Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Rien ne va plus, centrodestra

Scanzonata o impaludata, ecco l'impossibile uscita di scena di Berlusconi

Redazione
“Scanzonato e imbarazzante, entrò in politica da parvenu. E da parvenu non potrà che uscirne”, e in queste parole, in questo giudizio solo apparentemente severo, si coglie in realtà una certa spiccata simpatia, forse di più, quasi fascinazione, “una solidarietà da ultrasettantenne”, dice Riccardo Ruggeri.

Roma. “Scanzonato e imbarazzante, entrò in politica da parvenu. E da parvenu non potrà che uscirne”, e in queste parole, in questo giudizio solo apparentemente severo, si coglie in realtà una certa spiccata simpatia, forse di più, quasi fascinazione, “una solidarietà da ultrasettantenne”, dice Riccardo Ruggeri, editore, scrittore, giornalista, manager di prima fila nella Fiat degli anni Novanta: “Non ho mai voluto conoscere Berlusconi, ma è come se lo conoscessi. Non è un politico, non è uno statista, non è nemmeno mai stato un imprenditore, nel senso più proprio del termine. Molti anni fa Carlo De Benedetti lo definì un ‘impresario’, e il Cavaliere si risentì. De Benedetti voleva insultarlo, probabilmente. Ma per me quello non è un insulto. Berlusconi è davvero un impresario, assomiglia a certi miei anziani amici del bel mondo, quelli che d’estate incontro a Sanremo. Ancora si comportano come se avessero vent’anni, vanno in giro con donne più giovani, sul duetto spider, vecchi frequentatori di bar tabarin. Da uno così non ci si può certo aspettare che esca di scena come De Gaulle. L’impresario decide in base alle ultime informazioni, alle ultime sensazioni, agli ultimi umori, si gioca tutto con un’ultima rappresentazione”.

 

 

E allora? “E allora m’immagino che alle prossime elezioni il Cavaliere prenda quel gruzzoletto di voti che gli rimangono, che sono molti di meno di quelli che aveva un tempo, ma sono ancora qualcosa, e poiché ci sarà un ballottaggio, forse tra Renzi e Grillo, o chissà, con quei suoi voti, con questo suo dieci per cento, che è suo e solo suo, immagino che Berlusconi diventerà determinante per le sorti del ballottaggio. Li farà confluire sull’uno o sull’altro degli sfidanti, e per un giorno, un ultimo giorno, tornerà a essere un uomo potente, uno di quelli che determinano il destino”. E poi? “E poi niente. Puff. Solo l’ultimo colpo da impresario. Chiunque altro sarebbe rimasto nel patto del Nazareno, ci si sarebbe allogato, ci avrebbe fatto il nido dentro per scomparire così, con la politica. Ma non lui. Gli è proprio impossibile”.

 

[**Video_box_2**]E d’altra parte Berlusconi si tuffa nella ricerca senza fine di una vendetta, tuttavia ogni giorno sempre più inverosimile: “Vinceremo le elezioni”, “arriviamo al quaranta per cento”, “ribalteremo Renzi”, dice, reinterpretando se stesso. “Lo vedo arrancare”, mormora allora Paolo Del Debbio, nel tono di una mesta e distante considerazione per le sorti di un uomo, e di un mondo, cui lui pure deve sentirsi ancora legato. “Gli ci vorrebbe uno su cui puntare, ma non c’è nessuno su cui puntare. E forse è lui che non vuole puntare su nessuno, anche se non lo confessa nemmeno allo specchio”. E chissà che una grande anomalia allora non possa che concludersi così, con tratti anomali, ostinati e impolitici fino all’ultimo. “Berlusconi non concepisce alternativa a se stesso, e io per la verità ho pure smesso d’interessarmi a questa palude. Mi sembra tutto morto”. Non c’è una via d’uscita onorevole. “Se non la vuoi, se non la cerchi, se non te la costruisci, non c’è la via d’uscita”. C’è Matteo Salvini. “Ma il Cavaliere non vuole nemmeno Salvini, su. E’ così evidente”. E allora? “E’ un lento naufragare”. Dolce e con tratti di fantasia, secondo Ruggeri. Un martirio, per Del Debbio.

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