(Ansa)

Editoriali

La moda sotto scacco dei mercati

Redazione

Da Versace a Prada. Gli effetti dei dazi sulle operazioni in corso. Ora è tutto sospeso, ma nell'attesa affiorano ricordi che si credevano archiviati, come il salto della quotazione di Orada, dopo il crollo di Lehman Brothers nel 2008 

Un grande consulente vicino al dossier insiste: non è detta l’ultima parola. Le indiscrezioni del Wall Street Journal non vanno prese come definitive. Ma la sensazione, condivisa da più di un attore della partita, è che l’accordo tra il gruppo americano Capri Holdings e Prada per la cessione di Versace sia a un passo dal salto – e non nel senso dell’eleganza. Il prezzo, già ridimensionato da un miliardo e mezzo a uno tondo, era un segnale. Ma il vero ostacolo, come spesso accade, è il contesto: mercati turbolenti, borse in calo per effetto delle politiche protezionistiche trumpiane, materie prime in rialzo. Anche il cotone e la seta non sono più quelli di una volta.

In questo quadro, anche un gruppo in forma come Prada – che nel 2024 ha toccato i 5,4 miliardi di ricavi, con una crescita del 17 per cento – può iniziare a domandarsi se sia il caso di farsi carico di un marchio glorioso ma appannato come Versace. I numeri, dicono gli esperti, parlano di perdite significative, a fronte di una buona liquidità e di immobili di grande valore. Ma non è abbastanza. Non ora, non con i mercati sull’orlo del nervosismo cronico.

Il ceo di Capri, John Idol – nomen omen, dicono con un sorriso i suoi – era atteso a Milano a ore per la firma. Ora tutto è sospeso, e nell’attesa affiorano ricordi che si credevano archiviati. Correva l’anno 2008 quando, dopo il crollo di Lehman Brothers, saltò la quotazione di Orada. Doveva essere l’inizio di una nuova èra, fu solo l’inizio di un lungo rinvio. Lo sbarco in Borsa, a Hong Kong, sarebbe arrivato tre anni dopo, con molte cicatrici e meno entusiasmo. Versace è un nome che pesa, ma anche il lusso ha bisogno di condizioni favorevoli per brillare. E in un mondo dove le incertezze geopolitiche si sommano alle fragilità finanziarie, nessun logo è immune all’usura del tempo e delle congiunture. Per ora, la passerella resta vuota.

Di più su questi argomenti: