Il premier Matteo Renzi (Foto LaPresse)

A scuola di Nazareno

Redazione
Perché il dissenso non solo parlamentare che si ritrova Renzi sulla riforma dell'istruzione è l'occasione per fare una bella telefonata ad Arcore

L’affermazione enfatica di esponenti della minoranza del Partito democratico, che minacciano di trasformare in un “Vietnam” la discussione della legge di riforma dell’organizzazione scolastica al Senato, non può essere archiviata semplicemente come una fanfaronata. In realtà esprime un sentimento profondo di chi considera il suo partito sottoposto a una sorta di occupazione “straniera” e considera l’obiettivo di liberarsi da Matteo Renzi come una specie di continuazione della Resistenza. Non è neppure il caso di ricordare quanto questa sensazione sia infondata, che Renzi è stato eletto segretario attraverso le procedure previste dallo Statuto del partito. Quello che va tenuto presente è che quella sensazione esiste e ha proprio quei connotati che consentono di scatenare una guerriglia parlamentare senza quartiere. Renzi si è accontentato dei conteggi secondo cui gli oppositori alla legge sulla scuola sarebbero qualcuno di meno di quelli dell’Italicum. Ma dovrebbe considerare che il modo rimanente per evitare che l’Italicum entri in vigore è far cadere il governo prima del luglio dell’anno prossimo, quando entrerà in vigore effettivamente.

 

Probabilmente Renzi riuscirà a ridurre la dimensione della secessione anche nel gruppo senatoriale, ma in cambio deve aspettarsi un irrigidimento della parte che sceglie di opporsi esplicitamente alla riforma scolastica, che per l’ampiezza della contestazione corporativa dei docenti sindacalizzati, rappresenta per l’opposizione interna un raro caso di svolgere un’azione che trova una risonanza effettiva all’esterno delle assemblee rappresentative. Per questo, se vuole evitare di infilarsi in una situazione di paralisi dell’iniziativa riformista, Renzi ha bisogno di nuovi apporti. Quello di Forza Italia, ora che non è più condizionata dalle manovre di Raffaele Fitto, appare a portata di mano, in particolare proprio sulla tematica scolastica, sulla quale la responsabile azzurra della scuola ha scritto sul Foglio chiare parole di apprezzamento per la riforma in discussione. D’altra parte il gruppo di Forza Italia ha già respinto alla Camera gli emendamenti presentati dalla sinistra democratica e non si vede perché non dovrebbe fare lo stesso al Senato.

 

[**Video_box_2**]Naturalmente non basta la convergenza su una legge, per quanto rilevante per il suo carattere obiettivamente istituzionale, per cambiare il quadro politico in modo da assicurare la continuità della legislatura. Il punto essenziale è un’intesa, o meglio la restaurazione e la correzione nel merito, dell’intesa che era già stata stipulata al Nazareno sulla riforma costituzionale. E’ una prospettiva ardua, viste le conseguenze della rottura determinatasi sull’elezione del capo dello stato, ma che converrebbe sia a Silvio Berlusconi, che ha bisogno di tempo per individuare una nuova leadership credibile dei moderati, sia a Renzi, che altrimenti rischia davvero un Vietnam parlamentare e poi magari, in caso di sfiducia, un governo d’iniziativa del Quirinale affidato secondo antiche tradizioni al presidente del Senato. Sarebbe un’intesa basata più sull’interesse che su un sincero reciproco riconoscimento del senso di responsabilità, ma con i tempi che corrono, col rischio finanziario che verrebbe dal default greco e con quelli connessi ai flussi migratori incontrollabili e alle minacce terroristiche, potrebbe essere una soluzione di stabilità utile ai contraenti e al paese.