Perché Cantone ha ragione sulla riforma delle carriere dei magistrati
Al direttore - Nell’agosto 2014, in occasione dei vertici di maggioranza sulla giustizia, Scelta Civica aveva messo per iscritto la richiesta al ministro Orlando di rafforzare la responsabilità disciplinare dei giudici e di attuare interventi che assicurassero all’interno della magistratura la prevalenza del merito non solo sull’anzianità, ma anche sulle correnti. Chiedevamo anche che si aprisse un dibattito senza pregiudizi ideologici sull’obbligatorietà dell’azione penale e sulla separazione delle carriere di magistrati giudicanti e inquirenti.
A dodici mesi di distanza, va dato atto al governo di aver dato segnali importanti. Sono stati affrontati veri e propri tabù come la responsabilità civile dei giudici. E ora, come annunciato dal ministro, partiranno le riforme del Csm, dei criteri di progressione di carriera e della responsabilità disciplinare. Alle proposte del ministro Orlando è seguito un dibattito molto acceso. La cosa nuova (e positiva) è che non c’è stata la solita contrapposizione destra-sinistra, pro-antiberlusconiani. Si sono confrontati, invece, rappresentanti delle istituzioni (di oggi e di ieri) favorevoli alle riforme, come Cantone, Violante e Sabino Cassese, e componenti della magistratura, come il procuratore Spataro e il presidente della Anm Sabelli. Meno positivo è che questi ultimi abbiamo sostanzialmente difeso il sistema attuale nel suo complesso, come se non esistesse in Italia un problema legato alla magistratura.
Ma il problema c’è. Se (dati Eurispes) due italiani su tre si fidano poco della giustizia è proprio perché il sistema non funziona. Chi lo difende acriticamente sembra quasi non rendersene conto. E’ il riflesso condizionato di tutte le categorie e corporazioni italiane di fronte alle riforme: “Non serve riformare me; è il resto che non funziona. La colpa è dei politici che ci delegittimano e ci tolgono risorse”. La realtà è che la responsabilità più grave della politica (di sinistra e di destra) è stata proprio quella di aver avuto paura per anni di mettere mano a temi come carriere, responsabilità disciplinare ed elezione del Csm. E soprattutto di non aver combattuto il sistema delle correnti che, come ha detto Cantone, sono il cancro della magistratura. Un magistrato nell’esercizio delle sue funzioni deve applicare la Costituzione e la legge senza condizionamenti ideologici. Basta invece leggere gli statuti o i documenti ufficiali delle associazioni correntizie per vedere come queste si richiamino spesso a degli obiettivi totalmente politici. Non ci si può poi lamentare se in qualcuno sorge il sospetto che alcune iniziative giudiziarie siano condizionate dalla politica o dall’appartenenza di corrente.
[**Video_box_2**]Per questo siamo d’accordo con Cantone e sosterremo qualsiasi proposta del governo per la riforma delle progressioni di carriera in senso meritocratico e della responsabilità disciplinare per punire davvero chi sbaglia o lavora poco o male. E speriamo anche sul tema dell’obbligatorietà dell’azione penale. Solo su un punto la pensiamo diversamente da Cantone: la separazione delle carriere, che secondo il presidente dell’anticorruzione porterebbe a un’autoreferenzialità ancora maggiore. Il rischio esiste. Ma per ricostruire il rapporto tra cittadini e magistrati, occorre eliminare la sensazione che l’imputato ha spesso in un processo penale di trovarsi a giocare una partita in cui l’arbitro è imparentato con il suo avversario. Magari un parente assolutamente corretto e senza pregiudizi, ma pure sempre un parente.
Andrea Mazziotti è presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera