, per coordinare le operazioni durante le guerre di coalizione, è stata una pratica secolare alla base della nascita della figura dell’addetto militare. Quest’ultima fu poi istituzionalizzata nel nostro paese nel 1870, quando fu stabilita la possibilità di distaccare ufficiali generali o superiori delle due forze armate – militare e navale – presso le rappresentanze diplomatiche estere. Da quel momento l’addetto militare, come scrivono i due curatori, assume “un ruolo di particolare importanza”. Importanza determinata “dalla mole di informazioni che l’addetto forniva sia all’ambasciatore e, dunque, al ministero degli Esteri, sia ai vertici istituzionali e militari della madrepatria”. L’addetto stilava rapporti su tutto ciò che era attinente alla sfera militare (dalle riforme degli eserciti ai loro bilanci); inoltre inviava regolarmente volumi, articoli di riviste e giornali che parlavano dell’esercito del paese in cui operavano e delle relazioni con l’Italia. L’addetto aveva poi anche “un’importante funzione commerciale”, in quanto spesso era il tramite per accordi tra le industrie belliche straniere e quelle italiane. Alla luce di tutto ciò, sorprende che il ruolo di questi addetti militari “è stato tuttavia trascurato pur dalla ricca storiografia relativa alla Prima guerra mondiale”, come osserva Antonio Iodice, professore e presidente dell’Istituto di studi politici “S. Pio V”. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA
CLOCKERS – di Richard Price, Neri Pozza, 444 pp., 18 euro – Alla periferia della periferia d’America, nei quartieri dove la tristezza dura chilometri interi, “futuro” è una parola che non ha alcun significato. Per le strade bambini piccoli giocano a fare gli spacciatori, clockers, come vengono chiamati da quelle parti. Strike ha poco più di vent’anni e un’ulcera perforata dalla nausea e dal dispiacere: è il capo di tutti i clockers della zona e passa le sue giornate a controllarne i movimenti seduto su una panchina solitaria. Non ha altri posti in cui andare. Se avesse potuto scegliere…, però non ha potuto. “Cos’altro vuoi che possa fare un nero nato povero in un quartiere povero?”. Ha provato a spiegarlo a sua madre, lei però non ha capito. Adesso lo guarda da lontano e prega per lui. Quando i poliziotti gli chiedono se lui è proprio il Roland Dunham che stanno cercando, Strike – anche solo per un secondo – vorrebbe rispondere che no, lui con quel delinquente non ha niente a che fare. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA
EVEREST. IO C’ERO – di Lene Gammelgaard, Piemme, 246 pp., 17,50 euro – Doveva essere il primo alpinista a scalare in solitaria l’Everest dopo il terremoto che ha colpito il Nepal nell’aprile scorso. Ma pochi giorni dopo l’inizio della sua salita, Nobukazu Kuriki, trentatré anni, una specie di mito dell’alpinismo giapponese per aver perso nove dita per congelamento in una precedente missione, ha deciso di tornare indietro. Si è fermato il 26 settembre scorso al Colle sud, perché le condizioni meteorologiche erano talmente difficili che sarebbe stato un miracolo tornare vivi. Qualche giorno dopo, il governo di Katmandu ha deciso di rivedere le regole di rilascio delle autorizzazioni alle scalate. Più limitate, vietate ai novizi. Di tragedie, come quella che Kuriki ha evitato grazie a un ultimo lampo di buonsenso che spesso senza ossigeno si perde, ce ne sono state molte. Il Colle sud dell’Everest ne è testimone. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA
UNA PRODUZIONE KIM JONG-IL – di Paul Fischer, Bompiani, 395 pp., 19 euro – I rapimenti in Corea del nord, negli anni Settanta e Ottanta, erano una consuetudine. Tokyo negozia periodicamente con Pyongyang per avere informazioni sulle 17 persone scomparse nel 1977. Molti di loro furono impiegati come insegnanti di giapponese per le spie nordcoreane. Ma in quel periodo la Corea rapiva un po’ ovunque in Asia, anche turisti europei. E rapiva per molto meno. I sudcoreani hanno subìto il più alto numero di rapimenti, durante la guerra e dopo la guerra di Corea. Paul Fischer è un produttore cinematografico che lavora a Londra. E’ riuscito, in anni di lavoro di ricerca, a rimettere in fila una delle più incredibili storie che riguarda la Corea del nord. E’ quella del pallino cinematografico di Kim Jong-il, padre dell’attuale leader e a sua volta figlio di Kim Il-Sung, per il quale si occupava della propaganda. LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA
IL MICHELANGELO – di Nino Vetri, Sellerio, 134 pp., 12 euro
NON GLI HO DETTO DEL QUADRO DI OXFORD – di Carlo Titomanlio, La Casa Usher, 295 pp., 17 euro
I NAZISTI DELLA PORTA ACCANTO – di Eric Lichtblau, Bollati Boringhieri, 315 pp., 23 euro
LA STORIA DEL MONDO IN 100 OGGETTI – di Neil MacGregor, Adelphi, 705 pp., 23 euro
Universalismo individualistico