Operazione Denis
L’operazione avviata da Denis Verdini può facilmente essere etichettata come l’ennesimo episodio di trasformismo italiano, ma se si supera lo stereotipo si rivela come un tentativo utile sia al riformismo renziano sia alle prospettive di una ricostruzione di una proposta moderata competitiva. L’obiettivo è quello di assicurare il proseguimento della legislatura per rendere possibile la realizzazione del progetto riformista. Arrivare al 2018 per la verifica elettorale, inoltre, dà al centrodestra il tempo necessario per ritrovare un equilibrio. Verdini sa che sia Matteo Renzi sia Silvio Berlusconi utilizzeranno i vantaggi del suo sacrificio. I rischi non mancano, le resistenze interne al Pd sono robuste e il fronte del partito della spesa che non accetta la riduzione delle tasse è ampio e preoccupante.
Tuttavia esistono anche concrete possibilità che il progetto abbia successo e quindi non è sbagliato correre tutti i rischi che comporta. Sarebbe meglio, per dare un senso politico forte all’operazione, che il nostro amico Verdini tenga la barra dritta sulle questioni di merito, provando a indirizzare la rotta renziana verso quell’approdo naturale che coincide con lo spirito del Nazareno, soprattutto a sostegno di quei passaggi del progetto riformista che rischierebbero di soggiacere alla guerriglia parlamentare della minoranza democratica. E le contropartite dell’accordo devono essere le riforme liberali e liberalizzatrici. Verdini si è battuto seriamente per un consolidamento del patto del Nazareno, ora fa una battaglia in cui non si pone obiettivi personalistici, e questo è il valore del suo piccolo sacrificio che, con queste premesse, risulta utile e apprezzabile.