Nichi Vendola (foto LaPresse)

Dilemma vendoliano

Redazione
Se una cosa non sai come chiamarla, siamo sicuri che esista? Dopo anni di tentativi, ormai Vendola non si sa più come chiamare la ex “Cosa rossa”, creatura a più teste che raggruppa, con geografie variabili, le cosiddette “sinistre a sinistra del Pd”.

Nomen omen, forse. Solo che, dopo anni di tentativi, non si sa più come chiamarla, la ex “Cosa rossa”, creatura a più teste che raggruppa, con geografie variabili, le cosiddette “sinistre a sinistra del Pd” (ex comunisti, neocomunisti, verdi, post socialisti, movimentisti semplici senza più bandiere). E ora Nichi Vendola – il padre fondatore di Sinistra Ecologia e Libertà (nome che diceva tutto), l’uomo che dai tempi della Rifondazione bertinottiana di sinistre ne ha tenute a battesimo una o due all’anno – fa  da padrino all’ennesima neonata della gauche, un ibrido che non può essere civatiano (Pippo Civati per ora va da solo con “Possibile”) né landiniano (Maurizio Landini, con “Coalizione sociale”, non vuole essere “partito”) né tsiprasiano (il sogno greco è infranto).

 

E se neppure un anno fa Vendola aveva denominato l’eterno cantiere delle sinistre “Human Factor”, a voler significare la perfetta intersezione tra ragione e sentimento, e se ancora prima i suoi brainstorming avvenivano in laboratori chiamati “Fabbriche”, in onore della memoria operaista, in febbraio ci si vedrà intanto a Roma senza neppure darselo, il nome, ma guardando a chi ce l’ha oltreconfine (vedi “Podemos”). Il tutto però sognando la futura, nuova, possibilmente magica sigla dell’ennesima Cosa Rossa (Sinistra Italiana allargata? Partito della sinistra? Resurrezione arcobaleno? L’altra lista per Iglesias?). E insomma pare che ogni volta che c’è un vuoto – di idee, di motivazioni, di senso politico – ci si scervelli attorno al nome. Ma se non sai come chiamarla, una cosa, siamo sicuri che esista davvero?

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