I fatti
I lavori che servono alla rete ferroviaria italiana, oltre le polemiche sui ritardi estivi
Nonostante i disagi per i passeggeri, le problematiche maggiori colpiscono più i treni merci. Ecco gli interventi necessari per migliorare i nostri trasporti su rotaia e le giuste priorità per programmare sul lungo periodo
La rete ferroviaria italiana durante questa estate è stata molto sotto pressione e sotto i riflettori. I grandi lavori necessari del Pnrr e quelli del piano industriale di Ferrovie dello Stato Italiane stanno portando disagi per i viaggiatori che si ritrovano con percorsi più lunghi e in diversi casi con ritardi. In realtà questi lavori si fanno d’estate proprio perché il traffico ferro viario è inferiore dal momento che i treni pendolari circolano meno sulla rete. Ma maggiori disagi sono probabilmente quelli che i viaggiatori non vedono. Le problematiche maggiori sembrano infatti essere quelle del settore ferroviario merci rispetto a quello passeggeri, con interruzioni di linee molto importanti e critiche. Non è un caso che le associazioni di categoria avvisano che le perdite per il settore merci sono di circa 90 milioni di euro l’anno e che se il governo non interverrà velocemente con l’eliminazione della componente b del pedaggio (quella legata all’abilità a pagare degli operatori), il settore merci rischia di saltare.
Tornando ai passeggeri, gli interventi sono necessari per una rete mista come quella italiana, che vede specialmente nei nodi urbani (ma non solo) un traffico di tutte le tipologie, dall’alta velocità fino ai regionali o i treni merci. La stessa nostra alta velocità può contare su solo 1.000 chilometri di infrastrutture, mentre Spagna o Francia (che hanno reti totalmente dedicate) hanno invece oltre 3.000 chilometri. Possiamo dire che questo è un ritardo storico, anche se per onestà bisogna ricordare che l’Italia ha avuto il primo tratto AV continentale già nel 1977.
L’Italia sta costruendo ora altre tratte AV importanti quali la Milano-Venezia e la Napoli-Bari, ma rimane il fatto che bisogna spingere gli investimenti nei nodi urbani che continuano a essere i punti più sotto pressione in questo momento (oltre alle stazioni già dichiarate sature). Il fatto da tenere a mente per i prossimi anni, e non solo per questo periodo estivo, è che con i grandi lavori vengono meno i buffer che potevano “salvare” dei treni in casi di criticità. Questi lavori, bisogna essere ben consci, continueranno anche oltre la metà del 2026 (termine del Pnrr).
Alcune opere, quali ad esempio il passante di Firenze con la nuova stazione di Belfiore, vedranno la luce alla fine di questo decennio. Queste infrastrutture sono necessarie per separare il traffico e riuscire a migliorare anche la puntualità (che rimane migliore rispetto alla Germania, dove vige un altro sistema misto). Gli investimenti sui nodi per aumentare la capacità degli stessi diventa un punto critico per i prossimi anni. Dato che non è facile trovare spazi all’interno delle aree urbane, bisogna investire in tecnologia e in particolare con l’Ertms alta densità che serve a mantenere i treni meno distanziati sempre in sicurezza.
Nel lungo periodo sarà necessario anche pensare a nuove grandi infrastrutture ferroviarie nelle città, ma bisogna agire anche nel breve periodo. Il tema di cui si deve iniziare a discutere è la priorità del traffico nelle stazioni e il valore socio-economico di ogni treno, dato che la congestione all’ingresso delle stazioni è rilevante e diventa sempre più un fattore complicato da tenere sotto controllo. Avere 164 treni al giorno tra Milano e Roma rispetto ai 90 tra Barcellona e Madrid, i 60 tra Parigi e Lione o i 38 tra Berlino e Monaco è sicuramente un successo italiano, anche se da un punto di vista della gestione del traffico ferroviario è molto complesso da gestire, tanto più con un sistema misto.
Le polemiche estive sono dunque comprensibili, ma è forse bene riuscire a ragionare anche sul lungo periodo. L’obiettivo dovrebbe essere quello di comprendere quale direzione intraprendere, dato che il nostro sistema AV è un esempio a livello globale grazie alla competizione introdotta ormai 12 anni fa che ha portato a una riduzione del prezzo medio del biglietto del 30 per cento e un incremento importantissimo della frequenza.