Il centrodestra alla prova di Tsipras
C’è un tempo per la propaganda e uno per il governo, e insomma non c’è da stupirsi se lontano dalle elezioni Silvio Berlusconi, coscienziosamente fedele alla sua antica amicizia con Vladimir Putin e sempre attento alle oscillazioni del marketing elettorale, critica l’Europa della fredda iperburocrazia e delle inerzie di sasso e offre dunque la pur sempre reversibile impressione di volersi legare agli ondulanti umori dell’eurofobia che nell’indistinto marasma brussellese mettono insieme populismi di destra e di sinistra, Syriza e Alba dorata, Beppe Grillo e Matteo Salvini, a maggior gloria del caos urlatorio. Ma fino a quando e fino a che punto il Cavaliere, uomo di sistema e d’interessi economici radicati, può assecondare l’irrazionale istinto che gonfia le vele della nuova Lega, sua gommosa alleata? Fino a che punto Berlusconi intende salvinizzarsi?
Nel 2011 il suo governo, investito dai marosi della speculazione, fu costretto a mollare perché si trovava alleato di una Lega furbescamente contraria a quella riforma delle pensioni poi messa a punto da Elsa Fornero. Il governo Berlusconi sollevò le braccia al cielo, in segno di resa, perché si trovava impossibilitato a rispondere con efficacia alle sollecitazioni di Bruxelles da un alleato, Umberto Bossi, ben più disponibile ai compromessi del ragionamento politico di quanto non sia Salvini. Davvero Berlusconi intende ora consegnare il centrodestra, che in Italia è stato cultura di governo, alla bile nera del “no euro”? Probabilmente no. Il Cav. è un vecchio imprenditore pasciuto nel buon senso ottimistico degli anni del boom, ed è il fondatore di un impero economico che sta nel (euro)mercato. Con senso di realismo, per fortuna.