Berlusconi, De Gregorio, le ragioni di un altro processo ingiusto
La condanna di primo grado inflitta dal tribunale di Napoli a Silvio Berlusconi per la “compravendita di senatori” ha il senso di una nuova aggressione delle procure politicizzate. Il reato sarà prescritto tra pochi mesi, un uso sensato delle risorse giudiziarie avrebbe consigliato di non avviare nemmeno un procedimento destinato a finire nel nulla, e Berlusconi o non Berlusconi processare qualcuno sapendo che il reato andrà in prescrizione significa non avere idea di cosa sia il giusto processo. Nel merito, poi, l’impianto accusatorio era basato solo sulle dichiarazioni di un “pentito” dall’attendibilità assai dubbia, l’ex senatore Sergio De Gregorio, che ha ricevuto sostegno finanziario per il movimento politico che aveva costruito dopo essere uscito dalla maggioranza di centrosinistra e che ha deciso di interpretare questi aiuti come un patto corruttivo tutto da dimostrare. Non c’è dunque niente di nuovo, se non la constatazione della pervicacia di un atteggiamento distorto, di un uso della giustizia che non può destare sospetto per l’elementare norma di civiltà giuridica che richiede di corroborare le dichiarazioni dei pentiti con riscontri di fatto.
D’altra parte solo Romano Prodi può continuare a pensare che il suo secondo governo sia caduto per la vicenda De Gregorio. Tutti sanno che fu invece l’attacco giudiziario alla famiglia dell’allora ministro della giustizia Clemente Mastella a fare da detonatore a una crisi parlamentare che dava corpo a una crisi politica ormai evidente e prima o poi qualcuno dovrebbe spiegare al caro professore che per capire la ragione della caduta del suo governo tocca pensare a Santa Maria Capua Vetere più che a De Gregorio. Questi sono i dati della storia che smentiscono le deduzioni suggerite dalla sentenza di primo grado napoletana. E sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista giudiziario non ci vuole molto a dire che il teorema di Prodi e il teorema della procura di Napoli stanno in piedi come la maggioranza dell’Unione di Di Pietro e Turigliatto.