Marino ci ripensa e ritira le dimissioni. L'irresponsabilità del Pd
Il ripensamento c'è stato, la lettera di dimissioni presentata il 12 ottobre ritirata. Ignazio Marino è dunque ancora il sindaco di Roma. Il dietrofront, già annunciato a mezze parole domenica ai suoi sostenitori durante la loro manifestazione in Campidoglio, è così compiuto.
In 17 giorni Marino ha deciso di sfidare il proprio partito dopo che poche ore prima il commissario del Pd Roma Matteo Orfini aveva convocato i consiglieri comunali nella sede di via del Nazareno e aveva annunciato: "Se Marino dovesse ripensarci e decidere di restare alla guida del Campidoglio, i consiglieri del Pd si dimetterebbero subito dal loro incarico".
Per far cadere Marino però il Partito democratico non basta. Secondo il Testo unico degli enti locali, infatti, lo scioglimento del consiglio avviene con le dimissioni contestuali della metà più uno dei membri, che nel caso di Roma sono 48. Ai 19 del Pd se ne dovranno aggiungere altri 6 per raggiungere il quorum per sfiduciare il ritornante sindaco capitolino.
[**Video_box_2**]Oggi sul Foglio Claudio Cerasa ha sintetizzato il problema delle mancate dimissioni così:
Quando un partito delega alle procure la risoluzione dei suoi problemi succede sempre che le non scelte si pagano più di una cena in osteria pagata con le carte di credito sbagliate. Il caso Marino ci dice questo prima di ogni altra cosa e anche la giornata di ieri, che se possibile dimostra ancora di più che il pasticcio romano sta passando velocemente dall’essere un caso politico all’essere un caso clinico, ci dice che il vero dramma politico che riguarda Roma non è solo un sindaco irresponsabile ma è un partito che si ritrova a dover difendere una posizione insostenibile: ovvero che il conto che Marino deve pagare con la città riguarda un paio di euro relativi a una cena in osteria. Marino ha il diritto di dire quel che crede, di immaginarsi altri sessant’anni alla guida di Roma, di considerarsi in prospettiva il vero avversario di Renzi. Ma se c’è un qualcosa di più surreale dell’impazzimento mariniano quel qualcosa è un partito, il Pd, che dopo averlo sostenuto senza alcuna convinzione oggi non trova le parole giuste per spiegare perché Marino farebbe bene ad andare a casa senza fiatare più. Gli scontrini, signora mia, non c’entrano nulla. C’entra solo una cosa: l’incapacità di gestire una città. E chi avrebbe dovuto licenziare il marziano Marino per giusta causa oggi, non trovando le parole giuste per mandarlo via, in un certo senso dimostra di essere persino più marziano del sindaco marziano.