Matteo Salvini (foto LaPresse)

Spiace dirlo, ma noi siamo con Salvini

Redazione
Magari può spiacere dirlo, ma è questo che adesso va detto: con Salvini, senza se e senza ma. E proprio perché rispetto alle proposte politiche di Salvini i “se” possono essere una montagna e i “ma” un intero oceano, ancora più intollerabile è la caccia al leader leghista che si è scatenata in Italia.

Magari può spiacere dirlo, ma è questo che adesso va detto: con Salvini, senza se e senza ma. E proprio perché rispetto alle proposte politiche di Salvini i “se” possono essere una montagna e i “ma” un intero oceano, ancora più intollerabile è la caccia al leader leghista che si è scatenata in Italia. Una cosa che non ha niente a che fare con il dissenso, niente a che fare con l’opposizione, niente a che fare con la dialettica – piuttosto, parente stretta del teppismo. Squadracce variamente nobilitate – vuoi con l’antifascismo, vuoi con l’antirazzismo – in perenne transumanza all’inseguimento di ogni comizio di Salvini. L’atto di prepotenza estrema, che mira a confiscare – con la violenza, non con la logica o il dibattito – il diritto a un leader politico di parlare ai suoi elettori. Di solito, quando non si apprezza un politico, si possono praticare diverse opzioni: non andare ad ascoltarlo, non votarlo al momento delle elezioni, esprimere pacificamente (non c’è canale televisivo che non sia inzeppato di folle vocianti) la propria opinione contraria. Ma superata questa linea, si è nel campo del torto. E casomai, di un diritto da ripristinare. Vero che, come spiegano molti osservatori (ultimo, Vittorio Feltri), questo pare “il modo migliore per fargli guadagnare consensi”, e probabilmente c’è del vero: a forza di vedere uno che dice pure cose sgradevoli, braccato da bande di prepotenti, un filo di inaspettata simpatia verso il fuggitivo può sempre sbocciare.

 

Ma non è questo il punto. Se gli arditi delle uova e dei pomodori – pure dei sassi e dei pugni e degli sputi: mica sono pacifici alimentaristi in trasferta – finiscono col favorire l’uomo nero delle loro paturnie, è un giusto e fenomenale contrappasso: può essere pochissimo chic riconoscerlo, ma molto meglio la temeraria ascella esposta sui rotocalchi dal capo leghista della quotidiana aggressione a lui e ai suoi elettori. Senza se e senza ma, va difeso il diritto di Salvini. E senza contorcimenti mentali tipo quelli del governatore della Toscana, Enrico Rossi: “Un incendiario, uno che provoca, che cerca lo scontro e lancia proposte demagogiche e inutilizzabili”. A parte dare indirettamente dei coglioni ai suoi contestatori, una dichiarazione penosa. Benissimo ha fatto invece il pd Emanuele Fiano, “condanniamo le aggressioni a Salvini senza esitazione”. Renzi almeno ha rituìttato. Meno male.

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