Perché il governo deve intervenire contro quei magistrati che non vogliono andare in pensione
Il Consiglio di stato ha sospeso “in via cautelare” il provvedimento di messa a riposo di cinque magistrati che avrebbero dovuto andare in pensione. Ma quello a cui non intendono rinunciare è il potere connesso all’esercizio della funzione giudiziaria.
Il Consiglio di stato ha sospeso “in via cautelare” il provvedimento di messa a riposo di cinque magistrati che avrebbero dovuto andare in pensione per il provvedimento adottato dal governo e poi già prorogato di un anno. Non si capisce in che cosa consista la “cautela” che permette di non applicare una legge in vigore solo perché non piace a qualche magistrato, così come non ha senso che il Consiglio di stato si ritenga autorizzato a decidere in merito, dato questo contestato persino dal Consiglio superiore della magistratura, il quale chiede che richieste di questo genere vengano rivolte al Tar del Lazio.
Al di là delle sottigliezze e dei cavilli, però, quello che balza agli occhi è che i magistrati, o almeno alcuni di loro, si ritengono superiori alle leggi, che non accettano di essere dipendenti dello stato ai quali si applicano le norme comuni e non solo quelle a loro gradite. In un paese in cui ci sono molti lavoratori anziani che rincorrono un’età pensionabile posticipata sempre più da ogni nuova riforma, i magistrati rappresentano un’eccezione per uno straordinario attaccamento al lavoro? A guardare i dati desolanti della produttività della giustizia non si direbbe proprio.
Quello a cui non intendono rinunciare è il potere connesso all’esercizio della funzione giudiziaria e la visibilità che deriva da un patologico sistema mediatico asservito alle procure o ad altri organismi giudiziari. Il fatto che altri magistrati facciano finta di non conoscere i dettami della legge per consentire loro manovre dilatorie – che peraltro ostacolano il già lentissimo processo di ricambio del personale giudiziario – è ancora più intollerabile.
[**Video_box_2**]Il principio dell’indipendenza della magistratura, che è racchiuso nella formula “i magistrati sono soggetti solo alla legge”, dovrebbe essere sostituito da quello “sono soggetti solo alle leggi che convengono loro”. Il governo pare deciso a reagire, opponendosi alla stravagante deliberazione del Consiglio di stato, e c’è da sperare che almeno questa volta non faccia alla fine marcia indietro, come quando prorogò di un anno l’applicazione dei termini di pensionamento. L’equilibrio dei poteri, già fortemente manomesso dall’esondazione delle procure politicizzate, finirebbe del tutto stravolto se ai magistrati fosse consentito anche di rifiutare le leggi che li riguardano. Se lo facesse un cittadino comune sarebbe condannato, se lo fa un magistrato trova sempre una qualche struttura giudiziaria che glielo consente, magari in via cautelare. Quelli che passano le giornate a criticare “la casta” sulla base di impostazioni giustizialiste forse dovrebbero guardare meglio dove sta l’arrogante pretesa di privilegi.